lunedì 24 ottobre 2016

Attimi di cielo

Dal CD omonimo, una canzone per dire grazie a Dio che mi sono dedicata per i 10 anni di Messa e 40 di età. Si era nel 2004. Per vari motivi il CD uscì con diversi mesi di ritardo. Questa canzone così l'ho scritta nella gioia ma l'ho cantata fra grandi sofferenze spirituali.
Volevo che questo lavoro fosse anche di corredo alla mia tesi in scienze della comunicazione, ma anche questo non andò a buon fine. Il mio relatore non volle il capitolo sulla canzone d'autore d'ispirazione cristiana per l'evangelizzazione, anche se io l'avevo preparato con cura e passione.
Partiamo dalla gioia. 
Attimi di cielo - il titolo. Ero in Costiera Amalfitana a fare qualche giorno di vacanza insieme ad altri sacerdoti. Sostituivamo il parroco e stavamo nella canonica. Dovevamo solo celebrare la Messa e accorrere per le emergenze. Dalla mattina fino al pomeriggio potevamo andare sulle spiaggette amene dei vari paesini o salire in montagna tra gli altri bellissimi e caratteristici paesaggi. La natura mi ricaricava l'anima e la preghiera sgorgava per dire il mio grazie a tanta bellezza. In uno di questi momenti di luce mi venne di ringraziare per quegli 'attimi di cielo'. Che cosa dev'essere il Cielo, il Paradiso, che è l'Attimo per eccellenza, la concentrazione di tutto il Bene, il Buono e il Vero possibile nel solo Attimo presente di Dio!
Quando scatta l'anima che coglie la Presenza di una finestra nel mondo interiore e le mani sulla chitarra afferrano i suoni giusti per dire quell'incontro, so che sta per nascere una canzone. È il modo che mi ha dato il Signore per farmi testimoniare il suo esserci per me. Quando il parto è avvenuto la gioia rimane imbrigliata nel testo e nella musica ma non daranno effetti uguali a chi la ascolta, ma a chi l'ha composta da molto di più. Da una paternità da cui poi bisogna distaccarsi perché, credo, che ogni distacco permette a quel "pezzo di te" di crescere e di seminare altrove quello che lo Spirito Santo, per Amore, ha impresso nella canzone che continua ad essere finestra sull'Oltre. Diventa un mistero. Ecco allora a cosa serve l'arte. Serve a rendere visibile la Bellezza di Dio, come la scienza rende visibile la sua Sapienza. Per contro c'è da riflettere. Ogni volta che l'arte e la scienza non manifestano Dio, producono orrore, sterilità nello spirito, diventano manifestazione di cose mefitiche.
Ascoltiamo la canzone.


Il dolore del parto di questo CD: Attimi di Cielo.
All'interno, oltre alle dodici canzoni c'è una traccia multimediale dove col Computer PC (e non Mac), si può vedere un video per ogni canzone, i testi con gli accordi e quelli senza e, la possibilità di stamparli. Questa traccia è stata progettata da suor Caterina Cangià, insegnante dell'UPS (Università Pontificia Salesiana), dove ho studiato Scienze della Comunicazione. Dapprima si voleva pervenire anche ad un contratto discografico, ma poi le cose andarono diversamente. Non ci siamo capiti e alla fine stavamo ai ferri corti. Ho sofferto molto perché mi sono sentito tradito, da chi credevo che avesse capito il fine del mio lavoro, che non era né avere successo, né vendere milioni di dischi, ma semplicemente fare una cosa che fosse bella, e desse Gloria a Dio e fosse la cieligina sulla torta della mia laurea in Scienze delle Comunicazioni. Insomma qualcosa non è andato e mi sono ritrovato solo a spendere molto più del badget previsto. Questa situazione mi ha fatto soffrire non poco. Non per le cose materiali, ma per la delusione di aver incontrato l'ennesima incomprensione. Oramai è un'esperienza che sta alle spalle. Da allora non ho voluto più saperne di "edizioni" varie, mi basta autoprodurmi con l'Associazione "Buone Nuove" di cui sono ancora presidente. Mi sento libero e non ho scrocconi sul groppone che approfittano per guadagnare a spese degli artisti.

Analizziamo il testo.

Prima strofa

Quanta acqua che è passata,
sotto ai ponti di questa vita,
colorata a tinte chiare
e quando il grigio arrivava
c’eri tu, accanto tu, ogni volta.


"Quanta acqua che è pasata sotto ai ponti di questa vita" è un modo di dire e una metafora per dire che il tempo passa, gli anni passano. La vita è uno scorrere tra alti e bassi, tra colori e grigiori, ma solo la vicinanza di Dio, dà senso a tutto l'esserci. Quando ho scritto questi versi pensavo ai primi dieci anni di Messa che sono volati, ma anche ai 40 della mia esistenza terrena. A 40 anni mi sono ritrovato tra i banchi universitari nuovamente. Tra il 2002 e il 2006 la trasferta romana all'UPS. Ricordo in quel settembre del 2002 quando andai a fare i test di ingresso. Credevo proprio di non essere idoneo. Mi dissi, vado a provare. Il verdetto fu positivo e cominciai. Mi trasferii a Roma e ho fatto grandi sacrifici. Il sabato e la domenica giù in parrocchia a dare una mano agli altri due parroci e dal lunedì al venerdì su e giù per il raccordo in direzione Firenze, per raggiungere l'Università Salesiana. Poi si doveva studiare, sostenere gli esami, fare le pulizie in casa e tante volte anche cucinarsi. Tre anni anche di tante soddisfazioni. Ora che scrivo ne sono passati altri 10 e posso continuare a dire: quanta acqua che è passata...

 Seconda strofa

Quanta brina s’è posata,
nei miei mattini d’inverno,
con il freddo lasciato fuori
e la pioggia scrosciante,
c’eri tu, accanto tu, ogni volta…


Ai Castelli romani, fa un pochino più freddo che giù Roma. Qualche volta nevica pure. Durante l'inverno si gelavano i vetri della mia Focus Station Wagon e ogni mattina con santa pazienza prima di partire dovevo pulirli dopo averci versato acqua tiepida.
Ma la brina  a cui mi riferisco nei versi della canzone, è anche quella che si posa sull'anima, facendoci diventare nostalgici di Dio, di cose profonde e se il freddo arrivava, la preghiera, la meditazione, fanno sempre riprendere di nuovo il cammino.
Questi versi, tra l'altro, quando li ho scritti, era d'estate, ma tante sensazioni, sono ritornate a riscaldare il cuore e a sentire il tepore della dolce Sua Presenza. Quante volte ripetevo gli esami davanti al tabernacolo, nella cappellina che avevamo in casa. Magari preso dalla preoccupazione non sentivo lì lì, quella Sua Presenza silenziosa, ma nello scrivere la canzone mi ritornavano sensazioni per cui dire grazie. Dalla cappellina lo sguardo andava fuori e d'inverno tutto era bianco di neve, mentre in primavera era un grido di gioia e di fiori. Un roseto si rivestiva di colori e si affacciava in quella finestra come per dire a Gesù nel tabernacolo: "Ti adoro, mio creatore". Davanti a Gesù nel tabernacolo, magari non dicevo parole. Col senno di poi sento come un dialogo mai concluso. Io gli consegnavo le ore di studio, e Lui mi donava la forza per andare avanti.

Così scriveva il fondatore dell'Opus Dei:
"Vi dirò che per me il tabernacolo è come Betania: il luogo tranquillo di pace dove c'è Cristo, dove possiamo raccontargli le nostre preoccupazioni e le nostre pene, le nostre aspirazioni e le nostre gioie, con la stessa semplicità, la stessa spontaneità con cui gli parlavano i suoi amici Marta, Maria e Lazzaro. Ecco perché mi rallegro percorrendo le strade di qualche città o paese, quando scopro, anche solo in lontananza, il profilo di una chiesa: è un altro tabernacolo, un'altra occasione perché l'anima fugga, con il desiderio, accanto al Signore nel Sacramento. È Gesù che passa (San Josè Maria Escrivà)

Primo ritornello

Ti facevi presente e il cuore
ascoltava sereno.
Senza dubbio eri tu,
che riempivi d’amore
quegli attimi di cielo…
(bis)

      Che riempivi d’amore
      quegli attimi di cielo.
(bis)


In quanti scritti di Mistici, famosi e non, ho potuto scorgere questo feeling tra l'anima e Gesù Eucaristia!

Dai Quaderni di M. Valtorta dalla stessa voce di Gesù lei scrive:
  • L’Eucaristia è il Cuore di Dio, è il mio Cuore. Vi ho dato il mio Cuore nell’Ultima Cena; ve lo do, purché lo vogliate, sempre. (…) Non darete il Cristo, se non formate in voi il suo Cuore amando l’Eucaristia che è Vita e Vita vera. 4.6.43
  • Vi sono i perfetti che mi cercano unicamente perché sanno che la mia gioia è di essere accolto nel cuore degli uomini e non hanno gioia più grande di questa di divenire una sola cosa con Me. In questi l’incontro eucaristico diviene fusione ed è tanto forte l’ardore che da Me emana e che da loro si sprigiona, che come due metalli in un crogiolo, noi si diventa una cosa sola. Naturalmente, quanto più la fusione è perfetta, tanto più la creatura prende l’impronta mia, le mie proprietà, le mie bellezze. (…)
    In tutte le anime che vengono a Me con vero trasporto e puro cuore, Io porto grazie indicibili e trasfondo la mia grazia, di modo che esse procedono sulla via della Vita e anche se non raggiungono una santità clamorosa, riconosciuta dal mondo, raggiungono sempre la vita eterna, perché chi sta in Me, ha vita eterna. (…)
    Il cielo più bello per Me è nel cuore delle creature che mi amano. Per loro, se la rabbia di Satana distruggesse tutte le chiese, Io saprei scendere, in forma eucaristica, dai Cieli. I miei angeli mi porterebbero alla anime affamate di Me, Pane vivo che dal Cielo discende. 10.6.43
  • Se realmente vi nutriste di Me col cuore, con l’anima, con la mente, con la volontà, con la forza, l’intelletto, con tutte le potenze vostre, cadrebbero gli odi e con gli odi le guerre, non vi sarebbero più le frodi, le calunnie, le passioni sregolate che creano gli adulteri e con questi gli omicidi, l’abbandono e la soppressione degli innocenti. Il perdono reciproco sarebbe non sulle labbra, ma nei cuori di tutti e sareste perdonati dal Padre mio. 10.6.43
  • Alla vostra povertà Io ho dato il Pane Eucaristico. Esso vi nutre le midolla dell’anima, dà vigore allo spirito, sostiene le forze spirituali, aumenta il potere di tutte le facoltà intellettuali, perché dove è vigore di vita, è anche vigore di mente.
    Cibo sano trasfonde sanità. Cibo vero infonde vita vera. Cibo santo suscita santità. Cibo divino dà Dio. (…) 
    Io nella mia Eucaristia, vi ho lasciato i due segni di quello che occorre alla vostra natura di uomini poveri e alla vostra debolezza di uomini ammalati. Pane che nutre, vino che corrobora. 18.6.43
Terza strofa

Quanti anni andati ormai.
Ti riconobbi a vent’anni
e da molti ti stringo al cuore
e se non fosse per te,
morirei ogni volta,
ma oggi stesso…


A vent'anni, la svolta, l'incontro col Dio che credevo, ma da cui ero lontano perché preso dal mondo. Mi riavvicinavo e poi mi riallontanavo. Un tira e molla che è finito quando una delle ragazze del gruppo giovani ci rivelò che voleva partire missionaria. Incominciò a scavarmi dentro il desiderio di consocere Gesù, di volerlo amare, incontrare. Così fu.
Stringerlo al cuore è sommo desiderio, ma i pantani del nemico, tante volte mi colgono all'improvviso e istintivo come sono, finisco per cadere nelle trappole, ma ho dalla mia l'Angelo Custode e sora Provvidenza, che spessissimo mi aiutano a rinsavire dalle cadute. Vorrei poter scorgere in anticipo le macchinazioni del nemico per non cadere ingenuamente nelle sue malefiche tele: parole di troppo, poca pazienza, poca intolleranza, mi causano non pochi problemi. Ho percorso parecchia strada e tante cose si sono smussate un poco, ma ancora c'è da camminare e migliorare. Ed è così che la frase di Gesù: "Senza di me non potete far nulla" diventa luminosa. La comprendo meglio ora, perchè "di acqua sotto ai ponti" ne è passata davvero tanta. Capisco che non si finisce mai di imparare e di meditare nelle profondità della Parola di Dio. Imparando a stare davanti a Lui Eucaristia e chiedere sempre senza stancarmi, che non mi lasci mai da solo, perché troppo fragile, troppo debole per stare in piedi da solo.
 
Secondo ritornello

Ti presenti di nuovo e il cuore,
ti riascolta sereno.
Senza dubbio sei tu,
che riempi d’amore
questi attimi di cielo…
(bis)

che riempi d’amore
questi attimi di cielo.
(bis)


Il cuore si riempie di pace davanti a Gesù Eucaristia:
Ancora dai Quaderni di M. Valtorta dalla stessa voce di Gesù lei scrive:
 (fonte: http://www.mariavaltorta.it/Eucaristia.html )
  • L’Eucaristia è il mio Cuore che Io distribuisco a voi. Dono più grande e amoroso non potevo farvi.  Se quando ricevete la Comunione sapeste vedere Me che vi do il mio cuore, non vi commuovereste? ma la fede dovrebbe essere tanto forte e tanto forte la carità, da farvi vedere questo.  (…)  Allora vedreste Me, udreste Me dire sul Pane e sul Vino le parole della consacrazione, spezzare e distribuire il Pane porgendovelo con le mie stesse Mani. (…)
    E alla luce dell’amore vedreste che io vi porgo lo stesso mio Cuore, la parte superperfetta del mio Corpo perfettissimo, quella dalla quale sgorga la Carità stessa. 20.6.43
  • L’Eucaristia è il mio Sangue e il mio Corpo, ma avete mai riflettuto che quel Sangue e quel Corpo sono stati formati col sangue e il latte di Maria?
    Ella, la purissima che accolse il Cielo nel suo grembo vestendo delle sue carni di candore immacolato il Verbo del Padre dopo le nozze divine con lo Spirito Santo, non s’è limitata a generare il Salvatore. L’ha nutrito del suo latte. Onde voi, uomini che di Me vi cibate, succhiate il latte di Maria che è divenuto sangue in Me. 4.7.43
  • Il Sacramento condensa corpo e Sangue, Anima e Divinità del tuo Gesù. Perciò pregando con spirito di riparazione  Me Eucaristia, si prega non solo il mio Corpo ma il mio Sangue oltre l’Anima e la Divinità. Perciò le riparazione al mio Sangue vengono assorbite da quelle date all’Eucaristia in cui Io sono “tutto”. Chiedo che il mio Sangue sia amato e usato per gli infiniti bisogni delle anime. Non lasciate infruttuoso questo oceano di potenza le cui onde sono date dal mio Sangue. Ma se sarebbe bene che il Sangue del Redentore avesse molto maggior culto di quanto non abbia, è anche vero che, data la sua santità, Io affido questo culto e questo ministero alle anime più dotate di doti spirituali. 12.7.43
  • Anche nel frammento più minuscolo, Io sono come in seno al Padre e intorno a Me sono gli angeli che adorano.  27.10.43
  • Infinite sono le chiese dove sono solo. Vieni col tuo spirito in esse. Supplisci alle altrui mancanze d’amore.  Impara da Me a dire:
    “Ho ardentemente desiderato. Ho ardentemente desiderato di venire a Te, Gesù che stai tutto solo su tanti altari, per dirti che ti amo con tutta me stessa. Ho ardentemente desiderato di vederti, o mio eucaristico Sole. Ho ardentemente desiderato di consumare il mio Pane che sei Te. Per tanto desiderio abbi pietà della tua serva, Signore: Lasciami venire al tuo celeste altare ad adorarti in eterno, o Agnello di Dio. Fa che io ti veda con l’anima rapita nella tua gloria, o mio divino Sole che ora mi appari velato per debolezza della mia condizione di vivente. Lascia che io ti ami, come ti vorrei amare, per la beata eternità. Aprimi le porte della vita, Gesù Vita mia. Vieni, Signore Gesù, vieni. Nella Comunione della Luce perisca ciò che è carne, e lo spirito conquisti Te, mio Unico e Trino Iddio, solo amore dell’anima mia”. 27.10.43
 Lo special della canzone e il terzo ritornello

Sono stati anni di fuoco che voglio ridonare a te
e ringraziarti, ritrovarti come allora, come ora…


Ti presenti di nuovo e il cuore,
ti riascolta sereno.
Senza dubbio sei tu,
che riempi d’amore
questi attimi di cielo…
(bis)

che riempi d’amore
questi attimi di cielo.
(bis)


 Erano dieci anni, poi sono diventati venti andiamo verso i venticinque. Sempre dirò Grazie Gesù, allora, come ora...

Tra il primo e il secondo ritornello è da notare il cambiamento dei verbi. Nel primo parlo al passato "...eri tu", nel secondo e nel terzo parlo al presente: "sei tu". Non è a caso che faccio questa differenza. Nel passato faccio memoria della Sua Presenza, che ridiventa Presente. Un pò come per le celebrazioni Eucaristiche dove si fa memoria, ma soprattutto esse sono "Memoriale", ossia una presentazione dell'UNICO SACRIFICIO del Cristo consumato 2000 anni fa ma che si ripresenta sempre unico.

 Un'ultimo scritto mi colpisce dalla pagina sull'eucaristia in M. Valtorta:
  • L’Eucaristia è “ il compendio dell’amore dei Tre”. Ora ti dico che l’Eucaristia è “il compendio dell’amore di Gesù in cui è già il compendio del Trino Amore Perfetto”. E questo tutto ti dica.   Azaria. 20.6.46
  • Molti, dimentichi dell’ammonimento di Paolo, vanno alla Mensa Santa senza “provare se stessi” e mangiano di quel Pane, si abbeverano di quel Sangue, con l’anima impura e Pane e Sangue, che sono Redenzione, condanna diventa, essendo sacrilegamente ricevuti dal peccatore. Non per questo, Egli, il Divino, si è fatto Uomo e si è dato, ma affinché l’uomo diventi dio. Non si è fatto Pane per darvi morte, ma per darvi Vita. (…)
    Guai a quelli che scientemente fanno del Pane del Cielo la loro condanna, il tossico che uccide, usando del Sacramento più sublime con sacrilega maniera. E male anche a chi ne limita la potenza trasformatrice ricevendolo con indifferenza e con tiepidezza, senza verace volontà di trasformarsi, in Dio e con l’aiuto di Dio, per essere sempre più degni di riceverlo. Azaria .20.6.46 (Azaria è l'angelo custode che spiega a Maria tante cose e se ne è ricavato per l'appunto: "Il libro di Azaria")
Riascoltiamo la canzone
(Questo video è mio... e di qualche anno fa...)

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...



giovedì 13 ottobre 2016

Vegliando le stelle

Un'altra canzone per "dare e cantare Dio"... Ha dato il titolo al CD omonimo uscito a Giugno 2011.
Questo CD lo feci arrangiare solo con chitarre da Niki Saggiomo, e forse è quello in cui i testi delle mie canzoni risaltano di più. Avendo a disposizione solo un piccolo budget, optai per le sole chitarre. Il risultato mi piacque tantissimo.
"Vegliando le stelle" e non "alle stelle" come avrei dovuto, dice tante cose. Dice che sono esse, le stelle, a vegliare su di noi, se per stelle si intendono, tutti i Santi del Paradiso; e che sono sempre esse a vegliare noi, se si intende per stelle quella volta celeste, che avvolge il nostro esserci, nelle notti d'estate, se ci mettiamo stesi a terra e con gli occhi a mirarle e non a contarle... Mi capitò una tale occasione durante un'esperienza scout: la route. Eravamo nel Grossetano e dovevamo percorrere una trentina di chilometri, col peso dei nostri zaini e delle nostre zavorre.  Era il 25 luglio 2006 festa di san Giacomo, e nel paesino dove approdammo c'era la festa e la processione. Questo Santo me lo trovavo di nuovo sul cammino. Infatti, all'inizio del mese avevo fatto il Cammino inglese di "Santiago de Compostela". Avevo percorso 120 Km nelle zone rurali del nod-ovest della Spagna con due colleghi di scienze della comunicazione: Mariutz e Cristina. San Giacomo o anche Santiago, mi era familiare e la cosa subito mi colpì molto. Sembrava che quel luglio 2006 l'avessi dedicato a lui. Dopo 120 Km in percorsi ameni della bellissima Spagna del nord-est, ora altri 30 tra gli appennini toscani.

La mia schiena già provata dal primo cammino, rischiava lo schiacciamento delle vertebre... Una esperienza davvero forte e molto formativa, ma per chi come me che negli scout non c'è cresciuto, ad una certa età diventa quasi una forzatura. Insomma sono stato al gioco finché ho potuto. La route è stata l'esperienza più dura. La prima notte la trascorremmo tra le scorribande degli scarafaggi che ci passavano sopra i sacchi a pelo senza chiedere permesso e non so se qualcuno che dormiva con la bocca aperta se ne è beccati uno... A me solo il pensiero è bastato per restare sveglio tutta la notte senza chiudere occhio. All'indomani stanco per la non dormita carichi di zaini superpieni, si va su per la montagna dove è poggiata Roccalbegna (GR) e là finalmente si montano le tende e si rimane per la notte. Tutto è ameno, meno che la mia schiena. L'avventura prosegue salendo ancora più su. Abbiamo il tempo di fissare le tende che le nuvole fanno cadere il cielo e rinfrescano l'aria. Non ho mai dormito così bene come quel pomeriggio fra lampi, tuoni e scrosci refrigeratori. L'acquazzone estivo si estinse in men che non si dica. Uscimmo dalle tende per cucinare e preparare la veglia di preghiera alle stelle. E qui vi fu l'in-canto. Che io ricordassi non avevo mai visto, se non in foto, una volta celeste così carica di stelle. Sono rimasto lì per ore tra la musica dei grilli, il tepore della sera e la Parola di Dio a rinfrescare il cuore. Ho sentito scendere in mè una pace meravigliosa, che so essere la Presenza di Dio. Non dovevo neanche dire "facciamo tre tende"... erano lì già pronte, ma ne stavamo fuori per goderci quell'aria sovrannaturale creata dalla preghiera e dall'odore della terra arida rinfrescata dalla pioggia pomeridiana. "Siamo fatti per te e il nostro cuore non ha pace se non riposa in te" e si esperisce il riposo dell'anima, accade che le parole non bastano più a descrivere e si vestono di sacro silenzio. Tornato a casa avevo custodito quel tesoro e una mattina dopo la Messa prendo la chitarra e nasce: Vegliando le stelle.
Ascoltiamo la canzone...



Analizziamo il testo...

Prima strofa

Stesi sul prato a guardare le stelle con
lo sguardo che andava lassù.
L’anima come la Via Lattea,
uno specchio dove Dio è di casa.
E Dio mi parlava del più e del meno,
all’improvviso il silenzio, diventava musica
Non c’erano più parole o pensieri,
ma solo amore, amore.


Lo sguardo andava su e si perdeva, in quella veglia sulla collina. L'anima naturalmente è portata ad andare in alto e a sentire la nostalgia di qualcosa che la può appagare, ma non sa, finché non incontra Colui che ci è stato Rivelato e che da senso al nostro esserci nel tempo, raccontandoci della caduta e della sua infinita Misercordia. Si può diventare consapevoli della Presenza di Dio nella bellezza di un tramonto, o di un fiore, e guardando in alto l'infinita volta celeste. Ricordo una canzone per bambini che diceva: Il cielo l'hai fatto tu? No, l'ha fatto Dio. Che razza di intelligenza è quella che dice che è il caso ad aver fatto tutto l'ordine che c'è? Mentre tra i mistici ci sono alcuni che sono stati trasportati in un punto di osservazione di tutto il creato e hanno contemplato lo Spirito Santo essere sotto a tutto ciò che si muove. Le stelle nascono e vengono lanciate nella loro orbita precisa che non deve squilibrare l'intero cosmo. Questo ci fa capire che tutto è connesso e niente esiste a caso.
Dunque il Silenzio, nella meditazione, diventava fecondo della Presenza dell'Oltre e dell'Altro. Lo stesso verso dei grilli sembrava una esecuzione, a loro modo, di una sinfonia al Creatore. E i pensieri, che magari si ingolfavano in mille domande ora tacciono e fanno sentire la Presenza di Dio Amore.

Seconda strofa

Amore riversato nel cielo “trapunto di stelle”.
Il cielo riversato in me “trapunto di Dio”,
nel noi di quella notte d’estate sulla collina, tra grilli canterini
le stoppie umide, le tende ancora vuote,
il tramonto appena spento, che già aveva acceso i cuori
e una buona e bella compagnia che vegliava le stelle, le stelle.


 Guardare nell'infinitamente grande o nell'infinitamente piccolo, ti fa capire che certamente non siamo stati noi a mettere un ordine che a volte a noi può sembrare anche disordine o caos. Ma Dio ha certamente la visione totale delle cose, mentre noi ne abbiamo sempre una molto, molto, molto parziale. Tutto è Amore, come Dio è Amore, tutto è in relazione di dono-amore. Così il Cielo con le stelle sono sorrette dall'Amore, e così la nostra esistenza e le nostre anime possono essere riempite dallo stesso amore.
Nel "noi" creato dalla belissima esperienza, cresceva anche la Presenza di Dio tra noi. Non solo Dio in noi, e fuori di noi (nella bellezza del creato), ma tra noi. Questa esperienza nella Spiritualità dell'Unità o anche del Movimento dei Focolari, veniva chiamata da Chiara, la fondatrice: Gesù in mezzo.


Ritornello

E pesca, pesca dentro al cuore
al centro del sé, di te.
E ci sarà, ci sarà un punto dove
s’incontrerà, t’incontrerà,
in quella notte stupenda,
fra stelle e vento, la Sua Presenza…
Vegliando le stelle il domani sarà …  più Cielo.



Chi ha camminato un pò tra e con le Parole di Dio, è finalmente riuscito a trovare Dio-Parola, il Verbo dentro di sé. Sentite cosa dice Teresa D'Avila:

"Se io avessi capito, come oggi,
quale grande Re abitava in quel piccolo palazzo della mia anima,
non l'avrei lasciato da solo così spesso;
sarei rimasta di tanto in tanto accanto a lui,
e avrei fatto il necessario affinché il palazzo fosse meno sporco.
Il punto capitale è fargliene un dono assoluto e vuotarsi completamente,
affinché egli possa riempire o svuotare a suo piacimento,
come in una dimora che gli appartiene.
Se riempiamo il palazzo con gente volgare e ogni sorta di ninnoli,
come il sovrano, con la sua corte, potrebbe trovarvi posto?
È già molto che si degni di fermarsi
qualche momento in mezzo a tanto ingombro" (
Il cammino di perfezione, ch. 28, 9-11).

 Quanta gente vorrebbe vedere Dio, ma non rinuncia ai ninnoli, ai rumori, a tutto quello che ingombra. Invece il cammino di fede esige purificazione continua. 
"Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" è una delle beatitudini e chi si incammina verso la purezza prima o poi lo trova, perché è Lui che brama di incontrarci. 
In quella notte di veglia alle stelle, dove le stelle vegliavano su noi, con la pace scesa nei cuori e con la Presenza di Gesù in mezzo a noi, abbiamo fatto l'esperienza di stare davanti a Dio Padre autore del creato. Noi fatti Gesù, dalla Parola vissuta e dall'Eucaristia celebrata e consumata, abbiamo un pò sperimentato il Cielo, e da lì in poi abbiamo sperato scendesse nei giorni e vi rimanesse. Ed è così che:

... fra stelle e vento, la Sua Presenza…
Vegliando le stelle il domani sarà …  più Cielo
 
Terza strofa

Amore riversato nel cielo “trapunto di stelle”.  
Il cielo riversato in me “trapunto di Dio”,
nel "noi" di quella notte d’estate sulla collina, tra grilli canterini…
E Dio ci parlava, lì nel profondo,
mentre il silenzio, diventava musica.
Non c’erano più parole o pensieri, ma solo amore, amore.

 Diverse volte adotto questo metodo di prendere dalla prima o dalla seconda strofa per poi completare la terza. Il motivo qui, in questa canzone, è perché la frase mi piace proprio assai e per questo la voglio ripetere...  Il seguito è il racconto dell'esperienza che andavamo facendo:  

Dio ci parlava lì nel profondo 
mentre il silenzio diventava musica 
non c'erano più parole, ma solo amore. 

 Da un articolo di Fabio Gabrielli  

“E’ soltanto nel silenzio che l’amore prende coscienza della sua essenza miracolosa. Le parole distruggono la sua delicatezza e la sua grazia nascente”.

Louis Lavelle, uno dei filosofi di maggior spicco dello
spiritualismo francese della prima metà del Novecento,
così scrive a proposito del fecondo rapporto tra amore e
silenzio:

“E’ soltanto nel silenzio che l’amore prende coscienza
della sua essenza miracolosa, della sua libertà e della sua
potenza d’intimità. Le parole distruggono la sua fragile
delicatezza e la sua grazia sempre nascente…. Se la parola
è come un fiume che porta la verità da un’anima verso
l’altra, il silenzio è come un lago che la riflette e nel
quale tutti gli sguardi vanno a incontrarsi.”

Lo splendido passo di Lavelle mostra in tutta la sua pienezza il
senso dell’equazione tra silenzio e amore: l’amore vive e matura,
nel suo quotidiano donarsi, non nel frastuono assordante della
parola, ma nel silenzio della carezza, nello stupore dello sguardo,
nella ricchezza del gesto premuroso.
La stessa parola amorosa può essere arricchita dal silenzio,
resa meno invadente, assordante.
Al contrario, se la parola è finalizzata a se stessa,
finisce per distruggere l’intimità dell’amore, “la sua
grazia sempre nascente”, diventando una superficie opaca dove gli
sguardi non possono incontrarsi. (fine articolo)


Ritornello

E pesca, pesca dentro al cuore
al centro del “sé”, di te.
E ci sarà, ci sarà un punto dove
s’incontrerà, t’incontrerà,
in quella notte stupenda,
fra stelle e vento, la Sua Presenza.
Vegliando le stelle il domani sarà …  più Cielo.

Dall'articolo: "Ritrovare sè stessi per trovare Dio" trovato su Zenit
(https://it.zenit.org/articles/ritrovare-se-stessi-per-trovare-dio/)


«E poi: si vive tanto, e la vita trabocca di esperienze. Eppure… si porta in se stessi, ovunque con sé, una grande e feconda solitudine. E talvolta, il momento fondamentale di una giornata è la quieta pausa tra due respiri profondi, quel tornare fino a se stessi in una preghiera di 5 minuti».

Non è necessario essere credenti per ritrovarsi nelle parole di Etty Hillesum ((Middelburg, 15 gennaio 1914Auschwitz, 30 novembre 1943), è stata una scrittrice olandese di origine ebraica, vittima della Shoah.)
 (...) Solo attraversando se stessi, nella verità di se stessi, ovvero nella luce e nelle ombre, si è capaci di aprirsi a un vero incontro di confronto e accettazione con gli altri. «Quando qualcuno ha imparato a “immergersi in se stesso”, allora sarà capace di immergersi senza riserve in un altro o nel suo lavoro, e si farà più quieto e meno frammentato». E altrove: «Non pensare, ma ascoltare ciò che è dentro di te. Se lo fai la mattina, prima di metterti al lavoro, ti donerà una quiete che risplenderà sull’intero giorno».
Da qui si rende necessario il movimento nell’altra direzione, un movimento di ascesi e di ascesa per inverare se stessi. In questo ambito tutto è richiamo e tutto è chiamato a diventare autentico. È un cammino necessario per sincerarsi e aprire gli occhi a cogliere il bene quotidiano* nei vari momenti e istanze del vissuto.
(...)
Scrive: «Vorrei che ogni parola che possa capitarmi di scrivere fosse una nascita, realmente una nascita, che nessuna fosse innaturale, che ogni parola fosse una necessità, altrimenti non ha alcun senso… Ogni parola deve nascere da una necessità interiore, scrivere non può essere qualcos’altro». E ancora: «Delle cose ultime e più serie della vita si dovrebbe parlare soltanto quando le parole ci sgorgano dentro in modo semplice e naturale come l’acqua da una fonte».
(...) «L’uomo, in se stesso, è il piccolo centro nel quale il mondo interiore e quello esteriore si incontrano». Se ci sentiamo spesso spezzati, ciò che è dovuto in gran parte all’estraneità al nostro paesaggio interiore e al contatto interrotto con «la corrente sotterranea» in noi stessi. Per uscire dallo stallo, si è invitati ad «appartenere al proprio vissuto». Questo incontro rinnovato ci apre a una meraviglia inaudita, quella della vastità dell’anima, della capacità dell’anima di accogliere e di intrattenersi con Dio.
La presenza di Dio nell’anima è costante ma fragile. Costante perché lui è lì, presente, non tramonta; ma è fragile, può essere «spezzata», rifiutata. Ritrovare Dio in sé, per la Hillesum, è sì, ritrovare l’ampiezza dell’orizzonte di senso e il garante della nostra apertura all’infinito, ma è anche diventare noi stessi «l’aiuto di Dio», e il garante della sopravvivenza di Dio nella coscienza umana!
Per questo sono di una profondità inaudita le sue parole del 12 luglio 1942: «Ti aiuterò, Dio, a non spezzarti in me […]. Una cosa mi si fa sempre più chiara: che tu non ci puoi aiutare, ma siamo noi che dobbiamo aiutare te e facendo questo, alla fine, aiutiamo noi stessi. E questa è l’unica cosa che in questo periodo possiamo salvare, questa, che davvero importi: un pezzo di te in noi stessi, Dio».

*Il libro è disponibile su questo link: Il bene quotidiano

"Vegliando le stelle", dunque, una piccola canzone, umile canzone, per dire una verità tanto grande, come la Presenza di Dio in noi, nel creato e in mezzo a noi e della fecondità del silenzio. Come al solito io stesso, rimango stupito da quello che si può dire e dare da una semplice canzone.
La riascoltiamo...


 ... Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

martedì 4 ottobre 2016

Geremia 6, 16 - Uomo del 2023

Due canzoni connesse e scritte verso la fine del secolo scorso fra il 95 e il 98. La prima confluita nel CD Buonenuove del 1999 e la seconda nel CD "In fondo all'anima" del 2015: una storia lunga 17 anni...

Ma adesso un piccolo feedback.
Questo fatto che racconto le unisce inesorabilmente.
Si tratta di un ricordo di quando ero ragazzino. Con mio padre Alfredo, ero andato a vedere il Film americano: "I dieci comandamenti", che a mio padre piaceva assai, ma durava un'eternità... e io a otto anni mi sono preso le tre ore del film tutte intere per due volte. Mi rimasero indelebili alcune scene. La prima quella che riguardava l'aspersione degli stipiti delle porte col sangue dell'agnello pasquale, che proteggeva dall'angelo della morte che faceva morire tutti i primogeniti. L'altra scena era il roveto che non si consumava. Alle elementari disegnavo spesso l'albero di luce e fuoco che non si consumava mai e da cui usciva la voce potente di Dio. E poi ancora i dieci comandamenti scritti con fiamme di fuoco sulla roccia. Insomma quel film, mi scavò nel cuore la storia di Mosè e di questo popolo schiavo che diventava libero.

Ritornato a casa mi preoccupai di scolpire una croce nello stipite della porta da dove entravamo e uscivamo più spesso. Pensavo tra me: "Da qui certo non entrerà l'angelo della morte". Mi sentivo protetto da quel segno che era piccolo e ben mimettizzato nel grigio dell'intonaco e difatti nessuno se ne è accorto ed è rimasto lì per anni fino a quando mia sorella qualche anno fa non ha fatto i lavori e quella porta ora è diventata finestra. Quel segno per me era anche l'invito a far sostare lì il Signore Gesù semmai fosse passato in via Giuseppe Di Prisco numero 129 (ora la numerazione è cambiata). Col senno del poi c'è da dire che l'invito non è stato rifiutato e che il Signore è passato veramente e che io lo abbia ascoltato. Almeno fino a questo momento.

Inoltre questo "viatore secolare atemporale", come dico in "Geremia 6, 16" un giorno dovrà ripassare di là e sarà certamente un giorno di questa prima metà del XXI secolo appunto il 2023, dove il 23 forse potrebbe essere il giorno della mia data di nascita: il 23 dicembre... O chissà forse solo per completare la metrica e la rima, al 2000 dovevo aggiungere qualcosa e venne proprio ventitre, che mi permetteva di chiudere bene testo e musica. Chissà forse tutte e due le opzioni si sono combinate... Così la canzone "Uomo del 2023", potrebbe quasi rappresentare un prosieguo di Geremia 6, 16.

Ascoltiamo Geremia 6, 16 in una versione live col gruppo "Bioritmo"... Ci sono due velocità: quella rock per dire il disagio e quella pop più lenta (col metronomo dimezzato) per dire la Parola di Dio, tratta dal libro del profeta Geremia capitolo sesto versetto sedici: il titolo della canzone.



Prima strofa

 

Da un silenzio spento,
questa vita non ha senso.
A quanta gente poi fa senso
rivedersi negli specchi
colorati della mente,
ritrovarsi solamente
con il niente.

 Il Silenzio è il luogo dove parla Dio, ma se è spento, Dio non c'è. Quanta gente ha paura di ascoltare la Voce di Dio, e soffoca ogni vigore al silenzio con tutti i rumori possibili. Che pace sarebbe per le anime ascoltare nel Silenzio la Voce delicata dello Spirito! Ma quando Dio scompare dal nostro orizzonte interiore, nasce la desolazione, la vita non ha più senso. E' proprio allora che si innazano altari ad altri dei: denaro, potere o sesso. Ma questi sono i tre morsi di Satana che portano, non a salvezza, ma verso il nulla, verso lo smarrimento: l'inferno.

Seconda strofa
Dagli abissi sconfinati
del tuo grande smarrimento.
Dal pensiero indebolito
non c’è posto per pensare,
ma solo per desiderare,
comprare luce buia, consumare.
Figli del nulla...

La cultura di oggi è sintetizzata in pochi versi. Impera il "pensiero debole", "la società liquida" fatta solamente di cose da desiderare, comprare, consumare. Se ci pensate, i nuovi santuari strapieni di Domenica, sono i grandi centri commerciali. Chi è credente in questo fenomeno vi vede lo zampino del nemico, che fa "concorrenza" con tanti specchietti per le allodole. Che società scristianizzata e per la quale la Domenica non è giorno di riposo, né di festa. Sentite cosa dice Gesù a chi violava il sabato e credo che valga oggi per la Domenica:

«Hai fatto bene, Simon Pietro, a non pescare la notte scorsa. Ancor non era finito il sabato (allora valeva il Sabato - nell'era precristiana - ora la Domenica - nell'era cristiana -). Nehemia, nelle sue riforme, volle che in Giuda fosse rispettato il sabato. Anche ora troppa gente di sabato (pensate a quanta gente lavora di domenica) pigia agli strettoi, porta fasci, carica vino e frutta, e vende e compra pesci e agnelli. Avete sei giorni per questo. Il sabato è del Signore (la DOMENICA è il giorno del SIGNORE). Solo una cosa potete fare di sabato (di DOMENICA): bontà al prossimo vostro.
Ma il lucro deve essere assolutamente escluso da questo aiuto. Chi viola per lucro il sabato non può aver che castigo da Dio. Fa utile? Lo sconterà con perdite negli altri sei giorni. Non fa utile? Ha faticato invano il corpo, non concedendogli quel riposo che l'Intelligenza ha stabilito per esso, alterandosi con ira lo spirito per aver inutilmente faticato, giungendo a imprecare. Mentre il giorno di Dio va passato col cuore unito a Dio in dolce preghiera d'amore. Bisogna esser fedeli in tutto» (Dall' "Evangelo come mi è stato rivelato" di M.Valtorta (15 ottobre 1944).
Se ci guardiamo attorno, dopo aver meditato queste parole, dovremmo riuscire a vedere tanti datori di lavoro che si stanno automaledicendo, perché fanno lavorare anche di Domenica, e i loro lucri sono maledetti. Le conseguenze poi per i lavoratori: meno diritti, meno riposo, meno paga... Tutto questo è sotto ai nostri occhi ed è il frutto marcio del progressivo allontanamento di Dio dalle nostre storie. Frutto, credo, anche di un disegno massonico, che contribuisce a gettare discredito verso ogni religione, soprattutto contro quella cristiana.

Primo special
  

No, tu no,
non ti confondere, tu no,
anche se figlio sei,
di questo tempo nero.
Ho da proporti un altro viaggio;
ho da proporti un’altra storia.


In questa parte della canzone tento di proporre una risalita dalla crisi. Propongo "un altro viaggio". Solitamente chi si droga dice di fare un "viaggio". Io qui ne propongo un altro che farà certamente cambiare la storia personale. A questo punto segue il messaggio centrale della canzone con un ritmo meno incalzante... Arriva il ritornello.

Primo Ritornello

“Così dice il Signore:
fermatevi nelle strade e guardate,
informatevi circa i sentieri del passato,
dove sta la strada buona e prendetela,
così troverete pace per le vostre anime”
(Ger 6,16)


Questa frase di Geremia, risuona nei nostri breviari all'ora Sesta di ogni lunedì della IV settimana del Salterio. L'avevamo letta già chissà quante volte, ma agli esercizi spirituali, non ricordo di quale anno, il nostro Rettore, che ce li predicava, ci lesse questa frase e ce la commentò. A me rimase molto impressa. Quando ho scritto la canzone, ne è diventata il suo cuore. Importanti sono i verbi: fermatevi, informatevi, troverete... Insomma se non ti fermi, e ti sforzi di fare silenzio, un silenzio interiore, che sia fecondo e, se non ti sforzi di informarti e dunque di studiare come vuoi proseguire nel cammino della vita, non potrai distinguere il bene dal male e non potrai trovare pace per l'anima...

Terza strofa
Ti do un appuntamento
nel ventunesimo secolo,
davanti all’uscio di casa mia,
si, lì ti aspetterò
viatore secolare, atemporale:
a quale porto approderò?
voglio esserti attraccato.

Ecco il riferimento al feedback iniziale, di quella croce scolpita nello stipite della porta di casa mia. Un appuntamento davanti all'uscio di casa mia. Proprio lì dove da bambino avevo scolpito incoscientemente quel segno divino. Ora che mi ricordo, usai un attrezzo che mio padre si era conservato e che durante una lite tra fratelli , che abitavano nello stesso cortile, gli era stato lanciato. Lo aveva lì come prova. Ancora più inconsapevolmente, usavo un attrezzo che aveva ferito la pace familiare, per far entrare il "Principe della Pace", "Il viatore secolare atemporale", che mi può condurre al porto sospirato dove riporre le vele dopo la traversata nel tempo e che si chiama Paradiso.

Quarta strofa

 

Mi hai cercato, ti cercherò.
Son l’uomo delle mani tue
caduto nelle trappole del tempo
e tra gl’inganni della mente.
L’acqua alla gola, lacrime
per questo nuovo smarrimento:
antica lontananza.

Mi rivedo di nuovo nell'umanità smarrita, ma adesso faccio affidamento a Colui che tutto può. Formulo una preghiera: "Tu mi hai plasmato, tu sai di cosa sono fatto, solo a Te si può ricorrere per una guarigione del pensiero, della cultura, dell'anima, del corpo... Aprici gli occhi Signore, sul marcio che "il fetente" ci ha buttato addosso. Quel marcio che sono i peccati e che ci tengono lontani da Te, Signore e Creatore nostro. Facci ritrovare la Strada. Tu sei la Via, la Verità, la Vita. Facci ritrovare Te. Amen".

Secondo special 


Si, sei qui,
e quella strada eccola lì
la presi tempo fa
e mi ha portato qui
in un altro secolo da viverti,
un altro secolo da crederti.
 


 Riconosco che l'incontro col Signore è stato davvero liberante. Egli è diventato la mia Strada e mi ha portato qui, tra i tanti volti da amare e provare di condurre sulla "strada buona" (cfr Ger 6, 16).

Secondo ritornello 

 

“Così dice il Signore:
fermatevi nelle strade e guardate,
informatevi circa i sentieri del passato,
dove sta la strada buona e prendetela,
così troverete pace per le vostre anime”
(Ger 6,16) 


 Questo secondo ritornello ha il sapore di un auspicio. Finchè siamo nel tempo, saremo sempre in divenire, e non possiamo riporre le armi della fede, né calare le vele. Sempre in viaggio verso la meta che sarà quando sarà.


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E ora il prosieguo della storia con "Uomo del 2023"
La ascoltiamo subito..



Riflettendoci, davvero questa canzone è un prosieguo di Ger 6, 16. In quest'ultima dico la fatica dell'incontro e dell'attesa del "mio Signore", di un discepolo che deve ancora cercare e trovare la "strada buona". In "Uomo del 2023 racchiudo la fatica di essere oramai sulla barca di Pietro che è sbattuta dai marosi della storia, con la fatica dello smarrimento del Signore Iddio. L'immagine di fondo è il racconto della "tempesta sedata" riportata nei vangeli sinottici.

Prima strofa

Su quella nave
sbattuta dal tempo,
col nero che c’è
non si vede una stella.


La Chiesa di Gesù, dall'evento sul lago di Tiberiade, non è più una barca, ma una nave. E' cresciuta e sono cresciute pure le burrasche a far temere il peggio, ma Gesù ha detto: "Gl'inferi non prevarranno su di essa", ma questi possono prevalere sui singoli. Qui bisogna stare attenti a non lasciare la cima, il timone, le vele, né farsi prendere dalla paura e dallo scoraggiamento. Sembra tutto nero, non si vede nulla? Bisogna saper attendere il SOLE (la stella del mattino), che sempre riappare dopo le prove della vita. Così leggiamo nella Seconda Lettera di Pietro:

"Egli (Gesù) ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte (il Tabor). E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori. Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio" (2Pt 1, 17-21). Gesù, dunque è la stella che sorgerà definitivamente a far luce su ogni tenebra.

 Seconda strofa

Su e giù, le onde,
come montagne.
Il fondo, in fondo,
è solo più in là…


Il fondo della storia, non è forse quello che stiamo vivendo? C'è un ritorno di paganesimo impressionante. Come se 2000 anni di cristianesimo fossero passati invano. Certamente la colpa è anche di noi addetti ai lavori. Illanguiditi dalla estenuante attesa, abbiamo mollato le armi per adagiarci un poco, e "il nemico" - che non si stanca mai di attaccarci - ci ha sfiacchiti ancora di più. Prepariamo al Battesimo coppie di fatto, o conviventi, che chiedono il Sacramento, ma non credono nel Matrimonio; prepariamo bambini alla Prima Comunione, ma i cui genitori sono scristianizzati e li mandano al catechismo, sopportando le nostre prediche e lamentazioni, "perché si fa così"; prepariamo al Matrimonio coppie che si preparano non per incontrare Dio, ma per consumare un evento "simil-mediatico", come fosse una trasmissione televisiva con tanto di trouppe televisiva e fotografi ora anche col drone... a far riprese mozzafiato, col vestito scollato perché così è più trendy; prepariamo alla Cresima, ma nessun "Soldato di Cristo" rimane ad aiutare la baracca, la nave della Chiesa. A questi scristiani poi, tutto è dovuto, tranne di non dare niente. Allora ti viene lo "scoramento pastorale" e di gridare:

Primo special

Mi butto giù
da questo relitto
o sveglierò quel tizio,
che dorme lassù!?


Si Gesù svegliaci, e svegliati. Sembra che Tu stia sulla barca come quel giorno sul lago di Tiberiade, beatamente dormiente. Credo fermamente, che siamo noi gli assopiti. Perché la barca di Pietro tu la sostieni e come... Allora svegliaci da questa "notte oscura della cultura", rischiara le nostre anime, rendile degne della lotta contro "gli spiriti dell'aria". Fa che il sale del tuo Vangelo, ci dia il vero sapore nell'esserci e possa essere luce in noi e per tanti.

 Ritornello

Se mi butto dove mi troverò?
Nel cortile dell’inferno
o davanti al Re?
Ma se non mi butto
Ti sveglierò, Ti sveglierò, Ti sveglierò.

Se mi butto quale squalo m’inghiottirà?
O di quale ipocrisia mi rivestirò?
Non mi butterò – Ti sveglierò -
Voglio risorgere – esistere -
uomo del 2023, uomo del 2023.


La tentazione di scappare a volte è forte. Ma so, dai mistici che Tu Gesù, mi hai fatto leggere e meditare, che fuori dalla tua luce c'è solo l'inferno. In quel cortile di rettili proprio non vorrei caderci. Si, piuttosto voglio comparire tutto stramazzato, davanti a Te, Re, mio Signore. E se proprio devo rimanerci su questa nave, allora cercherò di svegliarti, ma soprattutto di svegliarmi. Svegliami Signore.

Terza strofa

Su quella nave
sbattuta dal niente
ci sei anche Tu,
che dormi tranquillo.


 Tu non dormi, Signore, sei oramai nell'Oltre dove la stanchezza non esiste più: "Dio eterno è il Signore, creatore di tutta la terra. Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile" (Is 40, 28). Siamo noi che troppe volte non vogliamo aprirci al sovrannaturale, e ragioniamo con le nostre povere categorie umane e ci stanchaimo...inesorabilemente. Tu non dormi, semmai siamo noi ad assopirci sotto i colpi del nemico.

 Quarta strofa

E’ vero che non ho
più un briciolo di fede
per questo ho bisogno
che mi svegli e ti svegli.


La fede vacilla, ma sempre per colpa nostra. Il tuo braccio forse si è accorciato? Non è forse diminuita la nostra fede? Allora necessitiamo di scossoni. Ho trovato questo brano dall' "Evangelo come mi è stato rivelato" di M. Valtorta (1 settembre 1945), che può spiegare cosa voglio dire:

«Venite a Me, voi apostoli, e venite a Me voi tutti, uomini che soffrite per dolori materiali, per dolori morali, per dolori spirituali. Questi ultimi dati dal dolore di non sapervi santificare come vorreste per amore di Dio e con sollecitudine e senza ritorni al Male. La via della santificazione è lunga e misteriosa e talora si compie all’insaputa del camminatore, che procede fra le tenebre, col sapore del tossico in bocca, e crede di non procedere e di non bere liquido celeste, e non sa che anche questa cecità spirituale è un elemento di perfezione.
Beati quelli, tre volte beati quelli che continuano a procedere senza godimenti di luce e di dolcezze, e non si arrendono perché nulla vedono e sentono, e non si fermano dicendo: “Finché Dio non mi da delizie io non procedo”. Io ve lo dico: la strada più oscura diverrà luminosissima d’improvviso aprendosi su paesaggi celesti. Il tossico, dopo aver levato ogni gusto per le cose umane, si muterà in dolcezza di Paradiso per questi coraggiosi che stupiti diranno: “Come ciò? Perché a me tanta dolcezza e letizia?”. Perché avranno perseverato e Dio li farà esultanti dalla Terra di ciò che è il Cielo.
Ma intanto, per resistere, venite a Me voi tutti che siete affaticati e stanchi, voi, apostoli, e con voi tutti gli uomini che cercano Dio, che piangono per causa del dolore della Terra, che si sfiniscono da soli, ed Io vi ristorerò. Prendete su voi il mio giogo. Non è un peso. È sostegno. Abbracciate la mia dottrina come fosse una amata sposa. Imitate il Maestro vostro che non si limita a bandirla ma fa ciò che insegna. Imparate da Me che sono mite ed umile di cuore. Troverete il riposo delle vostre anime, perché mitezza e umiltà concedono il regno sulla Terra e nei Cieli. Già ve l’ho detto che i trionfatori veri fra gli uomini sono coloro che li conquistano con l’amore, e l’amore è sempre mite e umile. Io non vi darei mai da fare delle cose superiori alle vostre forze, perché vi amo e vi voglio con Me nel mio Regno. Prendete dunque la mia insegna e la mia assise, e sforzatevi ad essere simili a Me e quali la mia dottrina insegna. Non abbiate paura, perché il mio giogo è dolce e il suo peso è leggero, mentre infinitamente potente è la gloria di cui godrete se a Me fedeli. Infinita ed eterna...».

Secondo special 

Ti butto giù.
T’inquieto, ti scuoto.
Ti strazierò
con i miei occhi ti urlerò.


 Dovrei dire: "butto giù dalla nave il mio io pesante come zavorra, dal quale mi vorrei liberare. Esso rappresenta tutto l'umano che è peso inutile e perdita di tempo", ma il nostro mostro, l'io umano, vuole sempre dare la colpa a qualcun altro, e guarda caso sempre a Dio. Bisogna impare e diventare finalmente consapevoli che l'autore di tutti i nostri malesseri è solo il nemico numero uno: Satana.

 Ripetizione del ritornello

Se mi butto
dove mi troverò?
Nel cortile dell’inferno
o davanti al Re?
Ma se non mi butto
Ti sveglierò, Ti sveglierò, Ti sveglierò.

Se mi butto
quale squalo m’inghiottirà?
O di quale ipocrisia
mi rivestirò?
Non mi butterò – Ti sveglierò -
Voglio risorgere – esistere -
uomo del 2023,
uomo del 2023.


Il ritornello, dopo l'assolo, riprende con una variante che termina la canzone in positivo.

Se Ti svegli,
lo so, che si calmerà,
questa scena
di guerre si placherà
Si potrà scegliere – convincere -
riguardo al come – risorgere -
uomo del 2023


 Bisogna svegliarsi, è tutto lì il lavoro da fare, e accettare l'aiuto di Gesù che ha detto: "Senza di me non potete fare niente"; accettare di essere strumenti, che vanno accordati continuamente con la Grazia di Dio. Ogni guerra poi è assenza di pace, ossia del Dio della pace. E dove Dio non c'è, c'è la maledizione, perché è benedizione la Sua stessa Presenza e la sua assenza maledizione... Occorre dunque, stare sempre in Dio.


Alla prossima canzone per dare e cantare Dio.



 




mercoledì 28 settembre 2016

Quando torneró

Quanto dolore in questa canzone!
Il dolore che scaturisce dal vedere tanti "addetti ai lavori" di Santa Madre Chiesa invischiati nelle cose del mondo dimentichi della frase del Signore: "Il Figlio dell'uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?" (Lc 18, 8). La colpa mica sarà solo della secolarizzazione, del relativismo? Penso sia soprattutto per i peccati degli addetti ai lavori...
Ascoltiamo la canzone e chi può guardi su youtube anche il video...



E' presente nel CD "In fondo all'anima"

Prima strofa

Quale Dio mi dai,
tu che non vivi?
Dici d’essere amore,
ma non lo dai;
dici d’essere dare,
ma non lo sei.

In uno scritto di M.Valtorta Gesù dice: 

"Or dunque ascoltate, e voi e voi, apostoli e discepoli. Voi apostoli avete già sentito questi concetti. Ma ora li capirete con più profondità. Voi discepoli non li avete ancora uditi o ne avete udito frammenti. E vi necessita di scolpirveli nel cuore. Perché Io sempre più vi userò, dato che sempre più cresce il gregge di Cristo. Perché il mondo sempre più vi assalirà, crescendo in esso i lupi contro Me Pastore e contro il mio gregge, ed Io voglio mettervi in mano le armi di difesa della Dottrina e del gregge mio. Quanto basta al gregge non basta a voi, piccoli pastori. 
Se è lecito alle pecore di commettere errori, brucando erbe che fanno amaro il sangue o folle il desiderio, non è lecito che voi commettiate gli stessi errori, portando molto gregge a rovina. Perché pensate che là dove è un pastore idolo periscono per veleno le pecore o per assalto di lupi.
7Voi siete il sale della terra e la luce del mondo. 
Ma se falliste alla vostra missione diverreste un insipido e inutile sale. Nulla più potrebbe ridarvi sapore, posto che Dio non ve l'ha potuto dare, posto che avendolo avuto in dono voi lo avete dissalato lavandolo con le insipide e sporche acque dell'umanità, addolcendolo con il corrotto dolciore del senso, mescolando al puro sale di Dio detriti e detriti di superbia, avarizia, gola, lussuria, ira, accidia, di modo che risulta un granello di sale ogni sette volte sette granelli di ogni singolo vizio. Il vostro sale allora non è che una mescolanza di pietre in cui si sperde il misero granello sperduto, di pietre che stridono sotto il dente, che lasciano in bocca sapore di terra e fanno ripugnante e sgradito il cibo. Neppur più per usi inferiori è buono, ché farebbe nocumento anche alle missioni umane un sapere infuso nei sette vizi. 
E allora il sale non serve che ad essere sparso e calpestato sotto i piedi incuranti del popolo. Quanto, quanto popolo potrà calpestare così gli uomini di Dio! Perché questi vocati avranno permesso al popolo di calpestarli incurante, dato che non sono più sostanza alla quale si accorre per avere sapore di elette, di celesti cose, ma saranno unicamente detriti.

Seconda strofa
Quale Chiesa mi dai,
credente del 2000,
ricca, fiacca, ventosa,
né madre e né sposa.
Quale Chiesa mi dai,
quale Chiesa mi dai?



Voi siete la luce del mondo. Voi siete come questo culmine che fu l'ultimo a perdere il sole ed è il primo a inargentarsi di luna. Chi è posto in alto brilla ed è visto perché l'occhio anche più svagato si posa qualche volta sulle alture. Direi che l'occhio materiale, che viene detto specchio dell'anima, riflette l'anelito dell'anima, l'anelito inavvertito spesso ma sempre vivente finché l'uomo non è un demone, l'anelito dell'alto, dell'alto dove la istintiva ragione colloca l'Altissimo. E cercando i Cieli alza, almeno qualche volta nella vita, l'occhio alle altezze.

Vi prego di ricordarvi di ciò che facciamo tutti, fin dalla fanciullezza, entrando in Gerusalemme. Dove corrono gli sguardi? Al monte Moria, incoronato dal trionfo di marmo e oro del Tempio. E che, quando siamo nel recinto dello stesso? Di guardare le cupole preziose che splendono al sole. Quanto bello è nel sacro recinto, sparso nei suoi atrii, nei suoi portici e cortili! Ma l'occhio corre lassù. Ancora vi prego ricordarvi di quando si è in cammino. Dove va il nostro occhio, quasi per dimenticare la lunghezza del cammino, la monotonia, la stanchezza, il calore o il fango? Alle cime, anche se piccole, anche se lontane. E con che sollievo le vediamo apparire se siamo in una pianura piatta e uniforme! Qui è fango? Là è nitore. Qui è afa? Là è frescura. Qui è limitazione all'occhio? Là è ampiezza. E solo a guardarle ci sembra meno caldo il giorno, meno viscido il fango, meno triste l'andare. Se poi una città splende in cima al monte, ecco che allora non vi è occhio che non l'ammiri. Si direbbe che anche un luogo da poco si abbelli se si posa, quasi aereo, sul culmine di una montagna. Ed è per questo che nella vera e nelle false religioni, sol che si sia potuto, si sono posti i templi in alto e, se un colle od un monte non c'era, si è fatto ad essi un piedestallo di pietre, costruendo a fatica di braccia l'elevazione su cui posare il tempio. Perché si fa questo? Perché si vuole che il tempio sia visto per richiamare con la sua vista il pensiero a Dio. 

Ritornello

Quando tornerò ci sarà più fede,
quando tornerò ci sarà chi muore
per l’onestà o per la verità
o per invidia, per avidità:
è una vecchia e nuova povertà
di questa mia umanità…


Ugualmente ho detto che voi siete una luce. Chi accende un lume a sera in una casa dove lo mette? Nel buco sotto il forno? Nella caverna che fa da cantina? O chiuso dentro un cassapanco? O anche semplicemente e solamente lo si opprime col moggio? No. Perché allora sarebbe inutile accenderlo. Ma si pone il lume sull'alto di una mensola, o lo si appende al suo portalume perché essendo alto rischiari tutta la stanza e illumini tutti gli abitanti in essa. Ma appunto perché ciò che è posto in alto ha incarico di ricordare Iddio e di fare luce, deve essere all'altezza del suo compito.

Voi dovete ricordare il Dio vero.  

Fate allora di non avere in voi il paganesimo settemplice. Altrimenti diverreste alti luoghi profani con boschetti sacri a questo o quel dio e trascinereste nel vostro paganesimo coloro che vi guardano come templi di Dio.
Voi dovete portare la luce di Dio. Un lucignolo sporco, un lucignolo non nutrito di olio, fuma e non fa luce, puzza e non illumina. Una lampada nascosta dietro un quarzo sudicio non crea la leggiadria splendida, non crea il fulgido giuoco della luce sul lucido minerale. Ma langue dietro il velo di nero fumo che fa opaco il diamantifero riparo.
La luce di Dio splende là dove è solerte la volontà a pulire giornalmente dalle scorie che lo stesso lavoro, coi suoi contatti, e reazioni, e delusioni, produce. 
La luce di Dio splende là dove il lucignolo è immerso in abbondante liquido di orazione e di carità. 
La luce di Dio si moltiplica in infiniti splendori, quante sono le perfezioni di Dio delle quali ognuna suscita nel santo una virtù esercitata eroicamente, se il servo di Dio tiene netto il quarzo inattaccabile della sua anima dal nero fumo di ogni fumigante mala passione. Inattaccabile quarzo. Inattaccabile! (Gesù tuona in questa chiusa e la voce rimbomba nell'anfiteatro naturale). 
Solo Dio ha il diritto e il potere di rigare quel cristallo, di scriverci sopra col diamante del suo volere il suo santissimo Nome. Allora quel Nome diviene ornamento che segna un più vivo sfaccettare di soprannaturali bellezze sul quarzo purissimo.
  
Ma se lo stolto servo del Signore, perdendo il controllo di sé e la vista della sua missione, tutta unicamente sovrannaturale, si lascia incidere falsi ornamenti, sgraffi e non incisioni, misteriose e sataniche cifre fatte dall'artiglio di fuoco di Satana, allora no, che la lampada mirabile non splende più bella e sempre integra, ma si crepa e rovina, soffocando sotto i detriti del cristallo scheggiato la fiamma, o se non si crepa fa un groviglio di segni di inequivocabile natura nei quali si deposita la fuligine e si insinua e corrompe. 

Terza strofa

Quale volto mi dai,
tu che non vivi?
Troppo tempo allo specchio
senza guardarti in faccia,
nello scheletro un buco,
niente amore che batte.


Guai, tre volte guai ai pastori che perdono la carità, che si rifiutano di ascendere giorno per giorno per portare in alto il gregge che attende la loro ascesi per ascendere. Io li percuote- rò abbattendoli dal loro posto e spegnendo del tutto il loro fumo.
Guai, tre volte guai ai maestri che ripudiano la Sapienza per saturarsi di scienza sovente contraria, sempre superba, talora satanica, perché li fa uomini mentre - udite e ritenete - men- tre se ogni uomo ha destino di divenire simile a Dio, con la santificazione che fa dell'uomo un figlio di Dio, il maestro, il sacerdote ne dovrebbe avere già l'aspetto dalla terra, e questo solo, di figlio di Dio. Di creatura tutt'anima e perfezione dovrebbe avere aspetto. Dovrebbe avere, per aspirare a Dio i suoi discepoli. Anatema ai maestri di soprannaturale dottrina che divengo- no idoli di umano sapere.
Guai, sette volte guai ai morti allo spirito fra i miei sacerdoti, a quelli che col loro insapore, col loro tepore di carne mal viva, col loro sonno pieno di allucinate apparizioni di tutto ciò che è fuorché Dio uno e trino, pieno di calcoli di tutto ciò che è fuorché soprumano desiderio di au- mentare le ricchezze dei cuori e di Dio, vivono umani, meschini, torpidi, trascinando nelle loro acque morte quelli che li seguono credendoli "vita".

Quarta strofa

Quale mondo mi dai,
qual domani distratto,
distrutto già sono
dai tuoi tiepidi passi.
Accendi una luce
su quel lucernario
o morirai ubriaco
del tuo stesso misfatto.


Maledizione di Dio sui corruttori del mio piccolo, amato gregge. Non a coloro che periscono per ignavia vostra, o inadempienti servi del Signore, ma a voi, di ogni ora e di ogni tempo, e per ogni contingenza e per ogni conseguenza, Io chiederò ragione e vorrò punizione.
Ricordatevi queste parole. Ed ora andate. Io salgo sulla cima. Voi dormite pure. Domani, per il gregge, il Pastore aprirà i pascoli della Verità».

Davvero esaltante e nello stesso tempo inquietante!

Secondo  e terzo ritornello (nel terzo aggiungo una frase nuova...)

Quando tornerò ci sarà più fede,
quando tornerò ci sarà chi ama
l’onestà, la verità
o quel potere di Satana:
è una vecchia e nuova povertà
di questa mia umanità…
che se mi ama risorgerà


Oggi giorno, il neofariseismo è di moda e dietro a presunta sapienza, spesso, solo o troppo umana e, spesso abbellita da belle frasi ad effetto di "pinco" o di "pallo" della cultura atea tout court, si nascondono "figuri incollettati" dediti troppo spesso a cose che non sono DIO.

Ebbene questa canzone "Quando tornerò..." è nata dopo aver digerito le prime ingiustizie di un sistema spesso bigotto e aggiungerei "corrotto" dal quale, con l'aiuto di amici-fratelli, che la sapevano più lunga di me, e fidandomi di loro, non mi hanno fatto cadere "nel fango". Anzi mi hanno aiutato a saper discernere e a saper scegliere sempre la luce. Che toccasana è stata per me la comunità sacerdotale focolarina di cui faccio parte da quando ero ancora seminarista!

Il testo intero della canzone:

Quale Dio mi dai,
tu che non vivi?
Dici d’essere amore,
ma non lo dai;
dici d’essere dare,
ma non lo sei.

Quale Chiesa mi dai,
credente del 2000,
ricca, fiacca, ventosa,
né madre e né sposa.
Quale Chiesa mi dai,
quale chiesa mi dai?

Quando tornerò ci sarà più fede,
quando tornerò ci sarà chi muore
per l’onestà o per la verità
o per invidia, per avidità:
è una vecchia e nuova povertà
di questa mia umanità…

Quale volto mi dai,
tu che non vivi?
Troppo tempo allo specchio
senza guardarti in faccia,
nello scheletro un buco,
niente amore che batte.

Quale mondo mi dai,
qual domani distratto,
distrutto già sono
dai tuoi tiepidi passi.
Accendi una luce
su quel lucernario
o morirai ubriaco
del tuo stesso misfatto.

Quando tornerò ci sarà più fede,
quando tornerò ci sarà chi ama
l’onestà, la verità
o quel potere di Satana:
è una vecchia e nuova povertà
di questa mia umanità…

Quando tornerò ci sarà più fede,
quando tornerò ci sarà chi ama
l’onestà, la verità
o quel potere di Satana:
è una vecchia e nuova povertà
di questa mia umanità…

che se mi ama risorgerà…


Che dire a chiosa di quest'altro commento a questa canzone così particolare?
Questo grido di Gesù, mi sta sempre dinanzi e mi rimprovera quando con la mente o con il cuore svicolo e mi rimette in rotta, verso l'unica meta possibile.
Mi viene da pregare il Salmo 138:

SALMO 138, 1-12  

Signore, tu mi scruti e mi conosci, *
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri, *
mi scruti quando cammino e quando riposo.

Ti sono note tutte le mie vie; †
la mia parola non è ancora sulla lingua *
e tu, Signore, già la conosci tutta.

Alle spalle e di fronte mi circondi *
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza, *
troppo alta, e io non la comprendo.

Dove andare lontano dal tuo spirito, *
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei, *
se scendo negli inferi, eccoti.

Se prendo le ali dell'aurora *
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano *
e mi afferra la tua destra.

Se dico: «Almeno l'oscurità mi copra *
e intorno a me sia la notte»;

nemmeno le tenebre per te sono oscure, †
e la notte è chiara come il giorno; *
per te le tenebre sono come luce.


E con questa preghiera concludo e mi rimetto nelle mani dell'Eterno e della sua Misericordia.
Alla prossima canzone per dare e cantare Dio.

Ecco il collegamento alla mia webTv dove si può riascoltare la puntata andata in onda su Radio Fra Le Note martedì 4 Ottobre 2016: http://livestre.am/5qZuO



 

martedì 20 settembre 2016

E la vita é così

Non E' l'ultima arrivata tra le mie canzoni (estate 2016). Ha avuto la fortuna di avere subito un arrangiamento e di essere consegnata ai destinatari:  Salvatore e  Angela per il loro 25° di matrimonio.
Detto così sembra niente, ma la storia parte da qualche anno fa, quando mi arriva una e_mail in cui Salvatore mi chiede gli accordi di una mia canzone: "Mamma Maria". Una canzone in napoletano dedicata alla Mamma Celeste, che a lui era piaciuta fino a farlo piangere. Non solo gli invio gli accordi e il testo della canzone, ma tutto il Cd in cui era inserita. Da lì nasce la nostra simpatica amicizia. Ascoltiamo "Mamma Maria"in un live di qualche anno fa...

Salvatore mi invita a cantare per un incontro diocesano dei giovani cresimandi ed io lo invito in parrocchia a dare la sua testimonianza. È sposato, ha tre figli ma soprattutto è diacono permanente e responsabile diocesano per la pastorale familiare.


Con la sua spontanea fantasia e la sua voglia di far arrivare il Vangelo a quante più persone, ha organizzato anche una band musicale: i "Giovani DAY" e va in giro ovunque lo chiamino a dare la sua testimonianza in canzoni. In un'occasione in cui dovevo cantare in un loro spettacolo propongo di accompagnarmi con la loro strumentazione, invece di usare le solite basi. Cominciamo a provare, a suonare al meglio che potevamo, soprattutto a divertirci. Arriva lo spettacolo, e poi ne arriva un altro, e poi un altro...

A giugno scorso (26 giugno 2016) mi invita a cantare le mie canzoni dedicate alla Madonna e ne nasce una preghiera-concerto, che mi ha infuso nuova linfa, nuove energie.

In quell'occasione mi comunica il sogno di realizzare uno spettacolo in cui poter duettare con Giosy Cento, Giuseppe Cionfoli e me in occasione del suo 25° di matrimonio e butta lì una richiesta: "Mi piacerebbe che mi scrivessi una canzone per l'occasione".  Non ho detto di no, ma nenache di sì. Infatti, non è che posso dire a me stesso, mettiti a tavolino e scrivi. Le canzoni, qualcuno ha scritto e cantato: "nascon da sole, son come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta sennò poi  svaniscono e non ritornano più..."( Vasco, Una canzone per te). Ebbene mentre scendevo a valle, da Castelvetere sul Calore (situato a quasi 700 metri slm) in provincia di Avellino, dalla frescura verso la calura e l'umidità pomiglianese, pensando ai racconti che Salvatore faceva della sua vita durante le sue testimonianze, mi sembrava di scorgervi tre momenti salienti.
1. L'episodio che durante il suo matrimonio s'è rivelato quasi una profezia. La macchina che doveva trasportare gli sposi dovette essere spinta. Anche la vita di Salvatore non è stata facile, molte volte si è ritrovato a spingerla con l'aiuto soprattutto di Angela, sua moglie, dei genitori e dei suoceri ed ora anche dei suoi figli. Lavorando alla ex Fiat di Avellino, ora FCA, è stato per anni in cassa integrazione e si sa che con lo stipendio dimezzato diventa tutto più difficile, ma lui non si è perso d'animo e insieme ad altri si è inventato mille cose pur di sbarcare il lunario. Quando sono andato per la Messa dell'anniversario di matrimonio il 10 settembre, mi ha raccontato, che ha di nuovo dovuto spingere la macchina... (proprio un segno del destino...)
2. Un altro episodio importante della sua vita è stato il terremoto dell'Irpinia del novembre '80. Lui, seminarista del minore, stava guardando insieme al Rettore e agli altri, la partita Juve-Inter. Se non fossero stati in quella stanza sarebbero morti tutti. Solo la parte di seminario dove erano loro rimase miracolosamente in piedi. Dunque la Provvidenza aveva deciso altro per lui. Frequentando la parroccchia e il coretto parrocchiale, la sua primaria vocazione riceve un terremoto stavolta emotivo. Si innamora follemente di Angela. Dice al Rettore i suoi sentimenti e viene aiutato a fare la cosa più giusta e la fa dopo qualche anno e dopo un bel cammino di preparazione al matrimonio dice il suo primo "Sì" condiviso da Angela. Quest'ultima di poche parole lavora, lavora, lavora, sa fare la sarta e diventa sempre più brava.
3. Quando le cose cominciano ad aggiustarsi, arriva il primo figlio, poi il secondo e matura anche il desiderio di diventare Diacono permanente. Ne parla con Angela, acconsente. Si prepara e finalmente riceve l'Ordinazione diaconale e qui il terzo episodio che descrivo nella canzone: il nuovo Sì" che "vicino a quell'altro riempie di Cielo la Vita"...
Ascoltiamo la canzone...

 

Come è nata?  
Ero tornato da Medjugorje dove mi ero scaricato di tanta tensione accumulata per un anno intero e caricato per affrontare l'ultimo impegno estivo, la festa della Madonna del Carmine e, tra una cosa e l'altra, mi viene l'ispirazione per la canzone. La butto giù come dettata da qualcuno e quando succede questa cosa mi meraviglio di me stesso, perché da una parte so che può essere una cosa che dopo mi piace, e dall'altra non vedo l'ora di finirla e rifinirla per vedere com'è e stupirmi di quanto partorito. Il giro di accordi è semplice e quando le cose sono semplici sono pure belle, lo dico per esperienza, non per saccenteria. Infatti, quando impiego molto tempo nello scrivere una canzone, alla fine nemmeno mi piace, e la lascio inesorabilmente lì finché poi non la butto nel cestino.
Nel giro di un paio d'ore ho la canzone, la canto e la ricanto più volte e poi la registro col telefonino. Avrei voluto fare una sorpresa a Salvatore, ma sono così curioso di vedere la sua reazione, che subito gliela mando per whatsApp.
Mi richiama nel giro di poco tempo raccontandomi fra i singhiozzi cosa gli era capitato. Un suo collega vedendolo in lacrime pensava che non stesse bene, lo voleva portare in infermeria...

Adesso bisognerebbe ascoltare la versione che mandai a Salvatore solo con voce e chitarra.

L'arrangiamento: mission impossible
L'estate avanzava, bisognava incastrarmi con Niki Saggiomo, il mio collaboratore per gli arrangiamenti. A Luglio so che va in ferie con moglie e figli. Mi dice: mandami l'mp3 appena ho un pò di tempo lo organizzo. Lui torna dalle ferie, ma sono io che parto per alcuni concerti a Ischia e non abbiamo il tempo di registrare la voce. Il 13 agosto mi manda la base musicale, che ascolto e riascolto per imparare a cantare bene il testo oramai pronto e aggiustato anche nelle minuzie. Faccio il concerto del 14, del 15. Il 16 mattina avevo accompagnato l'altro artista che aveva concertato con me al traghetto e al ritorno avrei voluto dormire ancora. Sento invece che devo riascoltare la base della canzone, registraci la voce il meglio possibile e inviarla a Salvatore perché m'è venuta l'idea di farla cantare anche a lui e ai figli e così almeno loro avrebbero fatto una sorpresa ad Angela.
Intanto con due amici sacerdoti di Ischia, Pasquale e Luigi, decidiamo di andare in vacanza assieme, in montagna, prendiamo contatto con Salvatore che ci propone un agriturismo vicino Castelvetere. Il 18 sera siamo lì. Il 19 mattina con Salvatore e figli, siamo nella sala prove a registrare le loro voci, anche quella di Emanuele, il più piccolo dei figli di Salvatore.
Invio i file a Niki che per la fine di Agosto ha il pezzo finito, ma la mia voce è quella registrata alla buona il 16 mattina. Occorreva andare da lui il primo settembre e cantarla, anche perché mi serviva per il 3, giorno del gran concerto con Giosy e Cionfoli.
Il primo settembre sono da Niki, ma la mia voce non esce come era uscita quella mattina del 16 agosto. E non mi ricordavo neanche più il motivo. Infatti, negli ultimi 10 giorni ero stato a Loppiano per una scuola di spiritualità e tutto avevo fatto tranne che cantare. Allora decido di lasciarci la voce del 16 mattina con l'eco della stanza da letto. Infatti Niki mi diceva: "ma perché ci hai messo questo effetto?" Ed io: "ma quale effetto?" Infatti, andando a vedere la registrazione originale non avevo aggiunto nessun effetto, mi ero solo organizzato per registrare la voce il meglio possibile. L'eco era quello della stanza senza mobilio dove c'era solo il letto e un tavolo e qualche sedia. Infatti, quando mi reco a Ischia dai miei amici sacerdoti non vado mai all'hotel cinque stelle, ma sempre in case che qualcuno mette a disposizione per carità fraterma e tutto il resto è scoutismo spartano.

Anche il video
Quando il 2 settembre vado a fare le prove a Castelvetere, Salvatore non contento della canzone oramai finita, mi chiede: "Non me lo fai il video?". Non dico di nò, ma solo: "Se c'è tempo lo farò". La mattinata del tre settembre, seleziono dei video da internet che mi sembravano buoni e intonati al tema, Salvatore mi manda il video della macchina spinta durante il suo matrimonio e qualche foto, per l'una riesco a finire il video. Ci metto le parole, mi sembra abbastanza buono. 

La sera del tre arrivo sul posto del concerto e trovo Salvatore che era disperato perché non funzionavano alcune casse. Gli dico: "Hai fatto la benedizione a tutto?". E lui:"Non ci ho pensato". Allora benediciamo tutto. Benedico tutti gli strumenti, si trova il problema e le casse funzionano. Si finisce di montare e finalmente si fa la prova. Intanto arriva la gente, arriva don Giosy, Cionfoli, anche loro provano. Arriva il momento della Messa. Siamo tutti instolati e mi chiedo: "chi presiede?". Don Giosy mi si avvicina: "Io sto spesso qui, stasera presiedi tu". Mi cade il mondo addosso. Non avevo preparato niente, nessuna omelia. E poi credevo fosse venuto il Vescovo... Mi hanno incastrato nuovamente. Afferro il testo della canzone e durante l'omelia lo spiego un pò facendo venire l'appetito di ascoltarla e di vedere il video.
Carissimo Salvatore, carissima Angela, mi dovete spiegare cosa ha voluto dire il papà di Salvatore, quando mi ha detto: "Anche a te ha fatto correre mio figlio vero?". Sono rimasto basito. Salvatore hai questo potere di farci correre? Di metterci in moto? Ebbene, sono contento di avere un amico che mi mette in movimento... ne ho già un altro che mi fa fare la trottola da trent'anni... ci sono abituato.