mercoledì 7 dicembre 2016

Non andar via da me

Edizioni Paoline 1999
Anche questa canzone è presente nel CD Buonenuove edito dalle Paoline 1999 (https://itunes.apple.com/it/artist/mimmo-iervolino/id502959007). Ѐ una canzone a cui tengo molto perché col suo arrangiamento di sole chitarre, basso e un pò di batteria, si da risalto al testo che è molto profondo. Cambia tonalità nella seconda parte e fui costretto a cambiare delle note nel secondo ritornello perché proprio non ci arrivavo.
Le chitarre sono suonate da Tony Bungaro (cantante italiano affermato che curò diversi arrangiamenti di "Buonenuove"... nel 1997 era quasi signor nessuno, poi divenne famoso e mi lasciò a piedi). Col senno di poi credo che quella variazione dette alla canzone anche una piccola novità melodica. Anche se l'ho pubblicata nel 1999, l'ho scritta qualche anno prima intorno al 1994 a qualche anno dalla mia Ordinazione sacerdotale, quando il mondo, che volevo "convertire" dopo la preparazione in seminario, risultò essere molto più complicato del previsto costandomi sofferenze magari preventivate, ma di cui sono divenato cosciente quando le ho sofferte. Se non avessi avuto la Spiritualità dell'Unità, di Chiara Lubich, chissà che non mi sarei trovato in altri lidi...
Per grazia ricevuta dunque, questa canzone l'ho scritta proprio in un momento "no". Quasi una risposta a quel "perché?" gridato da Gesù sulla croce, e gridato da me in quel periodo nero. Ascoltiamola...



Approfondiamo il testo

Prima strofa

Sei solo Tu, l’unico mio bene.
E non mi lascerai, e non ti lascerò:
Ti amo, unico respiro che ho.


In questa prima strofa, faccio riferimento al Salmo 16, 2: "Ho detto a Dio: «Tu sei il mio Signore;
non ho bene alcuno all'infuori di te»". Basterebbe starsene in silenzio e meditarla questa frase per capirne la profondità. Ѐ una dichiarazione d'amore immensa.
I "Ti amo" nelle canzoni popolari e radiofoniche, quelle secolari per intenderci, sono piene di questa frase, ma non so se qualcuno ha osato prima di me dirla in una canzone dedicata al Signore.
Quando si è sulla croce di una bella prova fisica o spirituale, la fedeltà a Dio arranca, ma è proprio lì che la nostra fede viene smussata e irrobustita. "Non chi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà di Dio" (Mt 7, 21), e certe volte sono dolorosissime, cadiamo nei pantani del nemico con le nostre stesse mani, altre volte è Dio che permette la prova per farci avanzare nel cammino verso di Lui. Nell'uno e nell'altro caso, ci vengono date occasioni per chiedere aiuto e le grazie per affrontare le situazioni più diparate.
Sì credo proprio che la frase "unico respiro che ho" è davvero bella e dice tutto. La Vita viene dal Signore Gesù e Lui sta diventando sempre più l'unico mio respiro. Sento con forza dentro di me, questo amore immenso di Dio e quanto piccolo sia, il mio amore per Lui. Quante volte penso al giorno che dovrò comparirgli davanti! Come farò vedendo tutta la mia povertà? Sto chiedendo da tempo di farmi "odiare il male" (Amos 5, 15), e di farmi discernere sempre ciò che è male, per non offenderlo mai più. Ѐ una ginnastica senza fine dalla mattina alla sera. Daltronde se ami qualcuno vorresti solo il suo bene. In realtà volendo Bene a Dio siamo noi che ne riceviamo "Grazia su Grazia" (Gv 1, 16).

Seconda strofa

Sei solo Tu, l’unico mio dono.
E fino a darmi io e fino a dar di più:
ti amo, unico mio tutto per me.

Riconoscere i doni di Dio e distinguerli dal donatore che diventa DONO dei doni, è saggezza così dice Sant'Agostino nelle "Confessioni":
"Dunque è buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene, e io esulto in suo onore per tutti i beni di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza. Il mio peccato era di non cercare in lui, ma nelle sue creature, ossia in me stesso e negli altri, i diletti, i primati, le verità, così precipitando nei dolori, nelle umiliazioni, negli errori. A te grazie, dolcezza mia e onore mio e fiducia mia, Dio mio, a te grazie dei tuoi doni. Tu però conservameli, così conserverai me pure, e tutto ciò che mi hai donato crescerà e si perfezionerà, e io medesimo sussisterò con te, poiché tu mi hai dato di sussistere (1, 20, 31)."
Ed ancora:
"Come rimunerare il Signore del fatto che la mia memoria rievoca simili azioni e la mia anima non ne è turbata? Io ti amerò, Signore, ti renderò grazie e confesserò il tuo nome, poiché mi hai perdonato malvagità e delitti così grandi. Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non ho commesso. Cosa non avrei potuto fare, se amai persino il delitto in se stesso? Eppure tutti questi peccati: e quelli che di mia spontanea volontà commisi, e quelli che sotto la tua guida evitai, mi furono rimessi, lo confesso (2, 7, 15). (fonte: http://www.augustinus.it/varie/preghiere/preghiere_conf_1.htm). 

Se il mio Dio si è donato e si dona totalmente, cosa dovrei fare io se non donarmi a mia volta?


Primo ritornello

Senza pace sono i giorni miei
ora che mi fermo qui.
Ti stringo in quest’ultima preghiera.
Amore mio, Amore mio.
 Non andar via via da me.

 Ebbene sì, arrivano le "notti oscure", ma bisogna sapere cosa sono e come sono necessarie alla crescita spirituale. San Giovanni della Croce ha scritto un trattato: "Salita al Monte Carmelo" dove descrive in lungo e in largo la necessità di attraversare le notti per arrivare all'unione con Dio. Così scrive:
"Possiamo chiamare notte questo passaggio dell’anima verso l’unione con Dio per tre motivi.
Il primo è desunto dal punto di partenza dell’anima, perché essa deve privarsi del godimento di tutte le cose temporali che possedeva, rinunciando ad esse. Tale rinuncia o privazione costituisce una vera e propria notte per tutte le passioni e i sensi dell’uomo.
Il secondo è dato dal mezzo che s’impiega o dal cammino attraverso cui l’anima deve passare per giungere all’unione divina, cioè la fede, che è oscura all’intelligenza come la notte.
Il terzo deriva dalla meta verso cui si tende, cioè Dio, che è certamente notte oscura per l’anima in questa vita. Queste tre notti devono passare attraverso l’anima o, per meglio dire, l’anima deve attraversare queste notti per attingere l’unione con Dio."

Nessun cammino spirituale è semplice, ma neanche complicato, occorre la voglia di camminare, la volontà sempre più ferrea di restare, rimanere fedeli a Dio anche quando le notti sopraggiungono. Nella canzone, proprio qui nel ritornello, parlo del dolore che lascia l'assenza di Dio nell'anima. Ci si può smarrire, o continuare a lottare. Che forza occorre per non soccombere! Questa si attinge nella preghiera costante, e nell'amore puro che tutto dona e niente pretende. Chi rimane fedele nella prova è segno che sta amando di amore puro. Non ama per ricevere doni, ma ama l'amato, perché esso è l'AMORE. La preghiera diventa grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato» e con quanto resta in gola si potrà solo sussurrare: "Non andar via da me".

Terza strofa

Sei solo Tu, l’unico mio Cielo.
E non mi perderai e non ti perderò:
Ti amo, unico mio Dio che ho.

Ѐ vero anche questo, che l'unico Cielo in cui spaziare con la mente, i desideri e con tutto quello che si è, deve essere Dio «in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Atti 17, 28). Quando si raggiunge questa totalità allora Dio viene ad abitare in te: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Così spiega Chiara Lubich in un commento a Gv 14, 23:

"La sua presenza dunque si può realizzare fin d’ora nei cristiani ed in mezzo alla comunità; non occorre aspettare il futuro. Il tempio che la accoglie non è tanto quello fatto di muri, ma il cuore stesso del cristiano, che diventa così il nuovo tabernacolo, la viva dimora della Trinità.
Ma come può il cristiano arrivare a tanto? Come portare in sé Dio stesso? Quale la via per entrare in questa profonda comunione con lui?
E’ l’amore verso Gesù.
Un amore che non è mero sentimentalismo, ma si traduce in vita concreta e, precisamente, nell’osservare la sua Parola.
E’ a quest’amore del cristiano, verificato dai fatti, che Dio risponde col suo amore: la Trinità viene ad abitare in lui.
«… osserverà la mia parola».
E quali sono le parole che il cristiano è chiamato ad osservare?
Nel Vangelo di Giovanni, “le mie parole” sono spesso sinonimo di “i miei comandamenti”. Il cristiano è dunque chiamato ad osservare i comandamenti di Gesù. Essi però non vanno tanto intesi come un catalogo di leggi. Occorre piuttosto vederli tutti sintetizzati in quello che Gesù ha illustrato con la lavanda dei piedi: il comandamento dell’amore reciproco. Dio comanda ad ogni cristiano di amare l’altro fino al dono completo di sé, come Gesù ha insegnato ed ha fatto.
E come allora vivere bene questa Parola? Come arrivare al punto in cui il Padre stesso ci amerà e la Trinità prenderà dimora in noi?
Attuando con tutto il nostro cuore, con radicalità e perseveranza appunto l’amore reciproco fra noi.
In questo, principalmente, il cristiano trova anche la via di quella profonda ascetica cristiana che il Crocifisso esige da lui. E’ lì, infatti, nell’amore reciproco, che fioriscono nel suo cuore le varie virtù ed è lì che può corrispondere alla chiamata della propria santificazione.
(Chiara Lubich)

(fonte: http://www.focolarisardegna.it/do/archives/1480).

Dunque dire "Ti Amo", diventa sinonimo di "voglio fare la tua volontà", "voglio mettere in pratica le tue Parole", "voglio amre il prossimo fino a far nascere in lui il desiderio della reciprocità". In questo modo si vivrà "come in Cielo così in terra". Sarebbe Paradiso già qui, anticipazione di quello lassù.


Quarta strofa

Sei solo Tu, l’unico mio cuore.
E fino a viverti e fino ai brividi:
ti amo, nel tuo assurdo grido, sei me.

C'è una fra se di Agostino,  suona così:  

“Sotto il lavorio della tua mano delicatissima e pazientissima, Signore, ora il mio cuore lentamente prendeva forma”.

E quale forma prenderà il cuore se non quella del cuore di Gesù? In una mia canzone inedita dico:
"Ti amerò così, ti amerò così semplicemente, cuore nel mio cuore anche nelle tenebre, ti amerò così ridirò il mio sì teneramente, cuore nel mio cuore dentro l'anima..."
Dunque se desidero avere lo stesso cuore di Gesù, sarà Lui l'unico mio cuore. Ma il pio desiderio si scontra subito con la dura realtà: "Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce e mi segua". Non ci sono altre vie per somigliare al Maestro: la via è la croce. E chi potrà mai amare il dolore? Eppure i grandi mistici non hanno lesinato donare la propria vita e tutta la sofferenza, che attraverso essi sanava, convertiva, redimeva anime di ogni luogo... e di ogni tempo. Ho letto che una mistica: Madre Mariana Torres Berriochoa, ricevette da Maria delle profezie sui nostri tempi e che si stanno realizzando (http://www.corrispondenzaromana.it/le-profezie-di-nostra-signora-del-buon-successo/). Per sette volte apparve alla suora fra il 1588 e il 1634 chiedendo di pregare per quelli del XX secolo, un secolo sciagurato. L'Amore di Dio preveniente, parte sempre da molto lontano e Maria in questi anni bui della fede è presentissima. Basta pensare alle apparizioni di Medjugorje.
I mistici, dunque,  sono anime elette che portano con Gesù il peso della croce della redenzione. Ogni cristiano dovrebbe portare un pezzetto della croce, ma tante volte non sappiamo fare neanche i sacrifici più piccoli. Menomale che da qualche parte c'è sempre un'anima eletta, detta anche "vittima" che soffre per tutta l'umanità. Suor Faustina Kovalska nel suo diario scrisse che quando non ci saranno più anime elette chiamate al martirio, la fine del mondo sarà alla porta.
Quando si sa abbracciare la croce con Gesù, in Gesù e per Gesù, "non siamo più noi a vivere, ma Lui in noi". Ecco perché in questa strofa dico: "nel tuo assurdo grido sei me" e si potrebbe anche dire, quando sarò crocifisso alla mia croce, io sarò Te.

Secondo ritornello

Riprende fiato questa vita mia,
ora che mi perdo in Te,
mentre ti sto parlando viso a viso.
Amore mio, amore mio, non andar via... da me

Proprio così, se ci abbandoniamo alle cure patere di Dio, anche quando la sofferenza sarà insopportabile, avremo una grazia in più che ci farà riprendere fiato. Avviene fra l'anima e Dio lo sposalizio mistico. Un articolo di Aléteia spiega con semplicità in cosa consiste:
"Lo sposalizio mistico (o matrimonio spirituale) è il più alto grado di unione con Dio che una persona può sperimentare su questa terra. Questo dono è chiamato “sposalizio” perché l’anima è unita a Dio come si amano lo sposo e la sposa. La specificazione “mistico” indica che si tratta di un’immagine, di un simbolo, un modo umano di esprimersi. Santa Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia, ebbe questa grazia straordinaria, insieme a tante altre. Nel suo Diario scrisse che ciò che conta è l’amore che ci unisce al Signore: “Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell’anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio”."
(fonte: http://it.aleteia.org/2014/07/11/che-cose-lo-sposalizio-mistico-con-gesu-cristo/).

Questa canzone così semplice, ma profondissima, dice tutte queste cose. Si potrebbe fare con essa un intero corso di esercizi spirituali. Non lo chiedete a me però... non sono all'altezza del compito... Io al massimo posso cantare le mie canzoni.

... Alla prossima canzone per dare e cantare Dio.


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