sabato 24 dicembre 2016

Sarà Natale, è già Natale

Questa canzone la scrissi intorno al 2010 per il progetto "Ravviviamo il cuore e l'anima" un recital per l'anno della fede 2012. Pensato per l'evangelizzazione dei ragazzi.
La canzone "Sarà Natale, è già Natale" entra nel progetto in quanto Dio è venuto in mezzo a noi attraverso l'incarnazione. Dio Figlio, di sola natura divina, non "disdegnò di farsi uomo...", disegno che a qualcun altro diede molto fastidio da farlo diventare da luce, tenebra.
La sublimità di un tale "abbassamento" fa capire per quanto possiamo, la grandezza infinita dell'amore in esso significato. Un Dio che rinuncia per amore alla sua infinità e poi alla sua stessa vita per riscattarci da un baratro sicuro, è davvero di una straordinaria tenerezza e di una straordinaria capacità d'Amore (Fil 2, 6-8). Anzi dico, che l'Amore in questa donazione totale di sé, mostra la vera natura divina, ossia in cosa consiste l'Amore e in chi è l'Amore. Qui la sostanza e il sé di Dio coincidono. Quando diciamo che Dio è Amore, diciamo contemporaneamente cosa e chi Egli è (San Tommaso d'Aquino, De ente et essentia. Ho trovato questo powerpoint che fa la sintesi di quello scritto che in altri tempi mi sarebbe stato utile... per l'esame di Teoretica 1  malpighi.altervista.org/ascalini/?download=deEnteEtEssentia.ppt).
Il Bambino della grotta di Betlemme, che questa società diabolica vuole sloggiare dall'orizzonte, non è un fatterello che si racconta ai bimbi a Natale, ma si racconta a chi vuole diventare UOMO nella sua pienezza assoluta. Perché come gli Angeli in Paradiso si nutrono del Verbo di Dio, anche noi perché creati da Dio, abbiamo bisogno del Verbo di Dio per essere, esistere, e per poter sopravvivere di qua agli attacchi del "meschino" e poi rimanere immortali dall'altra parte. Il Verbo a noi si da con le Parole del Vangelo, e con l'Eucaristia. Quel Bambino è divento carne, per poterci dare tutto il bene possibile ossia l'Amore che è Dio stesso e che ci permette di essere, vivere e diventare eterni.
Ascoltiamo la canzone.

Video di una puntata di "Cristianità" programma domenicale che va in onda da anni su RAI-Interational dove sono stato ospite nel Natale 2012 a cantare questa canzone col gruppo "Viva ballet" coreografato da Felicia Napolitano 
Passiamo a spiegare il testo:

Prima strofa
Natale verrà,
a piedi o sopra un mulo,
in macchina o col treno,
in aereo o su una barca a vela…
Un linguaggio semplice per i bambini a cui è dedicato tutto il Cd, per dire che Dio parla la nostra lingua e comunica in modo semplice con tutti. Natale dunque viene e non è qualcosa di astratto, è soprattutto "qualcuno". La canzone così parte da lontano ma per esplicitare soprattutto questa grande verità: Natale non è "altro", è soprattutto il Dio bambino che viene in qualsiasi modo, ma viene e come... sta a noi farlo entrare o meno. Egli attende con pazienza infinita l'apertura dei nostri cuori semi atrofizzati. A Natale non si diventa semplicemente più buoni per un fatto di inerzia culturale... spinti magari dalle pubblicità... Ma se la Grazia foriera di divinità entra nei nostri gusci che come molluschi chiudiamo aderendo al nostro scoglio, vedremo la vita con gli occhi di Dio e non più con quella di poveri molluschi. Antony De Mello (http://www.macrolibrarsi.it/autori/_anthony_de_mello.php) scriveva negli anni ottanta una serie di libri per far prendere coscienza all'uomo di non essere un pollo ma un'aquila. Li ho consumati quei libri alla ricerca del mio sé più profondo cercando anche di liberarlo da tante incrostazioni psicologiche, culturali e buchi nella personalità.



Un lavoro fatto soprattutto con l'aiuto di Dio e con la forte volontà di migliorare sempre. Attraverso poi la forte spiritualità del Movimento dei Focolari credo di essere arrivato davvero a comprendere almeno sufficientemente, la preziosità del dono della Vita e di come essa ha bisogo di fondarsi nella Vita per eccellenza per essere al top. Così per me Natale non è una festività, ma la possibilità che ogni giorno, ogni attimo di ogni giorno, io possa aprirmi alla Vita che viene se solo mi lascio amare, amandola a mia volta.
Seconda strofa

Natale verrà.
Sarà un bimbo bianco o nero,
giallo, rosso o al più,
proprio come lo vuoi tu.


Quel bambino che viene non è da confondere con delle cose, non è da confondere con le tante ideologie che ci raccontano da millenni chiamandole filosofie...
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo
*La verità è germogliata dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo*

  Svégliati, o uomo: per te Dio si è fatto uomo. «Svégliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 14). Per te, dico, Dio si è fatto uomo.
  Saresti morto per sempre, se egli non fosse nato nel tempo. Non avrebbe liberato dal peccato la tua natura, se non avesse assunto una natura simile a quella del peccato. Una perpetua miseria ti avrebbe posseduto, se non fosse stata elargita questa misericordia. Non avresti riavuto la vita, se egli non si fosse incontrato con la tua stessa morte. Saresti venuto meno, se non ti avesse soccorso. Saresti perito, se non fosse venuto.
  Prepariamoci a celebrare in letizia la venuta della nostra salvezza, della nostra redenzione; a celebrare il giorno di festa in cui il grande ed eterno giorno venne dal suo grande ed eterno giorno in questo nostro giorno temporaneo così breve. «Egli è diventato per noi giustizia, santificazione e redenzione perché, come sta scritto, chi si vanta si vanti nel Signore» (1 Cor 1, 30-31).
  «La verità è germogliata dalla terra» (Sal 84, 12): nasce dalla Vergine Cristo, che ha detto: «Io sono la verità» (Gv 14, 6). «E la giustizia si è affacciata dal cielo» (Sal 84, 12). L'uomo che crede nel Cristo, nato per noi, non riceve la salvezza da se stesso, ma da Dio. «La verità è germogliata dalla terra», perché «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14). «E la giustizia si è affacciata dal cielo», perché «ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto» (Gv 1, 17). «La verità è germogliata dalla terra»: la carne da Maria. «E la giustizia si è affacciata dal cielo», perché «l'uomo non può ricevere nulla se non gli è stato dato dal cielo» (Gv 3, 27).
 

Ritornello
Sarà Natale, è già Natale
anche se dentro hai la neve.
Sarà Natale, è già Natale
Gesù nasce dentro te,
ti farà tanto caldo al cuore…
perché è tutto quel che puoi desiderare
 E' vero dunque che Natale non "sarà" ma "è già" ogni volta che Gesù nasce nel cuore dell'uomo per prendervi posto come Re e Signore. Non un surrogato, non un ammennicolo tra tanti, un optional che può anche essere di troppo, ma Egli deve diventare l'essenziale, il necessario, il fondamento della vita, di ogni pensiero, di ogni idea che fonda l'esistenza... altro che filosofie è una Presenza divina, vera, reale, che fonda, che rigenera, che mette ordine, che dà la Vita Eterna. Anche se hai la neve nel cuore, la pesantezza dell'esistere, quella Presenza, ti riscalda, ti da coraggio, ti fa riprendere il cammino, dona senso all'esistere, al dolore, alle gioie, alle ferite, ai traumi, alle risalite, alle fatiche, a tutto quello che ci circonda... a chi siamo, perché esistiamo, dove andiamo, cosa saremo...
E' il Dio straordinario, l'unico e vero, che scandalizza i benpensanti, stravolge i pensieri freddi e razionali, le povere menti intellettuali che credono di essere di moda dichiarando di essere atei... ma davvero questi non sanno quello che dicono e di conseguenza non sanno quello che fanno. 
Abbiamo visto dove sta portando il mondo senza Dio Amore. E' un mondo in guerra continuamente, un mondo che vede nemici dappertutto, che cainizza tutto.
Scrolliamoci di dosso il torpore che il demonio fa passare come idea-mondo, ma che non è monda (pura) ed è una moda passeggera come "nuvola sospinta dal vento". Le mode sono i surrogati televisivi che fanno credere di essere migliori ma l'unica cosa trendy per davvero è Dio che è sempre nuovo e sempre Eternamente si rinnova, perché l'Amore ha il potere in se stesso di rinnovare. Tutto ciò che vive, vive per Dio-Vita. La Vita è sempre nuova, senza Dio-Vita c'è solo morte e dunque la cultura che ci propinano da ogni dove, è una cultura destinata a morire perché rifiuta la vita, rifiuta il Dio della Vita, il Dio fatto bambino. Umanità rinsavisci e credi quello che Gesù ha detto: "Senza di me non potete fare nulla" (Gv 15, 8). Senza di Lui, possiamo solo morire qui, e poi eternamente essere morti di là in compagnia della superbia fatta dannazione. Che destino per coloro che non vogliono prestare orecchio alla salvezza... Quanti cuori chiusi fuori della Chiesa ma anche dentro... Quanti infatti, credono di credere, ma le loro sceltre dicono cose diverse... Non puoi dire "credo" e poi dare i soldi a usura, non puoi dire "credo" e produrre armi che servono per ammazzare la gente, non puoi dire "credo" e sfruttare gli operai, non puoi dire credo e poi drogarti, non puoi dire credo e poi farti vincere dall'alcool, dal gioco, e da altre dipendenze che ti schiavizzano togliendoti la libertà che Dio ti ha dato...

Terza strofa 

Natale è già qua
Non è sotto l’albero
È proprio dentro te
se gli permetterai di nascere
E' la nostra libertà che fa lo scarto tra i figli di Dio e i figli di satana. Chi vuol essere libero non accetta schiavitù di sorta nè di tipo psicologico, nè di tipo intellettuale, nè di altro tipo... I Figli di Dio amano la libertà, che viene dall'accogliere il Dio bambino, che inerme, non con la potenza delle armi, nè con la potenza della sua divinità, ma con la potenza dell'Amore, vuole farsi amare nella libertà più vera dei figli di Dio. Davanti al Dio bambino i pastori hanno potuto solo adorare un Dio piccolo, ma potente nell'Amore, che da infinito è diventato finito, e che alla fine dei sui 33 anni di vita, ha dato tutto di sè pur di tirarci fuori dal baratro in cui siamo caduti per il peccato orginale. A tanto amore bisogna rispondere con altrettanto amore. Se Dio mi dona la vita, cosa potrò fare se non donargli la mia? E' uno scambio che conviene sempre, perché donandogli la nostra, fatta di tanto dolore e peccato insieme, Lui ce ne dona una senza peccato che ci fa ritornare a casa nell'Amore dov'è la realizzazione di tutto il nostro desiderio di essere. L'unica cosa che esige è un "Sì" libero e sincero, ma che porta conseguenze inaudite, stupende, superiori alla nostra capacità di comprendere.

Secondo Ritornello

Sarà Natale, è già Natale
Se gli fai posto dentro e fuori
Sarà Natale, è già Natale
Se gli dai di crescere con te
non avrai voglia di regali,
perché è tutto quel che puoi
desiderare a Natale.


 Il Bambino della mangiatoia, il Dio con noi, l'Emmanuele, è venuto a farci un invito. E' venuto a indicarci la strada del ritorno a casa. Così scriveva Giovanni Paolo II in un'omelia tenuta presso il Santuario dell'Amore Misercordioso di Collevalenza.

"Quanto desidera egli dire a tutti un giorno: "Venite benedetti del Padre mio, riceverete in eredità il regno" (Mt 25,34).
Quanto desidera incontrare, nel compiersi della storia del mondo, coloro ai quali potrà dire: "… io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,35-36)!
Quanto desidera egli riconoscere le sue pecore dalla opere di carità, anche solo una di esse, anche dal bicchiere di acqua dato nel suo nome (Cfr. Mc 9,41)!
Quanto egli desidera riunire le sue pecore in un solo ovile definitivo, per porle "alla sua destra" e dire: "ricevete… il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo"!
E tuttavia, nella stessa parabola, Cristo parla dei capri che si troveranno "alla sinistra". Sono coloro che hanno rifiutato il regno. Hanno rifiutato non soltanto Dio, considerando e proclamando che il suo regno annienta l’indiviso regno dell’uomo nel mondo, ma hanno rifiutato anche l’uomo: non l’hanno ospitato, non l’hanno visitato, non gli hanno dato da mangiare né da bere.
Il regno di Cristo, infatti, si conferma, nelle parole dell’ultimo giudizio, come regno dell’amore verso l’uomo. L’ultima base della condanna sarà proprio quella motivazione: "ogni volta che non avete fatto queste cose ad una di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me" (Mt 25.45).
Questo è dunque il regno dell’amore verso l’uomo, nell’amore nella verità; ed è perciò il regno dell’Amore misericordioso. Questo regno è il dono "preparato…fin dalla fondazione del mondo", dono dell’Amore. E anche frutto dell’Amore, che nel corso della storia dell’uomo e del mondo si fa costantemente strada attraverso le barriere dell’indifferenza, dell’egoismo, della non curanza e dell’odio, attraverso le barriere della concupiscenza della carne, degli occhi e la superbia della vita (Cfr. Gv 2,16); attraverso il fomite del peccato che ogni uomo porta in sé, attraverso la storia del peccati umani e dei crimini, come ad esempio quelli che gravano sul nostro secolo e sulla nostra generazione… attraverso tutto ciò!
Amore misericordioso, Ti preghiamo, non venire meno!
Amore misericordioso, sii infaticabile!
Sii costantemente più grande di ogni male, che è nell’uomo e nel mondo. Sii più grande di quel male, che è cresciuto nel nostro secolo e nella nostra generazione!
Sii più potente con la forza del Re crocifisso! "
"Beato il suo regno che viene". (Giovanni Paolo II. http://www.collevalenza.it/CeSAM/03_CeSAM_0001.htm)

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

domenica 18 dicembre 2016

Un cielo...

A qualche giorno da Natale, questa canzone cade proprio bene. "Un Cielo c'è" è un titolo ricavato dal ritornello che spiegherò dopo. L'arrangiamento è di Tony Bungaro e Jimmy Marchetti. Nel 1997 l'ho incisa e nel 1999 è entrata nel CD "Buonenuove".
La genesi di testo e musica è da raccontare. Nel 1996 stavo registrando le canzoni per il mio secondo lavoro che si chiamerà "Fatti per essere" e l'arrangiatore, Peppe Sasso, mi chiede di trovare le parole ad una sua composizione. Anche se non mi piace scrivere parole su musiche di altri mi prestai al gioco. Peppe voleva scrivere una canzone nuova per Natale. Ci lavorai per qualche settimana poi la registrammo. A me però la musica non mi soddisfaceva e così dopo qualche mese ne realizzai una che mi sembrava più consona. Con la nuova melodia volli inserirla nel progetto "Buonenuove". Mentre la registravamo, Tony Bungaro, cantautore ora affermato, che mi stava aiutando negli arrangiamenti del Cd che poi divenne BuoneNuove", mi propose di partecipare a un concorso canoro che avrebbe avuto in giuria il grande Mogol, paroliere di Lucio Battisti, ed altri autori che ora non ricordo, dunque un concorso importante che si svolgeva ad Ancona. Niki l'altro arrangiatore ed amico mi accompagnò in questa avventura. Restammo ospiti di una sua lontana zia a cui era morto da poco il marito e a cui celebrammo la Messa. Facemmo anche visita ad un'amica pomiglianese che da poco era andata a farsi suora di clausura a Montalto delle Marche presso le clarisse. Passammo anche di là e chiedemmo preghiere perché andasse bene questa esperienza al di là di tutto, per dare un messaggio di speranza.
Passammo il primo turno, il secondo, arrivammo alla finale. Ero cotto per davvero. Non vedevo l'ora di ritornare a casa. All'ultima serata ospite speciale c'era un ragazzo che a sanremo quell'anno era stato escluso dalle nuove proposte, ma che a me era piaciuto, Alex Britti. Tutto rasato con un codino al centro della testa. Quando lo salutai lo benedissi, augurandogli ogni bene.
Quando iniziarono le premiazioni della manifestazione, non ero al terzo posto, né al secondo...per cui dissi a Niki prendiamo le nostre cose e andiamocene. Mentre stavamo per uscire avvisano: primo classificato come miglior testo e migliore interpretazione, don Mimmo Iervolino con "Un Cielo c'è". Dovettimo ritornare indietro, posare le chitarre, ritogliere i cappotti perché eravamo sotto Natale era il 19 dicembre del 1997 e faceva un freddo cane, fuori c'era nevischio. Salimmo di nuovo sul palco per prenderci i premi: un milione di lire, un cesto enorme di doni e i complimenti di Mogol che ebbe a dire: "L'unica canzone coerente per testo, musica e interpretazione". A questo punto mi dicevo: "E' fatta, ora pioveranno proposte discografiche...". In realtà l'unica proposta venne dalle Suore Paoline: una cooproduzione al 50%. Meglio che niente. Qualche mese dopo, un discografico presentatomi da un amico sacerdote di Monopoli (BA) mi disse: "se facciamo un contratto poi ti devi dimenticare di essere prete". Insomma sembra che il mondo della musica leggera in Italia, non possa accettare che si faccia musica e si possa essere anche sacerdote di Santa Romana Chiesa. Inoltre, credo, di non aver vinto il pregiudizio secondo cui un prete può solo cantare canzoni per la Messa e non anche canzoni d'autore. Dopo centinaia di concerti ovunque, mi sento sempre dire: "ma canta come un cantante normale"... ma cosa vorrà dire? E cosa si aspettano invece le persone quando sentono dire che c'è un prete che canta?
Certo è che nonostante il premio di Mogol, e altri premi pure arrivatimi da sora Provvidenza, e dopo tantissime uscite televisive anche importanti, sono rimasto sconosciuto. Non mi spiego come con una mia stessa canzone, fa un video una persona qualunque e ottiene migliaia di cliccate, la posto io, solo poche centinaia... Ci sarà qualcosa? Qualcuno che ama farmi scomparire? "Risposta non ho o forse chi lo sà..."
Ritornando alla serata dell'Ankon Festival 1997, bisogna che vi racconti cosa ho saputo mentre ritiravo i premi. Il responsabile del locale che aveva organizzato la manifestazione, mentre mi da l'assegno di un milione di lire, mi dice che non era riuscito a pilotare la premiazione perché Mogol s'era impuntato su di me. Saranno state le preghiere delle suore di clausura che nel frattempo avevano pregato per me a non permettere l'ennesima corruzione e ingiustizia? Da allora ho apprezzato ancora di più Mogol.
Ascoltiamo adesso la canzone... il video è stato fatto da una nonnina di quasi ottanta anni a cui regalai il mio Cd tanto tempo fa...



Una piccola curiosità. Avevo messo un video di questa canzone, fatto da me sul mio canale youtube, ma youtube mi ha chiesto di toglierlo perché le canzoni hanno il copyright. Il Cd Bunenuove, dove è questa canzone è edito dalle Paoline, ma abbiamo fatto una cooproduzione, per cui la nonnina Ranieri, ha potuto pubblicare il suo video con la mia canzone e io invece l'ho dovuto togliere pur essendone il cooproduttore. Scherzi del destino...

Andiamo a commentare il testo
 
Prima strofa 

Quanta vita ancora c’è da far rivivere,
che grida dalle strade e dai telegiornali.
Sono l’aperitivo ed anche il digestivo del pranzo di Natale di questa civiltà.
Mi vien da digiunare e poi partire per andare ad asciugare
almeno qualche lacrima.

Amara constatazione, che ti fa rabbrividire. I telegiornali vanno in onda più o meno a orario di pranzo, e quando ci sono le guerre sembrano proprio fatti per farti passare l'appetito. Quando giungono poi le feste di Natale, quelle immagini dai vari fronti, ti demoralizzano, ti straziano il cuore, e non ci si riesce mai ad abituarvici. Eppure una assuefazione da violenza c'è. Almeno io non ne posso più. Oramai si sa che le guerre le programmano a tavolino i venditori di armi e, interi popoli inermi devono sottostare a logiche di interessi sovranazionali per fare piene le tasche delle lobby delle guerre. Le Nazioni Unite si vestono da pacieri, ma in realtà vanno a curare interessi di lobbisti senza scrupoli. Chi avrà ragione in un mondo dove si usa pure Dio per ammazzare? Si dimentica che nella Bibbia è scritto: "Nessuno tocchi Caino" (cfr. Gen 4, 15). Lo dimenticano, ebrei, cristiani e musulmani...
Nell'opulente natale consumistico della pseudo civiltà del XXI secolo, dopo che ce lo hanno svuotato di significato e di Dio, del Dio bambino umanatosi per noi, veniamo affogati in mille pubblicità di surrogati natalizi, dai panettoni al buonismo tout cour... Anche quando ti propongono di essere buono facendo una donazione, devi stare attento che dietro non ci siano dei senza Dio che ne approfittano per riempirsi le tasche... A volte mi grido dentro: "In che mondo sono capitato". 
Ed io ancora posso fare la differenza perché credo nel Dio-Amore, nel Dio di Gesù Cristo, e imparo ogni giorno a distinguere la luce dalle tenebre, ma chi invece non ha Dio come riferimento, quale confusione avrà nella testa? Quali punti di riferimento? Quale strada riuscirà a percorrere? E' scritto nel libro profetico di Geremia al cap. 17, 5-8:   
       
        «Maledetto l'uomo che confida nell'uomo,
        che pone nella carne il suo sostegno
        e dal Signore si allontana il suo cuore.
        Egli sarà come un tamerisco nella steppa,
        quando viene il bene non lo vede;
        dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
        in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
        Benedetto l'uomo che confida nel Signore
        e il Signore è sua fiducia.
        Egli è come un albero piantato lungo l'acqua,
        verso la corrente stende le radici;
        non teme quando viene il caldo,
        le sue foglie rimangono verdi;
        nell'anno della siccità non intristisce,
        non smette di produrre i suoi frutti».

Perché dunque, questa umanità arranca e fa sempre la stessa esperienza? Si allontana da Dio e trova la morte e non impara mai... dopo 2000 anni di cristianesimo ancora ci sono guerre per soddisfare le tasche dei senza Dio che vendono armi come se la storia non ci fosse stata e non avesse insegnato niente. Si constata sempre e la storia ce lo insegna, che senza Dio non potrà esserci vita, le nostre esistenze senza la VITA che è Dio, si spegnerebbero inesorabilmente. Chiamano progresso questa andata agli inferi. Abbiamo visto cosa ha prodotto il consumismo senza regole e senza scrupoli: un mondo inquinato e corrotto. E' triste ma è così. Dovremmo imparare dagli errori, ma sembra che non ne siamo capaci. Oramai il lieto fine sta solo nei film americani.

 Seconda strofa

Quanta storia ancora c’è da far cambiare rotta,
alla deriva troppo spesso tra le pubblicità.
Ogni giorno spacca il cuore una violenza nuova.
Caino ha gli occhi bassi non vuol guardare in alto.
E tutto si ripete ormai ma c’è chi l’ ha spezzata questa storia e si aprirà...

Si, la storia va raddrizzata, ma se non c'è riuscito il Dio che si è fatto uomo, Gesù di Nazaret, potremmo mai riuscirvici noi senza il suo aiuto? eppure non ci è dato di essere pessimisti. Dobbiamo credere che in fondo al tunnel c'è la Luce che ci aspetta, una Luce d'Amore che riscalda i cuori. Potessimo imparare dagl'infiniti conflitti, che non portano da nessuna parte, aborriremmo tutte le guerre e pregheremmo ogni Caino di alzare il proprio sguardo al Cielo, perché solo da lì può venire una Parola nuova, una Parola eterna che sana e che salva. C'è chi ha spezzato la storia di dolore in cui si era ficcata l'umanità col tranello del demonio. Il Cielo si è riaperto perché l'Amore è diventato visibile e ci ha tracciato una strada, l'unica strada per far ritorno a casa, la vera CASA.

Ritornello

Un Cielo c’è che ci ha amati e ci riama ed è per noi
che si è fatto tenero bambino, figlio dell’umanità.
E d’ora in poi tutte le storie che ci sfiorano
hanno un volto nuovo quello Suo.


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Dalla Santa Messa della notte di Natale

"E' apparsa la grazia di Cristo,
apportatrice di salvezza per tutti gli uomini".
(Tt 2, 11)
Dai "Discorsi" di Sant'Agostino Vescovo (Sermo 196, 3)


Dove ti trovi, Signore, per causa mia?


Il Signore Gesù volle essere uomo per noi. Non si pensi che sia stata poca la misericordia: la Sapienza stessa giace in terra! In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (Gv 1,1). O cibo e pane degli angeli! Di te si nutrono gli angeli, di te si saziano senza stancarsi, di te vivono, di te sono come impregnati, di te sono beati. Dove ti trovi invece per causa mia? In un piccolo alloggio, avvolto in panni, adagiato in una mangiatoia. E per chi tutto questo? Colui che regola il corso delle stelle succhia da un seno di donna: nutre gli angeli, parla nel seno del Padre, tace nel grembo della madre. Ma parlerà quando sarà arrivato in età conveniente, ci annunzierà con pienezza la buona novella. Per noi soffrirà, per noi morirà, risorgerà mostrandoci un saggio del premio che ci aspetta, salirà in cielo alla presenza dei discepoli, ritornerà dal cielo per il giudizio. Colui che era adagiato nella mangiatoia è divenuto debole ma non ha perduto la sua potenza: assunse ciò che non era ma rimase ciò che era. Ecco, abbiamo davanti il Cristo bambino: cresciamo insieme con lui.

Dalla Messa di Natale del Signore

"E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi".
(Gv 1, 14)
Dai "Discorsi" di Sant'Agostino Vescovo (Sermo 188, 2,2-3,3)


Osserva, uomo, che cosa è diventato per te Dio!


Quali lodi potremo dunque cantare all'amore di Dio, quali grazie potremo rendere? Ci ha amato tanto che per noi è nato nel tempo lui, per mezzo del quale è stato creato il tempo; nel mondo fu più piccolo di età di molti suoi servi, lui che è eternamente anteriore al mondo stesso; è diventato uomo, lui che ha fatto l'uomo; è stato formato da una madre che lui ha creato; è stato sorretto da mani che lui ha formato; ha succhiato da un seno che lui ha riempito; il Verbo senza il quale è muta l'umana eloquenza ha vagito nella mangiatoia, come bambino che non sa ancora parlare.
Osserva, uomo, che cosa è diventato per te Dio: sappi accogliere l'insegnamento di tanta umiltà, anche in un maestro che ancora non parla. Tu una volta, nel paradiso terrestre, fosti così loquace da imporre il nome ad ogni essere vivente (Cf. Gn 2, 19-20); il tuo Creatore invece per te giaceva bambino in una mangiatoia e non chiamava per nome neanche sua madre. Tu in un vastissimo giardino ricco di alberi da frutta ti sei perduto perché non hai voluto obbedire; lui per obbedienza è venuto come creatura mortale in un angustissimo riparo, perché morendo ritrovasse te che eri morto. Tu che eri uomo hai voluto diventare Dio e così sei morto (Cf. Gn 3); lui che era Dio volle diventare uomo per ritrovare colui che era morto. La superbia umana ti ha tanto schiacciato che poteva sollevarti soltanto l'umiltà divina.

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Terza Strofa

Quanto perdono c’è da offrire a piene mani,
che chiuda quelle buche e tutte le ferite.
Ogni giorno fredda il cuore un conflitto nuovo.
Dall’Africa al Giappone ogni guerra è non Amore.
Quanti popoli ci chiamano, richiamano quel volto di quel Dio: Amore.
 

Come Dio in Gesù ha espresso tutto il perdono di un Dio all'uomo peccatore così l'uomo per redimenrsi deve usare misericordia verso il suo prossimo. "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno" è l'esempio che Dio ci ha lasciati per poterne prendere esempio. Non è scritto nel Padre Nostro, "rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori"? Se Dio ci perdona, noi non possiamo non perdonare. Quel "come" significa che verremo perdonati sulla misura del nostro perdono. Se non perdoniamo non ci sarà perdono per noi. E' chiarissimo, non ci possono essere fraintendimenti. Ama di più chi perdona di più. Dio ama alla Dio e noi con l'aiuto di Dio dobbiamo imparare a perdonare. Perdonare significa dimenticare, non rivangare ad ogni occasione...
Le immagini di Aleppo di questi giorni sono insopportabili eppure sembra che le nazioni unite non possano nulla: perché? Questo grido di tanti innocenti sale a Dio e la civiltà dell'opulenza fa ben poco. Quanta colpa ho pure io nel rimanere sbigottito davanti a tanto orrore e nel non riuscire neanche a chiedere sufficientemente nella preghiera il dono della pace per questi popoli martoriati da tanta violenza. Che Dio ci perdoni e perdoni soprattutto queli che ci governano che permettono alle industrie delle armi di fare profitto a discapito di questi poveri malcapitati. Gesù ha detto: chi di spada ferisce, di spada perisce... noi italiani che esportiamo armi cosa dovremmo aspettarci?

dal Fatto quotidiano del 4 maggio 2016: "Nell’ultimo anno è triplicata la vendita di armi italiane all’estero e sono aumentate le forniture verso Paesi in guerra: in particolare quelle verso l’Arabia Saudita, condannata dall’Onu per crimini di guerra nel conflitto in Yemen e per la quale il Parlamento europeo ha chiesto un embargo sulla vendita di armamenti. Cresce anche l’intermediazione finanziaria delle principale banche italiane, Intesa e Unicredit, e tra i piccoli istituti coinvolti compare ancora Banca Etruria e una banca libica (...) Ma il dato politicamente più importante è il boom di vendite verso Paesi in guerra, in violazione, attraverso escamotage, della legge 185/1990 che vieta l’esportazione e il transito di armamenti verso Paesi in stato di conflitto e responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Un sotterfugio che un ex ministro della Difesa di nome Sergio Mattarella denunciò anni fa come “un grave svuotamento delle disposizioni contenute nella legge 185”: il governo può aggirare il divieto di forniture militari a un paese in guerra se con esso ha stipulato un accordo intergovernativo nel campo della difesa e dell’import-export dei sistemi d’arma. Il caso più grave riguarda le forniture belliche alle forze aeree del regime Saudita, che da oltre un anno conducono bombardamenti indiscriminati su città, scuole e ospedali in Yemen che finora hanno provocato almeno 2mila morti civili, per un quarto bambini. Crimini di guerra ripetutamente condannati dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che a febbraio hanno spinto il Parlamento europeo ha chiedere un embargo sulla vendita di armi a Riyad."

(fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/04/armi-triplica-vendita-del-made-in-italy-e-tra-gli-intermediari-spunta-banca-etruria/2692759/).

I cattolici cosa dovrebbero fare? Come minimo dovrebbero togliere i propri risparmi da quelle banche e spostarli verso chi non fa profitti con le armi e con altre schifezze del genere...

Ogni guerra e ogni contorno della guerra è "NON AMORE". Ci accorgiamo che l'Italia va a rotoli, ma mai andiamo a vedere le vere cause. Ci si allontana da Dio diventando dei Caino? Cosa dovremmo aspettarci da Dio un applauso? Si driblano politicamente le leggi orientate alla pace per permettere affari a banche e lobby che hanno come fine solo i profitti, senza pensare ai danni collaterali verso tanti innocenti... Insomma se vendiamo armi avremo sulla coscienza anche noi i morti innocenti, vittime di quelle armi.

Ernesto Olivero al Festival biblico svoltosi dal 19 al 29 maggio 2016 ha detto:

"Un mondo di pace è possibile? «Isaia ci dice che la pace arriverà quando le armi non saranno più costruite. Le armi uccidono cinque volte: primo quando sono finanziate tolgono soldi alla sanità e alla scuola, secondo tanti giovani con intelligenze enormi non possono dedicare le loro energie a studiare come combattere malattie inguaribili. Terzo quando sparano non scherzano. Quattro chiamano vendetta. Cinque: quando tornano a casa i soldati impazziscono». «Noi siamo il mondo: perché non costruiamo un mondo senza armi? Non è fanatismo, ma un discorso pragmatico. La pace deve entrare nella dimensione politica»". 

Quarta strofa

Quanta gente ancora c’è che aspetta te e me
al battito del tempo, agli angoli del mondo.
Dal freddo di una grotta al caldo di Calcutta
sei sempre Tu che aspetti questa civiltà.
Son tanti ormai a crederci che tutto si può fare insieme a Te (te): miracoli.


Vorrei tanto che fosse semplice, lavorare per la pace. Vorrei tanto che davvero un giorno l'umanità si svegliasse dal torpore creato da tanta violenza e finalmente diventasse adulta nella fede in Dio Amore. Intanto questa società multiculturale, multirazziale, tutta multi in ogni cosa, che in nome di una cultura laica permissiva in tutto, è diventata intollerante solo verso Gesù Cristo, chissà perché? Ma dove si è ritrovato Caino, senza Dio? Povera umanità che ancora arranca nel ritrovare la via, la luce, la salvezza. Eppure il Dio fatto uomo, ha desiderato comunicarci la sua divinità. Sembra che ci dicesse: "Vuoi davvero diventare Dio? Ok, ti insegno la VIA, la VERITA' e la VITA...", ma come sempre e forse in questo periodo storico di più, l'umanità che vuole redimersi da sola, finisce sempre per scavarsi un fosso per poi caderci dentro... ma il prossimo, forse, non avrà fondo e credo che non ci saranno neanche rimedi...


Ritornello

Un Cielo c’è che ci ha amati e ci riama ed è per noi
che si è fatto tenero bambino, figlio dell’umanità.
E d’ora in poi tutte le storie che ci sfiorano
hanno un volto nuovo quello Suo.


Di Chiara Lubich: Hanno sloggiato Gesù

S’avvicina Natale e le vie della città s’ammantano di luci.

Una fila interminabile di negozi, una ricchezza senza fine, ma esorbitante.
A sinistra della nostra macchina ecco una serie di vetrine che si fanno notare. Al di là del vetro nevica graziosamente:
illusione ottica.

Poi bambini e bambine su slitte trainate da renne e animaletti waltdisneyani.
E ancora slitte e babbo-Natale e cerbiatti, porcellini, lepri, rane burattine e nani rossi. Tutto si muove con garbo.

Ah! Ecco gli angioletti…
Macché!
Sono fatine, inventate di recente,
quali addobbi al paesaggio bianco.

Un bambino coi genitori si leva
sulle punte dei piedini e osserva, ammaliato.

Ma nel mio cuore l’incredulità e
poi quasi la ribellione: questo mondo ricco
si è “accalappiato” il Natale e tutto il suo contorno,
e hanno sloggiato Gesù!

Ama del Natale la poesia, l’ambiente,
l’amicizia che suscita, i regali che suggerisce,
le luci, le stelle, i canti.
Punta sul Natale per il guadagno migliore dell’anno.

Ma a Gesù non pensa.
“Non c’era posto per lui nell’albergo”…
Nemmeno a Natale.

Stanotte non ho dormito.
Questo pensiero mi ha tenuta sveglia.

Se rinascessi farei tante cose.
Se non avessi fondato l’Opera di Maria,
ne fonderei una che serve i Natali degli uomini sulla terra.
Stamperei le più belle cartoline del mondo.
Sfornerei statue e statuette coll’arte più pregiata.
Inciderei poesie, canzoni passate e presenti,
illustrerei libri per piccoli e adulti
su questo “mistero d’amore”,
stenderei canovacci per rappresentazioni e film.

Non so quel che farei…

“Venne fra i suoi e non lo ricevettero…”

Oggi ringrazio la Chiesa che ha salvato le immagini.

Quando sono stata, venticinque anni fa,
in una terra in cui dominava l’ateismo,
un sacerdote scolpiva statue d’angeli
per ricordare il Cielo alla gente. Oggi lo capisco di più.
Lo esige l’ateismo pratico
che ora invade il mondo dappertutto.

Certo che questo tenersi il Natale e
bandire invece il Neonato è
qualche cosa che addolora.


Che almeno in tutte le nostre case
si gridi Chi è nato, facendogli festa come non mai.


(Fonte: https://maik07.wordpress.com/2008/12/22/hanno-sloggiato-gesu-di-chiara-lubich/)

Tantissimi auguri...
Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...


mercoledì 7 dicembre 2016

Non andar via da me

Edizioni Paoline 1999
Anche questa canzone è presente nel CD Buonenuove edito dalle Paoline 1999 (https://itunes.apple.com/it/artist/mimmo-iervolino/id502959007). Ѐ una canzone a cui tengo molto perché col suo arrangiamento di sole chitarre, basso e un pò di batteria, si da risalto al testo che è molto profondo. Cambia tonalità nella seconda parte e fui costretto a cambiare delle note nel secondo ritornello perché proprio non ci arrivavo.
Le chitarre sono suonate da Tony Bungaro (cantante italiano affermato che curò diversi arrangiamenti di "Buonenuove"... nel 1997 era quasi signor nessuno, poi divenne famoso e mi lasciò a piedi). Col senno di poi credo che quella variazione dette alla canzone anche una piccola novità melodica. Anche se l'ho pubblicata nel 1999, l'ho scritta qualche anno prima intorno al 1994 a qualche anno dalla mia Ordinazione sacerdotale, quando il mondo, che volevo "convertire" dopo la preparazione in seminario, risultò essere molto più complicato del previsto costandomi sofferenze magari preventivate, ma di cui sono divenato cosciente quando le ho sofferte. Se non avessi avuto la Spiritualità dell'Unità, di Chiara Lubich, chissà che non mi sarei trovato in altri lidi...
Per grazia ricevuta dunque, questa canzone l'ho scritta proprio in un momento "no". Quasi una risposta a quel "perché?" gridato da Gesù sulla croce, e gridato da me in quel periodo nero. Ascoltiamola...



Approfondiamo il testo

Prima strofa

Sei solo Tu, l’unico mio bene.
E non mi lascerai, e non ti lascerò:
Ti amo, unico respiro che ho.


In questa prima strofa, faccio riferimento al Salmo 16, 2: "Ho detto a Dio: «Tu sei il mio Signore;
non ho bene alcuno all'infuori di te»". Basterebbe starsene in silenzio e meditarla questa frase per capirne la profondità. Ѐ una dichiarazione d'amore immensa.
I "Ti amo" nelle canzoni popolari e radiofoniche, quelle secolari per intenderci, sono piene di questa frase, ma non so se qualcuno ha osato prima di me dirla in una canzone dedicata al Signore.
Quando si è sulla croce di una bella prova fisica o spirituale, la fedeltà a Dio arranca, ma è proprio lì che la nostra fede viene smussata e irrobustita. "Non chi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà di Dio" (Mt 7, 21), e certe volte sono dolorosissime, cadiamo nei pantani del nemico con le nostre stesse mani, altre volte è Dio che permette la prova per farci avanzare nel cammino verso di Lui. Nell'uno e nell'altro caso, ci vengono date occasioni per chiedere aiuto e le grazie per affrontare le situazioni più diparate.
Sì credo proprio che la frase "unico respiro che ho" è davvero bella e dice tutto. La Vita viene dal Signore Gesù e Lui sta diventando sempre più l'unico mio respiro. Sento con forza dentro di me, questo amore immenso di Dio e quanto piccolo sia, il mio amore per Lui. Quante volte penso al giorno che dovrò comparirgli davanti! Come farò vedendo tutta la mia povertà? Sto chiedendo da tempo di farmi "odiare il male" (Amos 5, 15), e di farmi discernere sempre ciò che è male, per non offenderlo mai più. Ѐ una ginnastica senza fine dalla mattina alla sera. Daltronde se ami qualcuno vorresti solo il suo bene. In realtà volendo Bene a Dio siamo noi che ne riceviamo "Grazia su Grazia" (Gv 1, 16).

Seconda strofa

Sei solo Tu, l’unico mio dono.
E fino a darmi io e fino a dar di più:
ti amo, unico mio tutto per me.

Riconoscere i doni di Dio e distinguerli dal donatore che diventa DONO dei doni, è saggezza così dice Sant'Agostino nelle "Confessioni":
"Dunque è buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene, e io esulto in suo onore per tutti i beni di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza. Il mio peccato era di non cercare in lui, ma nelle sue creature, ossia in me stesso e negli altri, i diletti, i primati, le verità, così precipitando nei dolori, nelle umiliazioni, negli errori. A te grazie, dolcezza mia e onore mio e fiducia mia, Dio mio, a te grazie dei tuoi doni. Tu però conservameli, così conserverai me pure, e tutto ciò che mi hai donato crescerà e si perfezionerà, e io medesimo sussisterò con te, poiché tu mi hai dato di sussistere (1, 20, 31)."
Ed ancora:
"Come rimunerare il Signore del fatto che la mia memoria rievoca simili azioni e la mia anima non ne è turbata? Io ti amerò, Signore, ti renderò grazie e confesserò il tuo nome, poiché mi hai perdonato malvagità e delitti così grandi. Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non ho commesso. Cosa non avrei potuto fare, se amai persino il delitto in se stesso? Eppure tutti questi peccati: e quelli che di mia spontanea volontà commisi, e quelli che sotto la tua guida evitai, mi furono rimessi, lo confesso (2, 7, 15). (fonte: http://www.augustinus.it/varie/preghiere/preghiere_conf_1.htm). 

Se il mio Dio si è donato e si dona totalmente, cosa dovrei fare io se non donarmi a mia volta?


Primo ritornello

Senza pace sono i giorni miei
ora che mi fermo qui.
Ti stringo in quest’ultima preghiera.
Amore mio, Amore mio.
 Non andar via via da me.

 Ebbene sì, arrivano le "notti oscure", ma bisogna sapere cosa sono e come sono necessarie alla crescita spirituale. San Giovanni della Croce ha scritto un trattato: "Salita al Monte Carmelo" dove descrive in lungo e in largo la necessità di attraversare le notti per arrivare all'unione con Dio. Così scrive:
"Possiamo chiamare notte questo passaggio dell’anima verso l’unione con Dio per tre motivi.
Il primo è desunto dal punto di partenza dell’anima, perché essa deve privarsi del godimento di tutte le cose temporali che possedeva, rinunciando ad esse. Tale rinuncia o privazione costituisce una vera e propria notte per tutte le passioni e i sensi dell’uomo.
Il secondo è dato dal mezzo che s’impiega o dal cammino attraverso cui l’anima deve passare per giungere all’unione divina, cioè la fede, che è oscura all’intelligenza come la notte.
Il terzo deriva dalla meta verso cui si tende, cioè Dio, che è certamente notte oscura per l’anima in questa vita. Queste tre notti devono passare attraverso l’anima o, per meglio dire, l’anima deve attraversare queste notti per attingere l’unione con Dio."

Nessun cammino spirituale è semplice, ma neanche complicato, occorre la voglia di camminare, la volontà sempre più ferrea di restare, rimanere fedeli a Dio anche quando le notti sopraggiungono. Nella canzone, proprio qui nel ritornello, parlo del dolore che lascia l'assenza di Dio nell'anima. Ci si può smarrire, o continuare a lottare. Che forza occorre per non soccombere! Questa si attinge nella preghiera costante, e nell'amore puro che tutto dona e niente pretende. Chi rimane fedele nella prova è segno che sta amando di amore puro. Non ama per ricevere doni, ma ama l'amato, perché esso è l'AMORE. La preghiera diventa grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato» e con quanto resta in gola si potrà solo sussurrare: "Non andar via da me".

Terza strofa

Sei solo Tu, l’unico mio Cielo.
E non mi perderai e non ti perderò:
Ti amo, unico mio Dio che ho.

Ѐ vero anche questo, che l'unico Cielo in cui spaziare con la mente, i desideri e con tutto quello che si è, deve essere Dio «in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Atti 17, 28). Quando si raggiunge questa totalità allora Dio viene ad abitare in te: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Così spiega Chiara Lubich in un commento a Gv 14, 23:

"La sua presenza dunque si può realizzare fin d’ora nei cristiani ed in mezzo alla comunità; non occorre aspettare il futuro. Il tempio che la accoglie non è tanto quello fatto di muri, ma il cuore stesso del cristiano, che diventa così il nuovo tabernacolo, la viva dimora della Trinità.
Ma come può il cristiano arrivare a tanto? Come portare in sé Dio stesso? Quale la via per entrare in questa profonda comunione con lui?
E’ l’amore verso Gesù.
Un amore che non è mero sentimentalismo, ma si traduce in vita concreta e, precisamente, nell’osservare la sua Parola.
E’ a quest’amore del cristiano, verificato dai fatti, che Dio risponde col suo amore: la Trinità viene ad abitare in lui.
«… osserverà la mia parola».
E quali sono le parole che il cristiano è chiamato ad osservare?
Nel Vangelo di Giovanni, “le mie parole” sono spesso sinonimo di “i miei comandamenti”. Il cristiano è dunque chiamato ad osservare i comandamenti di Gesù. Essi però non vanno tanto intesi come un catalogo di leggi. Occorre piuttosto vederli tutti sintetizzati in quello che Gesù ha illustrato con la lavanda dei piedi: il comandamento dell’amore reciproco. Dio comanda ad ogni cristiano di amare l’altro fino al dono completo di sé, come Gesù ha insegnato ed ha fatto.
E come allora vivere bene questa Parola? Come arrivare al punto in cui il Padre stesso ci amerà e la Trinità prenderà dimora in noi?
Attuando con tutto il nostro cuore, con radicalità e perseveranza appunto l’amore reciproco fra noi.
In questo, principalmente, il cristiano trova anche la via di quella profonda ascetica cristiana che il Crocifisso esige da lui. E’ lì, infatti, nell’amore reciproco, che fioriscono nel suo cuore le varie virtù ed è lì che può corrispondere alla chiamata della propria santificazione.
(Chiara Lubich)

(fonte: http://www.focolarisardegna.it/do/archives/1480).

Dunque dire "Ti Amo", diventa sinonimo di "voglio fare la tua volontà", "voglio mettere in pratica le tue Parole", "voglio amre il prossimo fino a far nascere in lui il desiderio della reciprocità". In questo modo si vivrà "come in Cielo così in terra". Sarebbe Paradiso già qui, anticipazione di quello lassù.


Quarta strofa

Sei solo Tu, l’unico mio cuore.
E fino a viverti e fino ai brividi:
ti amo, nel tuo assurdo grido, sei me.

C'è una fra se di Agostino,  suona così:  

“Sotto il lavorio della tua mano delicatissima e pazientissima, Signore, ora il mio cuore lentamente prendeva forma”.

E quale forma prenderà il cuore se non quella del cuore di Gesù? In una mia canzone inedita dico:
"Ti amerò così, ti amerò così semplicemente, cuore nel mio cuore anche nelle tenebre, ti amerò così ridirò il mio sì teneramente, cuore nel mio cuore dentro l'anima..."
Dunque se desidero avere lo stesso cuore di Gesù, sarà Lui l'unico mio cuore. Ma il pio desiderio si scontra subito con la dura realtà: "Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce e mi segua". Non ci sono altre vie per somigliare al Maestro: la via è la croce. E chi potrà mai amare il dolore? Eppure i grandi mistici non hanno lesinato donare la propria vita e tutta la sofferenza, che attraverso essi sanava, convertiva, redimeva anime di ogni luogo... e di ogni tempo. Ho letto che una mistica: Madre Mariana Torres Berriochoa, ricevette da Maria delle profezie sui nostri tempi e che si stanno realizzando (http://www.corrispondenzaromana.it/le-profezie-di-nostra-signora-del-buon-successo/). Per sette volte apparve alla suora fra il 1588 e il 1634 chiedendo di pregare per quelli del XX secolo, un secolo sciagurato. L'Amore di Dio preveniente, parte sempre da molto lontano e Maria in questi anni bui della fede è presentissima. Basta pensare alle apparizioni di Medjugorje.
I mistici, dunque,  sono anime elette che portano con Gesù il peso della croce della redenzione. Ogni cristiano dovrebbe portare un pezzetto della croce, ma tante volte non sappiamo fare neanche i sacrifici più piccoli. Menomale che da qualche parte c'è sempre un'anima eletta, detta anche "vittima" che soffre per tutta l'umanità. Suor Faustina Kovalska nel suo diario scrisse che quando non ci saranno più anime elette chiamate al martirio, la fine del mondo sarà alla porta.
Quando si sa abbracciare la croce con Gesù, in Gesù e per Gesù, "non siamo più noi a vivere, ma Lui in noi". Ecco perché in questa strofa dico: "nel tuo assurdo grido sei me" e si potrebbe anche dire, quando sarò crocifisso alla mia croce, io sarò Te.

Secondo ritornello

Riprende fiato questa vita mia,
ora che mi perdo in Te,
mentre ti sto parlando viso a viso.
Amore mio, amore mio, non andar via... da me

Proprio così, se ci abbandoniamo alle cure patere di Dio, anche quando la sofferenza sarà insopportabile, avremo una grazia in più che ci farà riprendere fiato. Avviene fra l'anima e Dio lo sposalizio mistico. Un articolo di Aléteia spiega con semplicità in cosa consiste:
"Lo sposalizio mistico (o matrimonio spirituale) è il più alto grado di unione con Dio che una persona può sperimentare su questa terra. Questo dono è chiamato “sposalizio” perché l’anima è unita a Dio come si amano lo sposo e la sposa. La specificazione “mistico” indica che si tratta di un’immagine, di un simbolo, un modo umano di esprimersi. Santa Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia, ebbe questa grazia straordinaria, insieme a tante altre. Nel suo Diario scrisse che ciò che conta è l’amore che ci unisce al Signore: “Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell’anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio”."
(fonte: http://it.aleteia.org/2014/07/11/che-cose-lo-sposalizio-mistico-con-gesu-cristo/).

Questa canzone così semplice, ma profondissima, dice tutte queste cose. Si potrebbe fare con essa un intero corso di esercizi spirituali. Non lo chiedete a me però... non sono all'altezza del compito... Io al massimo posso cantare le mie canzoni.

... Alla prossima canzone per dare e cantare Dio.


sabato 26 novembre 2016

É solo una goccia di acqua

É presente nel CD Buone Nuove ed è nata davvero nel secolo scorso... quando la scrissi pensavo davvero che quello che può fare ciascuno di noi, è solo una goccia d'acqua. Mi ricordavo un episodio raccontato da Sant'Agostino:

"Mi ero alzato presto quel mattino, e camminavo lungo la riva del mare. Mi capita spesso di fare così quando la mia mente non riesce a comprendere, cose più grandi me: con la sola forza della mia intelligenza cercavo di spiegarmi tante cose di Dio. Ero così preso dai miei pensieri che quasi non mi ero accorto che di fronte a me, a quell'ora dell'alba stava giocando un bambino. Aveva fatto una buca nella sabbia e continuava a correre da lì fino a riva, avanti e indietro, trasportando ogni volta un po' d'acqua. "A che gioco stai giocando a quest'ora?" gli chiesi. Il bambino mi rispose che non era affatto un gioco, e che voleva solo riversare tutto il mare in quella buca. Sorridendo per la sua impresa cercai di farlo ragionare, dicendogli che non ci sarebbe mai riuscito, perché il mare è troppo grande per essere contenuto in una piccola buca nella sabbia. Anche lui mi sorrise, ma continuò nel suo gioco. Così proseguii il mio cammino. Non avevo fatto nemmeno dieci passi che il bambino alle mie spalle rispose. "Forse hai ragione Agostino, ma sappi che è più facile per me travasare qui le acque dell'intero Oceano che alla tua mente scorgere i confini dell'amore di Dio"." 

Può dunque una goccia, parte del tutto, conoscere e contenere l'oceano, il tutto? Eppure l'oceano (Dio) s'è fatto goccia (Gesù) per poterci dare questa soddisfazione. Brama abitarci e farsi goccia per riempirci di sè. allora sì che essendo goccia, potremo darla e non dare una cosina, ma Dio, che s'è fatto goccia in noi. Che grande prodigio, che grande vocazione, ha la creatura umana: contenere Dio, per amore, solo per Amore.
Diventare goccia, piena, satura di Dio, non dipende che da noi, se sappiamo svuotarci di noi imitando Gesù Crocifisso, che vuoto di sè, tutto donato, accoglie Dio Padre e dona Lo Spirito.

Ascoltiamo la canzone...



Analizziamo il testo
Prima strofa

Una goccia d’acqua ti do, che Lui può trasformare in vino.
Una goccia d’acqua ti do, che può forare quella diga.
 

Una goccia d'acqua dunque è quello che possiamo essere e dare, nulla di più, ma c'è chi la può trasformare proprio come l'acqua divenuta vino a Cana di Galilea. Piccoli e finiti come siamo, facciamo esperienza ogni giorno della nostra pochezza, ma Dio può trasformare il nulla in un prodigio e la piccola goccia, può diventare potente, come quando in una diga un piccolo foro dove passano piccole gocce, possono farla frantumare. Noi piccole gocce veniamo trasformati, a poco apoco dal vivere goccia a goccia le Sue Parole eterne fattesi leggibili e visibili: “In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,19-20).  Dunque una goccia accanto a un'altra diventa potenza della Presenza di Dio.

Così spiega Chiara Lubich in un commento alla Parola di Vita di qualche anno fa.

È questa, a mio avviso, una di quelle parole di Gesù che fanno sobbalzare il cuore. Quante necessità nella vita, quanti desideri leciti e buoni che non sai come soddisfare, che non puoi appagare! Sei profondamente convinto che solo un intervento dall’Alto, una grazia dal cielo, potrebbe accordarti quanto brami con tutto il tuo essere. Ed ecco che senti ripetere dalla bocca di Gesù con splendida chiarezza, con adamantina certezza, piena di speranza e di promessa, la parola:

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Avrai letto nel Vangelo che Gesù raccomanda più volte la preghiera e insegna come si fa ad ottenere. Ma questa, sulla quale poniamo oggi l’attenzione, è veramente originale. Essa, perché possa ottenere una risposta dal cielo, esige più persone, una comunità. Dice: «Se due di voi». Due. È il numero più piccolo che forma una comunità. A Gesù dunque importa non tanto il numero quanto la pluralità dei credenti.
Anche nel giudaismo – ti sarà noto – si sa che Dio apprezza la preghiera della collettività, ma Gesù dice qualcosa di nuovo: «Se due di voi… si accorderanno». Vuole più persone, ma le vuole unite, pone l’accento sulla loro unanimità: le vuole una sola voce.
Devono mettersi d’accordo sulla domanda da fare, certamente; ma questa richiesta deve poggiare soprattutto su una concordanza dei cuori. Gesù afferma, in pratica, che la condizione per ottenere quanto si chiede è l’amore reciproco tra le persone.

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Ti potrai chiedere: «Ma perché le preghiere fatte in unità hanno maggiore accesso presso il Padre?».
Il motivo, forse, è perché sono più purificate. A che cosa infatti è ridotta, spesso, la preghiera se non ad una serie di domande egoistiche che ricordano più i mendicanti presso un re, che non i figli presso un padre?
Quanto invece si chiede insieme agli altri è certamente meno macchiato da un interesse personale. A contatto con gli altri si è più propensi a sentire anche le loro necessità e a condividerle.
Non solo: ma è più facile che due o tre persone capiscano meglio che cosa chiedere al Padre.
Se si vuole quindi che la nostra preghiera sia esaudita è meglio stare esattamente a quanto Gesù dice, e cioè:

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Gesù stesso ci dice dove sta il segreto dell’efficacia di questa preghiera. Esso è tutto in quel «riuniti nel mio nome». Quando si è uniti così c’è fra noi la Sua presenza e tutto ciò che si chiede con Lui è più facile ottenerlo. Infatti Gesù, presente dove l’amore reciproco unisce i cuori, è Lui stesso che chiede con noi le grazie al Padre. E puoi pensare che il Padre non ascolti Gesù? Il Padre e Cristo sono una sola cosa.
Non ti sembra splendido tutto questo? Non ti dà certezza? Non ti dà fiducia?

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Sarai ora certamente interessato a sapere cosa vuole Gesù che tu chieda. Egli stesso lo dice chiaramente: «qualunque cosa». Non c’è quindi nessun limite.
E allora metti anche questa preghiera nel programma della tua vita. Forse la tua famiglia, tu stesso, i tuoi amici, le associazioni di cui fai parte, la tua patria, il mondo che ti circonda mancano di innumerevoli aiuti perché tu non li hai chiesti.
Accordati con i tuoi cari, con chi ti comprende o condivide i tuoi ideali e, dopo esservi disposti ad amarvi come il Vangelo comanda, così uniti da meritare la presenza di Gesù tra voi, chiedete. E chiedete più che potete: chiedete durante l’assemblea liturgica; chiedete in chiesa; chiedete in qualsiasi luogo; chiedete prima di prendere decisioni; chiedete qualsiasi cosa.
E soprattutto non fate in modo che Gesù resti deluso dalla vostra noncuranza, dopo avervi dato tanta possibilità.
Gli uomini sorrideranno di più, gli ammalati spereranno; i bimbi cresceranno più protetti, i focolari familiari più armoniosi; i grandi problemi potranno essere affrontati anche nell’intimo delle case… E vi guadagnerete il Paradiso, perché la preghiera per i bisogni dei vivi e dei morti è anch’essa una di quelle opere di misericordia che ci saranno richieste all’esame finale.
Chiara Lubich
(Fonte: Pubblicata su Città Nuova 1981/15-16, pp.40-41).

Dove Dio si manifesta potentemente? Fra due o più...ma uniti nel suo NOME. Ossia uniti a Lui come tralci alla vite, pronti a dare tutto di sè come Gesù stesso ha insegnato. Fatti così gocce d'amore vivo, uniti a Lui si diventa fiumi, oceani d'Amore...

Seconda strofa

Una goccia d’acqua ho per te per dissetarti nel cammino.
Una goccia d’acqua ho per te per far fiorire il tuo destino.


Niente disseta più dell'acqua fresca di sorgente. Niente disseta l'anima se non lo Spirito di Dio che fa vivere ogni cosa e che è la sorgente scaturita dal costato di Cristo, per il cui lavacro risorgiamo a vita nuova, nella vita delle cose spirituali.
Nel deserto dell'esistenza solo Dio può dissetare l'infinito bisogno che abbiamo dello Spirito. Eppure tanti, abbacinati dagli specchietti del nemico, si fanno ingannare nel credere che ci sia quaggiù qualcosa che possa soddisfare. Invece, solo Dio può riempire totalemente, portando tutte le potenze del corpo e dello spirito al massimo splendore. Non è forse Lui il nostro Creatore, e non sa Lui fino a che punto possiamo inoltrarci nella conoscenza? Abbandonarsi in Dio dunque, come un pesce nell'oceano, dovrebbe essere istintivo. Se da lui veniamo, dove potremmo trovare soddisfazione se non lì da dove siamo scaturiti per un atto d'amore creativo unico e irripetibile?

 Ritornello

Una goccia d’acqua che può trasformare il vuoto in giardino.
Una goccia d’acqua che può trasferire il Cielo tra noi.
Ed è solo una goccia d’acqua, che con la tua può diventare fiume
 e con la sua mare profondo, amore traboccante in piena...
Amore, amore...        na na na


Sì, Dio ci ha fatti gocce di luce, e il nostro vero dover essere è luce. Se Gesù ha detto di sè: "Io sono la luce", dunque per raggiungerla occorre alimentarsi di luce alla Luce. Le Sue Parole sono raggi della Luce di Dio, che penetrando in noi producendo effetti straordinari. Provare per credere e credere per provare. Si realizza quanto dico nel ritornello: il vuoto si trasforma in giardino; il Cielo si trasferisce in noi e fra noi.

 Terza e quarta strofa

Da Lui ho preso quella goccia, che mi fa esistere e sperare.
A te la dono quella goccia che non posso conservare.

Se non dono la mia goccia presto diverrebbe niente.
Se non dai quella tua goccia in alto mare ti potresti trovare.


I Carismi che Dio dona, sono Gocce dello Spirito che illuminano ora un aspetto dell'infinita Sapienza, ora un altro. Quando si attinge ad un fondatore sempre si ottiene una luce per sè e per chi ti sta accanto. Certo Dio parla ad ognuno, ma le spiritualità sono doni di Dio a tutta l'umanità e allora potremmo rivestirci di infinite luci, se solo sapessimo approfittare! Quando la si è ricevuta, la goccia, non puoi tenerla per te, ha bisogno di essere trafficata, perché si possa moltiplicare per il dono intrinseco che ha, perchè divina. Se la tieni per te commetti un sacrilegio, perché i doni di Dio ammuffiscono se non si donano. Come succede per l'acqua che se resta ferma imputridisce, ma se è in movimento porta vita. La nostra goccia d'amore di Dio dunque, deve portare frutto, dissetare altri deserti, inventare altri giardini, costruire nuove forme di esistenza nello Spirito, fare opere concrete di carità. Ecco cosa suggerisce Chiara Lubich a un giovane che chiedeva come portare pace e, a un sacerdote che chiedeva come ripondere al grande dolore che c'è:

Chiara Lubich: La nostra goccia quotidiana (it) from focolare.org on Vimeo.

 La propria goccia va data gratuitamente senza aspettarsi niente per amore, solo per amore. Solo così sarà goccia povera di umano e ricca di Dio.

Secondo ritornello

Una goccia d’acqua che può trasformare il vuoto in giardino.
Una goccia d’acqua che può trasferire il Cielo tra noi.
Ed è solo una goccia d’acqua, che con la tua può diventare fiume
 e con la sua mare profondo, amore traboccante in piena...
Amore, amore...        na na na

Il secondo ritornello è uguale al primo e lo commento con dei versi che pensavo potessero servire per una canzone che però non è più nata, recitano così:

Anime:

Gocce di luce, d'amore,
riflessi di Dio Amore.
Ciò ci fa somiglianti.
Luce da Luce anche noi.

Occorre pulire, scolpire
l'io che si sporca quaggiù.
Il Verbo c'insegna la Via
in salita, ma è quella sicura.

Gocce di luce, riflessi di Eterno.
Amore, sostanza d'Amore.
Salvate dal Dio umanato:
Mistero d'Amore infinito.


... alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

martedì 8 novembre 2016

Ogni giorno di più

Dal CD Attimi di cielo, questa canzone, mi ottenne un bellissimo voto a Filosofia del linguaggio.
Ricordo che per tutto il corso, pur sforzandomi, non ci avevo capito un granché. Menomale che il prof. Zelindo Trenti, sacerdote salesiano, ci diede un'opzione a fine corso: sostenere l'esame con la sua dispensa, che per me era ostica e chiusa come un'ostrica o scrivere un eleborato che facesse capire come l'uso di vari linguaggi potessero dare un messaggio bello, buono e forte. Optai per la seconda prendendomi a prestito un libro dello stesso professore da un mio amico che aveva seguito tutto un altro corso sulla religione e l'antropologia. Il libro del prof. era: Opzione religiosa e dignità umana, Roma, Armando Editore, 2001, mi piacque moltissimo e rispecchiava tante cose che mi portavo già dentro a proposito del modo di concepire la religione come rapporto con Dio e non come una serie di nozioni dottrinali su Dio.
Avevo nel cassetto "Ogni giono di più". Mi venne l'idea di implementare diversi linguaggi per poterla "descrivere". Così, in vista dell'esame, la feci subito arrangiare dal maestro ed amico Franco Cleopatra, pomiglianese doc, creai un powerpoint e masterizzai tutto. Scrissi una tesina per descrivere come era nata quella canzone. Consegnai tutto qualche tempo prima e poi mi presentai all'esame.  Il professore non mi fece neanche sedere. Scrisse trenta e lode sul libretto e mi chiese di poter pubblicare tutto sul suo sito.
E pensare che mentre ero fuori ad aspettare il mio turno, l'ansia mi divorava, perché non potevo sapere se mi faceva qualche domanda anche sulla dispensa, che avevo letto, ma non ero riuscito proprio a capacitarmi tra tante teorie da Platone a Gadamer...
Ebbi una provvidenziale fortuna. Al professore piacque la canzone e il modo in cui l'avevo decostruita e raccontata in diversi linguaggi: scritto, cantato, illustrato in modo poetico e usando in modo scientifico le citazioni dal suo libro.
Insomma, rileggendo l'elaborato, mi rendo conto che fui ispirato in tutto anche nello scegliere le citazoni del prof.,  ma adesso ascoltiamo la canzone. 



Così scrivevo nell' introduzione dell'elaborato per l'esame di Filosofia del linguaggio.

In queste poche pagine vorrei raccontare come nasce una canzone.
Si parte sempre da un’esperienza carica di emotività, che ti trascende, che fa nascere dentro sensazioni, pensieri, colori, profumi, paesaggi e quant’altro in un modo che nemmeno sai e quando lo racconti in parole e musica che da una parte dicono e dall’altra non dicono tutto. Il “dentro” è difficile da raccontare, descrivere, cantare. È vero anche che se non lo fai stai male e si è quasi “costretti” a cacciar fuori e finché non accade è gioia e dolore.
Dividerò i paragrafi secondo la divisione delle strofe, dei lanci e dei ritornelli della canzone, che ho intitolato: “Ogni giorno di più”. La scrissi qualche anno fa a ricordo di un’esperienza vissuta a bordo di un aereo che mi portava da Cagliari a Napoli. Il testo lo porrò al centro di ogni paragrafo come in un pensiero, reso dal disegno di una nuvola, che spesso incontriamo nei fumetti.
Il testo della canzone così è indipendente dal narrato. Quest’ultimo farà da corona. Intendo infatti esplicitare la canzone attraverso la descrizione e il ricorso al libro del professor Zelindo Trenti, Opzione Religiosa e dignità umana. Allegherò allo scritto anche il CD con la canzone registrata e musicata e il relativo power point che uso, quando svolgo qualche incontro di formazione. Dunque la canzone può essere ascoltata con lettore CD soltanto o anche col computer facendo partire il power point.

 
1. Prima strofa: Dal silenzio
«L’uomo è dunque a contatto con il mondo perché “ha un mondo” e il mondo ha accesso alla sua esistenza perché e in quanto questa gli fa spazio».[1] Ma quando l’uomo si apre a questa possibilità? Quando la sua esistenza resistendo a tutte le resistenze, si apre all’oltre?
Ero lì ad attendere l’imbarco e già pregustavo l’ebbrezza del volo e la paura. La solita paura. Ma cosa può accadere? Ho ancora i volti degli amici che mi hanno salutato e adesso sono solo a guardarmi dentro e fuori. Ecco ci imbarchiamo. Solita routine. I motori sono al massimo. Si parte. Sudore, ansia, preghiere sillabate sulle labbra chiuse. Dagli occhiali da sole guardo fuori. Il mare, le nuvole il rosso del tramonto. «Non si può descrivere l’infinito mentre lo si prova; ma non lo si può neppure descrivere senza averlo provato».[2] Così Leopardi nello Zibaldone. È così vero! La paura di perdere la vita in un attimo ti mette davanti solo la dura possibilità di accettare la morte o la vita. Se stai attento però oltre c’è un incontro e lo scopri nel silenzio delle possibilità, nella vita che avanza. Ci sei solo tu e un’Altra Presenza che ti interpella, vuol farti sentire la sua bellezza, più che fartela guardare. Lassù. Ci sono. L’aereo va oltre le nuvole. Ed è silenzio e bellezza. Il mondo è piccolo coi suoi rumori, le nuvole giocano seriamente a spingersi col vento ora formano astronavi, ora funghi giganti, ora maschere nere. L’attimo presente è carico di presenza, se solo riuscissimo a svuotarci d’ogni ingombro, potremmo e sapremmo incontrare quanto “presagito” dalla nostra finitudine.


[1] Z. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, Roma, Armando Editore, 2001, 132
[2] Citato in TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 136


 
2. Seconda strofa: Dai pensieri
«La realtà parla perché l’uomo la fa parlare».[1] Per vincere la paura m’è bastato guardare fuori e le nuvole parlano e il cielo e i colori del tramonto. Eppure non riesco a capacitarmi perché tanto dolore, tante guerre… Se tutti imparassimo a vedere dentro le cose, se imparassimo a capire quanto siamo piccoli di fronte al tempo, allo spazio. Quante ideologie racchiudono l’umanità nella sua povertà. Quante volte s’è creduto col pensiero di spiegare tutto e poi di imporlo con la forza! Mai che si sia riusciti a situarsi in una realtà aperta al nuovo e alle sue radici, senza averne paura. Neppure Gesù Cristo e 2000 anni di Cristianesimo hanno potuto evitare tutti gli obbrobri delle guerre, delle sopraffazioni, dei ricchi sempre più ricchi e dei poveri sempre più poveri. «L’arte, forse soprattutto la poesia e la musica, offrono documentazione vincente».[2] Tutti dovrebbero essere poeti, musicisti, cantanti, “pastori dell’essere”, rivelatori del vero che si nasconde. Si rivela e si nasconde di nuovo.[3] L’uomo ha una “casa” dove può abitare, ma spesso non sa dove sia, preferisce le periferie, l’opaco, l’incerto o la presunzione di decifrare tutto con la sua povertà, col rischio di ritrovarsi in catene, le solite odiate ma rassicuranti catene-ideologie.


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 133
[2] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 132
[3] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 144

 
3.        Primo lancio: La scelta

Tra qualche ora sarò a casa, ma questa sospensione mi piace. Resterei per sempre in questa pace, anche se frammista ad altre emozioni. La realtà dell’esserci a volte è dura, si vorrebbe scappare. Cosa dire a quell’amico a cui hanno diagnosticato un cancro maligno? E a quel ragazzo che fin da quando aveva cinque anni ha ricevuto violenza su violenza ed ora vorrebbe sfuggire alla sua omosessualità, ma se la ritrova dentro ad ogni passo. “A volte – mi diceva – mi sembra d’impazzire”. Io non so che dire davanti a tanto dolore. Perché? So solo che un altro ha pronunciato gridando la stessa parola. Lì, in quel grido, ha preso in sé, tutti i dolori umani e li “ha riempiti” della sua presenza. Da quell’evento ogni dolore è suo: “Non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me”, lo aveva capito Paolo. Dio umanandosi assumeva la natura umana e dava valore e consistenza a quanto la sapienza umana non aveva mai pensato di potere e dare valore: il dolore. Ma capirlo è altro che viverlo, sentirlo negli altri è altro che portarselo dentro. Davanti al dolore, nonostante si potrebbero avere le “ragioni”, so fare solo silenzio o ridiscendere nella realtà e continuare ad essere prossimo, come posso, col poco che sono. Magari con una canzone. 
Scegliere tra il bene e il male, tra il fare o non fare del bene, tra il vivere o farsi vivere dalla vita, tra l’impegno o il disinteresse. Un’opzione che dà senso all’esserci, che ti qualifica come cittadino del mondo, che ti dà dignità se scegli la vita e se scegli di morire, diventi oggetto della tua propria disperazione. Essere equivale a relazione, esistiamo se siamo in relazione attiva, costruttiva. Direi che essa è “fondativa” per l’esistenza. Purtroppo oggi va di moda la “deradicizzazione”, ossia il vivere senza radici. Le mete sono follie o effimere rappresentazioni di palchi multimediali da sogno. Avere radici significa disporsi ad essere “linfati” dalla storia, che insegna. Significa radicarsi nel presente, che è il frutto del retaggio del vissuto e dei progetti futuri. C’è un presente dove consumare tutto e subito, ma è falso. Bisognerebbe dirlo alle nuove generazioni. Non si può vivere senza progetto consumando tutto qui ed ora. L’exstasi, la droga dell’attimo fuggente è il volto sconsolante di certe ideologie di morte che oggi purtroppo sono amplificate anche dai media.


 
4.             Primo ritornello: Il sogno
«L’uomo ha sempre sperato di dare un nome e un volto alla propria utopia».[1] Da quassù tutto sembra più semplice, anche morire. Un vuoto d’aria, un po’ di turbolenza…potrebbe accadere l’irreparabile. Ecco l’oltre che riaffiora. Sono pronto? Quante cose si lasciano giù, che non sono state finite, completate!
Vorrei un orizzonte nuovo a cui fare riferimento. Non mi basta sperare solo per me, chiedere solo per i miei progetti. Non posso far finta che gli altri non esistono. Non sono solo su quest’aereo, come non sono solo sul mondo. Si scopre che c’è un rapporto con l’altro da “restaurare”.[2] Non si può più vivere facendo finta che l’altro non esiste. «L’uomo che rischia la vita e la spende per una causa giusta paga nel tempo un prezzo che riscatta la sua vita oltre il tempo».[3] Bisogna radicarsi nella vita, cercando di non sciuparla. Una scelta  totalitaria può darle senso. Il “presagito” si mostra e nasce il “sì”. «E’ di fronte al richiamo misterioso di Dio che l’uomo legge la propria responsabilità, presagisce una consegna ed elabora una risposta».[4] La risposta coincide col sogno di Dio: renderci simili a Lui. Se il nostro sogno coinciderà con quello di Dio, pace è fatta in noi e tra noi. E’ utopia?


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 205
[2] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana  227-228
[3] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 229-230
[4] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 228

 
5.             Terza strofa: Ali di gabbiano
«L’uomo trova nel richiamo di Dio il suo spazio di libera e gratuita adesione. Dio rivela nella libera risposta dell’uomo il suo autentico volto di creatore che fonda e sollecita l’esistenza senza incupirla nelle maglie di un disegno prestabilito e obbligante».[1] Bisogna essere davvero liberi, per poter incontrare Dio. Ma chi lo è mai totalmente? Sono sprazzi di luce, attimi. Eppure la vita cambia. Guardo indietro e mi ritrovo in una fabbrica a rotolare stoffe sintetiche, a scaricare camion, a lavorare sodo fino a dieci a volte dodici ore al giorno. A sera la stanchezza era tale che quando facevamo le prove col gruppo di amici, coi quali suonavo per divertimento, mi addormentavo nonostante il rumore, nonostante che avessi tra le mani la chitarra. Il futuro sembrava non avesse altro da offrirmi. Poi le domande: ma ci sei? Esisti davvero? Perché ti nascondi? Dispostomi all’ascolto ne ho sentito la presenza. Da ateo disinteressato a tutto il mondo religioso, mi si è dischiusa addirittura la possibilità della  consacrazione.
Ma quante volte ho perso il senso! Posso dire con lucidità che i momenti di luce, quando ci sono, sono pieni, carichi di entusiasmo, il cuore  brucia. A volte risorgono ombre, il ci sei, non è mai così chiaro e la fedeltà richiede lo sforzo eroico di chi vuol esserci per amore e solo.


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 233


 
6. Secondo lancio: La prova

Anche questo viaggio sembra una prova. Come lo è il viaggio della vita. Ogni giorno diventa una sfida. Non ci si può tirare indietro, bisogna accettare la lotta. A volte sembra proprio che ti manca il respiro. Bisogna proprio ricominciare “come l’alba”, come dice una vecchia canzone. I muscoli non saranno mai abbastanza pronti. L’allenatore mette alla prova il suo atleta e così lo allena per le gare. La preparazione sarà proporzionata agli sforzi per migliorare sempre più ed essere pronti, finalmente al giorno della gara. L’atleta avrà pure le sue doti, ma queste vanno migliorate, mai date per scontate. Oggi che dal presente si vuole tutto e subito, un Dio che mette alla prova sembra fuori luogo.[1] Le sue promesse riguardano solo il futuro?
“Il Centuplo quaggiù…”, ne sono testimone. E’ vero. Da operaio a sacerdote, da sacerdote a studente in Scienze delle Comunicazioni Sociali… Cos’altro mi riserverà? Certo non si può star dietro a Dio, per riceverne il contraccambio. Mi è stato insegnato che Dio si deve amare per amore. Anche qui l’esserci è più complicato del pensare, meditare… Implica sacrificio, impegno, martirio e tutto ciò confluisce nella grande responsabilità delle proprie scelte e della propria dignità. Bisogna fidarsi, sapendo che si rischia.[2] «Eppure Dio chiama da una lontananza inaccessibile: si manifesta in quanto ottiene fiducia piena».[3] «La prova, soprattutto quando è fiducia che riconsegna a Dio la totalità dell’esistenza, è gesto che appartiene in proprio all’uomo: un evento nuovo nella creazione, in cui Dio è celebrato in piena gratuità».[4]


[1] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 235-236
[2] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 242
[3]  TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 242
[4]  TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 245


7.                 Secondo ritornello e finale: La speranza
L’aereo è in discesa, il mare azzurro ormai è in lontananza e le nuvole sopra di noi. Ciò che sembrava lontano, si avvicina sempre più: la realtà. I piedi ritorneranno per terra, ma il sogno di Dio non può essere disatteso. La tensione ridiventa normalità il tran tran riprende. Dentro la testa mi invade un motivo, è la classica sensazione che mi preannuncia un’altra canzone da mettere fuori, da dare all’esistenza. “Nanananana… ­nananana. C’è silenzio oltre le nuvole dove ha più senso l’anima e lo spirito va aldilà sopra ogni piccolo particolare…”. Sì, potrebbe funzionare. Arrivato a casa prendo la chitarra e le prime note FA7+, LAm7… Che gioia, quando mi accorgo d’aver imboccato la via giusta. Che goduria canticchiare la canzone completata! E che dolori quando invece provi e provi e non esce quello che hai dentro! Ma stavolta sembra proprio un dono di Dio, nasce piano, piano, come un piccolo miracolo. Fino a che è dentro non puoi vederla, ma quando è fuori diventa qualcosa che prima ti appartiene e poi quando ormai è su cd diventa di tutti (menomale che c’è il diritto d’autore). Mi succede anche che all’inizio, riprovo le emozioni che l’hanno suscitata, nitidamente, ma dopo qualche tempo diminuiscono, ma in chi ascolta si ripresentano, magari in modo nuovo, che mi stupisce. Anzi c’è chi ci vede e sente altro, andando anche oltre quello che io magari avevo percepito. Questa continua novità non è “presagio di trascendenza”? Una canzone può diventare finestra, ponte, specchio, speranza? Finestra che si apre al cielo e permette al Cielo di entrare nel nostro. Ponte, perché aggancia chi ascolta e lo porta sulle ali della fantasia e dell’emotività, sulle maglie dell’esistenza, riletta in chiave meno drammatica: poetica e musicale. Specchio, perché chiunque può trovare se stesso, le sue emozioni, o provarne altre nell’ascolto attento e meditato. Speranza, perché vi si dischiude un mondo magari occultato altrove, dall’eccesso di razionalità, dalla durezza della vita, dalle mille incomprensioni. «L’esistenza è solcata da bagliori improvvisi e proiettata in anticipazioni subitanee che affiorano gratuite ed imprevedibili».[1] Così sono le canzoni, improvvise ed imprevedibili, cariche di  novità perché cariche di speranza, che

è la più recondita risorsa dell’esistenza e del suo dinamismo. Non evade ma riempie il presente: non soffoca ma interpreta il richiamo; non si disperde tra le cose, ma accoglie e custodisce nella varietà frammentata delle situazioni, nella dispersione della quotidianità, la nostalgia dell’unità e della pienezza.[2]

 Bisogna stare attenti a cogliere l’attimo dei bagliori e che non sia mai troppo tardi. Dove? Nel presente. «Il presente è il luogo del presagio e dell’attesa; dell’elaborazione della risposta, ma il presente è anche carico di evento: è il luogo del risveglio e del progetto»[3].
Eccola dunque è nata. Ora si può ascoltare…


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 250
[2] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 250
[3] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 250

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio