venerdì 24 febbraio 2017

Che occhi erano

Dal Cd " Vegliando le stelle". Una canzone che scrissi per il grande Papa Giovanni Paolo II. Lui è stato il prescelto per preparare l'umanità agli ultimi tempi così scriveva suor Faustina nel suo diario:

“Una volta che pregavo per la Polonia, udii queste parole: « Amo la Polonia in modo particolare e, se ubbidirà al Mio volere, l’innalzerò in potenza e santità. Da essa uscirà la scintilla che preparerà il mondo alla Mia ultima venuta »” (Diario Santa Faustina Kowalska – maggio 1938 – Q. VI, n.1732) (fonte: https://oracolocooperatoresveritatis.wordpress.com/2015/04/03/santa-faustina-kowalska-le-profezie-dimenticate/)

Dunque, se lo è scelto proprio Gesù, daltronde la sua elezione fu una grande novità. Fu il primo Papa straniero, dopo secoli in cui venivano sempre scelti italiani. 
(Papa dal 22/10/1978 al 02/04/2005 ).
"Nato a Wadovice, in Polonia, è il primo papa slavo e il primo Papa non italiano dai tempi di Adriano VI. Nel suo discorso di apertura del pontificato ha ribadito di voler portare avanti l'eredità del Concilio Vaticano II. Il 13 maggio 1981, in Piazza San Pietro, anniversario della prima apparizione della Madonna di Fatima, fu ferito gravemente con un colpo di pistola dal turco Alì Agca. Al centro del suo annuncio il Vangelo, senza sconti. Molto importanti sono le sue encicliche, tra le quali sono da ricordare la "Redemptor hominis", la "Dives in misericordia", la "Laborem exercens", la "Veritatis splendor" e l'"Evangelium vitae". Dialogo interreligioso ed ecumenico, difesa della pace, e della dignità dell'uomo sono impegni quotidiani del suo ministero apostolico e pastorale. Dai suoi numerosi viaggi nei cinque continenti emerge la sua passione per il Vangelo e per la libertà dei popoli. Ovunque messaggi, liturgie imponenti, gesti indimenticabili: dall'incontro di Assisi con i leader religiosi di tutto il mondo alla preghiere al Muro del pianto di Gerusalemme. Così Karol Wojtyla traghetta l'umanità nel terzo millennio. La sua beatificazione ha luogo a Roma il 1° maggio 2011."

"Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esorta-zioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. A Papa Giovanni Paolo II si ascrivono anche 5 libri: "Varcare la soglia della speranza" (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (novembre 1996); "Trittico romano", meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); "Alzatevi, andiamo!" (maggio 2004) e "Memoria e Identità" (febbraio 2005)."

"Nessun Papa ha incontrato tante persone come Giovanni Paolo II: alle Udienze Generali del mercoledì (oltre 1160) hanno partecipato più di 17 milioni e 600mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose (più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000), nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo; numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri". 

Quando morì, dovevo andare a fare un concerto, ma decidemmo di non farlo, davvero mi sentivo di nuovo orfano. 
Devo dire che con i Papi successivi non è stata la stessa cosa. 
Sono entrato in semianario a settembre 1986, ed a settembre dell'87 partecipai ad un convegno per seminaristi simpatizzanti del Movimento dei Focolari, a Castelgandolfo e lì il Papa volle accoglierci, nel cortile per nazionalità, venivamo infatti dai 5 continenti. E di quell'evento eccovi la foto. Si la mano di San Giovanni Paolo II è sulla mia testa. Quella mano me la sento ancora.
Da un anno in seminario avevo fatto una bellissima esperienza con altri seminaristi che non sapevo fossero "focolarini". Il loro modo di volersi bene e di tenere in alto la Parola di Dio e di condividere, mi piaceva molto. Venivo da una fabbrica e trovare il calore di una vita condivisa, per me era il top. Purtroppo con l'alternarsi dei rettori non fu più la stessa cosa e questa vita me la sono dovuta tenere stretta e difenderla da tutti gli attacchi possibili e immaginabili. Facessero la stessa lotta alle vere malattie del clero, non staremmo nella situazione attuale.
...ascoltiamo la canzone che è meglio...



Dal CD Vegliando le stelle: "Che occhi erano"

Entriamo nel testo...

Prima strofa

Occhi chiari, mare calmo,
alla sera della vita
sei rimasto dentro al cuore
e dentro l’anima.


Mi ha colpito ultimamente un articolo su Aleteia: "Le persone che credono hanno una luce negli occhi. Le Piccole sorelle dell'Agnello condividono la saggezza dei poveri". Qui si legge:
Mentre stavamo andando alla Rambla a prendere dei fiori per la festa della Madonna, abbiamo incontrato Claudio, uno dei nostri amici di strada, che ci ha detto: “Come sono felice di vedervi. Mi piace parlare con persone che credono. Quando si ha la fede, si ha tutto!”.
“Guardate tutte queste persone che passano”, dice guardandosi intorno, in un momento di silenzio. “Sono tristi, non cercano nulla, non desiderano Dio. Camminano come dei ciechi. Le persone che credono portano una luce negli occhi”.
“Io sono un peccatore, ma mi piace pregare il Padre Nostro. Perché chi recita questa preghiera diventa puro. Poi torno ad essere un peccatore, ma mentre la recito sono purificato. Venite, preghiamo insieme adesso: voi la recitate, e io ripeto ogni frase dopo di voi“.
E in mezzo a fiumi di persone che attraversano la Rambla, abbiamo iniziato a pregare il Padre Nostro. È una preghiera che ha il potere di guarire, di purificare e di trasformare i cuori, “ricoprendo con la Sua infinita misericordia la miseria del nostro peccato”. Rimetti a noi i nostri debiti … e liberaci dal male". (fonte: http://it.aleteia.org/2017/02/02/persone-credono-luce-occhi/)

San Giovanni Paolo II aveva questa luce negli occhi. Io me ne beavo. I primi piani delle televisioni mostravano questa sua bellissima qualità. Occhi belli, chiari, profondi, ma soprattutto mostranti Dio. E alla "sera della vita", ne traboccavano. E' stato un faro che ancora illumina.

Seconda strofa

Occhi chiari, mare dentro,
con la tua bella presenza,
rischiaravi mille lacrime,
mille e più speranze.


Parole dolci per gli ultimi, i poveri, i dimenticati, ma parole roventi per corrotti e corruttori. Chi non ricorda il discorso contro i mafiosi nella paina di Agrigento il 9 maggio 1993? Magari tanti di essi erano proprio tra le prime fila a prendere in giro il Santo...


Il Ritornello

Occhi chiari, e profondi,
occhi trasparenti il Cielo,
del Dio che muore per amore
perdonando.
Occhi chiari, e profondi,
occhi trasparenti il Cielo,
di quella Madre a cui dicevi: “tutto tuo”,
Che occhi erano? Erano specchi
Che occhi erano? Erano finestre
Che occhi erano?Erano ponti.


La sua vita certamente in salita, dopo l'attentato del 1981. Ha dovuto abbracciare croci non indifferenti, nel suo corpo e nella Chiesa. Un paragrafo della sua biografia su wikipedia elenca tutti i problemi di salute:

Essendo il più giovane papa eletto dai tempi di papa Pio IX (1846), Giovanni Paolo II iniziò il suo pontificato in ottima salute. Era un uomo relativamente giovane che, diversamente dai suoi predecessori, faceva abitualmente escursioni, nuotava e sciava. Tuttavia, dopo oltre quindici anni sul seggio papale, un attentato ed un gran numero di traumi fisici, la sua salute cominciò a declinare. Nell'estate del 1992 gli fu rimosso un tumore benigno al colon, nel 1993 si slogò una spalla scivolando al termine di un'udienza e nel 1994 si ruppe il femore destro a seguito di una caduta nel bagno del suo appartamento privato.
Fu sottoposto per questo, il 29 aprile 1994, ad un intervento di artroprotesi all'anca, il quale gli permise di tornare a camminare seppur con l'uso del bastone. Nel corso della benedizione natalizia del 1995 fu costretto ad interrompere il suo discorso per un malore. La stampa allora parlò di una recidiva del tumore asportatogli tre anni prima, ma solo dopo si seppe che, come confermato dal suo medico personale dott. Renato Buzzonetti si trattava di un attacco di appendicite acuta, il quale venne curato efficacemente attraverso una terapia medica fino all'intervento programmato di appendicectomia al quale il papa fu sottoposto nell'ottobre del 1996.
Il papa inoltre si ammalò di Parkinson. I primi sintomi, sempre secondo il dott. Buzzonetti in un'intervista a L'Osservatore Romano, apparvero alla fine del 1991 con un lieve tremore della mano sinistra, progredendo nel tempo e rendendo sempre più difficoltosi i movimenti e la pronuncia delle parole[34]. Con l'avanzare dell'età fecero comparsa anche problemi osteoarticolari, tra cui un'artrosi acuta al ginocchio destro, che, a partire dal 2002, rese sempre più difficoltoso per il papa il camminare e lo stare in piedi a lungo. Fu costretto per questo a utilizzare prima una pedana mobile e poi una sedia a rotelle. Nonostante questi disagi, continuò a girare il mondo. Disse di accettare la volontà di Dio che lo faceva papa e così rimase determinato a mantenere la carica fino alla morte, o finché non sarebbe diventato mentalmente inabile in maniera irreversibile. Coloro che lo hanno incontrato dicono che, sebbene provato fisicamente, sia sempre stato perfettamente lucido[35][36].
Nel settembre 2003, il cardinale Joseph Ratzinger, spesso considerato la «mano destra» di papa Wojtyła[37], disse «dovremmo pregare per il Papa», sollevando serie preoccupazioni circa lo stato di salute del pontefice.
(fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Giovanni_Paolo_II#I_problemi_di_salute)

Così scrisse nella lettera apostolica "SALVIFICI DOLORIS" datata 11 febbraio 1984: (...)
31. Questo è il senso veramente soprannaturale ed insieme umano della sofferenza. E'soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente umano, perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione.
La sofferenza certamente appartiene al mistero dell'uomo. Forse essa non è avvolta quanto lui da questo mistero, che è particolarmente impenetrabile. Il Concilio Vaticano II ha espresso questa verità che « in realtà, solamente nel mistero del Verbo Incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Infatti..., Cristo che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione »(100). Se queste parole si riferiscono a tutto ciò che riguarda il mistero dell'uomo, allora certamente si riferiscono in modo particolarissimo all'umana sofferenza. Proprio in questo punto lo « svelare l'uomo all'uomo e fargli nota la sua altissima vocazione » è particolarmente indispensabile. Succede anche — come prova l'esperienza — che ciò sia particolarmente drammatico. Quando però si compie fino in fondo e diventa luce della vita umana, ciò è anche particolarmente beato. « Per Cristo e in Cristo si illumina l'enigma del dolore e della morte ».

Nella canzone parlo ancora degli occhi di Giovanni Paolo II, che sono specchi, finestre, ponti. Tre elementi che servono a comunicare tutto di sè. Sono specchi, perché chiunque può vedere se stesso, in quella umanità martoriata da mille croci; sono finestre, in quanto attraverso di esse si può scorgere l'umano e il divino che aveva dentro; sono ponti, perché sempre con tutto quello che è stato ha voluto lanciare ponti di comunione per unire e mai dividere.


 Terza strofa

Occhi veri mai distratti,
pieni solo di mistero
che rispondono a ogni dubbio
con la vita di chi crede.


La testimonianza data da San Giovanni Paolo II è straordianria. Il suo ministero lunghissimo di 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ed è stato il terzo pontificato più lungo della storia (dopo quello di Pio IX e quello tradizionalmente attribuito a Pietro apostolo). Alla storia ha consegnato un capitolo esageratamente ricco di opere di ogni tipo. La caduta del muro di Berlino si fa risalire a lui. La sua fede rispondeva ai dubbi di un mondo incredulo e sempre più brancolante nel buio. Le grandi menti volevano dei segni, come Padre Pio lo fu, anche Giovanni Paolo II lo è stato. Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, e non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. 

 Quarta strofa

Occhi veri mai illusi
che la croce sia di miele
ma dolore puro e crudo
che donato rende liberi


E ditemi se sia sceso dalla croce... Non l'ha forse abbracciata tutta e amata fino in fondo, pur di salvare qualcuno?  Certamente con i marpioni della curia romana sarà entrato in collisione tante volte, ma non poteva tenere tutto sotto controllo... Ma guardiamo al positivo. Le giornate mondiali dei giovani, sono nate da una sua grande intuizione. Io personalmente ho partecipato a quella di Parigi dell'agosto 1998, e a quella di Toronto di fine luglio 2002. Già a quella di Parigi, potei partecipare, come cantautore, ad una serata per gli italiani, in una zona che adesso non ricordo. A quella di Toronto, la cosa fu molto più grande. Prima che il Papa arrivasse, ci fu un concerto di cantanti internazionali ed ebbi la fortuna di parteciparvi. Avevo davanti a me 800.000 persone... Le note erano quelle di una mia canzone: Jesus on line. Quando a ottobre di quell'anno cominciai Scienze delle comunicazioni, alla Pontificia Univerisità Salesiana, un ragazzo sud americano collelga negli studi, appena mi vide mi riconobbe e mi disse: "Eri tu a Toronto che cantavi "Jesus on line"? Rimasi di stucco del fatto che uno degli 800.000 ragazzi, si ricordasse di me...


Ritornello

Occhi chiari, e profondi,
occhi trasparenti il Cielo,
del Dio che muore per amore
perdonando.
Occhi chiari, e profondi,
occhi trasparenti il Cielo,
di quella Madre a cui dicevi: “tutto tuo”,
Che occhi erano? Erano specchi
Che occhi erano? Erano finestre
Che occhi erano?Erano ponti.


Una cosa che molti non sanno dell'attentato al Papa del 13 maggio 1981, è che la mano di Agca (l'attentatore), fu deviato, dalla Madonna e da una suora mistica, suor Rita Montella. Antonio Socci, ha scritto una biografia a Giovanni Paolo II e una a Padre Pio. In quest'ultima parla di questo fatto straordinario. Riporto uno stralcio del libro

 Sistemando dei libri ho aperto un incartamento che neanche sapevo di avere e che conteneva la straordinaria vicenda di Cristina Montella, la "bambina" di padre Pio. Mi tuffo nella lettura, scopro un continente sconosciuto. E dopo qualche giorno mi metto alla ricerca di colui che ha raccolto tante testimonianze e documenti straordinari su di lei.
     Un caldo e luminoso giorno di agosto percorro in macchina verso sud la valle spoletana, che corre sotto Assisi. Sembra di essere in pellegrinaggio: sfioro Santa Maria degli Angeli con la grande basilica che contiene la Porziuncola, poi Rivotorto (una chiesina costruita sopra la stalla in cui Francesco visse alcuni mesi con i suoi compagni), quindi Spello, infine Trevi. E, dirigendomi verso Montefalco, nel mezzo della campagna trovo il santuario della Madonna della Stella.
     Vive quì il padre passionista Franco D'Anastasio, un raffinato biblista che è stato per anni rettore del santuario San Gabriele dell'Addolorata. Proprio sul santo e specialmente sulla sua "presenza carismatica" ha scritto una quantità di pregevoli opere che fanno di lui oggi il suo maggior biografo e storico. Uno dei suoi libri recenti è dedicato alle analogie fra San Gabriele e padre Pio.
     Ma negli ultimi anni padre D'Anastasio ha portato a termine una imponente ricerca storica, raccogliendo una montagna di documenti e testimonianze, sulla figura di suor Rita Montella (al secolo Cristina Montella), monaca agostiniana morta in fama di santità il 26 novembre 1992 nel monastero di clausura di Santa Croce sull'Arno, in Toscana. 
La vita di suor Rita, anzi soprattutto la sua vocazione, così piena di doni, di carismi superiori ( a cominciare dalla bilocazione), è intrecciata fin dall'inizio a quella di padre Pio e particolarmente alla sua "azione riparatrice". Il suo legame con il santo cappuccino è speciale, come vedremo, ed è documentato e testimoniato fra l'altro da padre Teofilo dal Pozzo - stimatissima e autorevole figura di francescano - che fu direttore spirituale di suor Rita e superiore della provincia cappuccina di Foggia, quindi superiore diretto e amico di padre Pio,
     Padre Teofilo fu un testimone diretto delle misteriose "missioni" congiunte di padre Pio e di suor Rita. E fu in modo rigoroso e profondo il primo a verificare i carismi e la santità di vita di suor Rita, insieme ad altri autorevoli religiosi e religiose. Padre D'Anastasio, raccogliendo tutte queste testimonianze, ha potuto però attingere anche alla sua conoscenza personale della suora da cui, nel corso degli anni, ha appreso informazioni importanti. Una delle quali davvero sconvolgente, riguarda l'attentato a Giovanni Paolo II di cui per altro suor Rita era coetanea.
     Suor Rita, subito dopo il 1981, in un colloquio confidò a padre Franco - facendogli promettere di tenere il segreto almeno fino alla morte di lei - di essere stata presente in bilocazione in piazza San Pietro quel 13 maggio 1981. Ma c'è di più : "Assieme alla Madonna deviai il colpo dell'attentatore del papa". Queste le sue testuali parole.
     Si tratta di una rivelazione che ovviamente lascia sconcertati, che può essere presa in esame solo considerando l'assoluta affidabilità di questa religiosa, la sua vita santa e i doni soprannaturali che ebbe e che sono testimoniati da persone del tutto degne di fiducia a cominciare da ciò che di lei attestò san Pio da Pietrelcina il quale, come vedremo, proprio con suor Rita ha compiuto alcune delle sue imprese straordinarie.
          (...) A questo sconcertante segreto peraltro si aggiunge un'altra breve frasetta che suor Rita si lasciò sfuggire - in una diversa circostanza in modo indipendente - alla signora Gabriella Panzani, da tanti anni amica della religiosa. Dunque suor Rita un giorno, mentre si parlava dell'attentato al papa, disse: "Quanto ho dovuto faticare perchè non avvenisse di peggio". 

(http://suorritamontella.com/Attentato_al_papa.htm; da Antonio Socci, Il segreto di Padre Pio, Rizzoli 2007, pp. 9-20)

Forse solo quando andremo di là conosceremo tutti i misteriosi legami che i Santi avevano già da quaggiù...

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio... 

lunedì 13 febbraio 2017

Insieme a te

Dal CD Buone Nuove edito dalle Suore Paoline nel 1999. Ebbene sì questa canzone l'ho cantata all'Ariston di Sanremo verso la fine di Novembre 1999. La diocesi di Ventimiglia Sanremo organizzò l'evento dal titolo: Sanremo, dal Concilio al Giubileo del 2000: la canzone di Dio.
La canzone piacque molto a don Giosy Cento e a Piergiorgio Bussani, organizzatori dell'evento per la diocesi di Ventimiglia-Sanremo, e vollero che la cantassi accompagnato dal mio gruppo storico... Arrivammo lì volevamo bruciare il mondo con la nostra christian music... Intanto avevo mia mamma in ospedale morente e non riuscii a godermi il tutto come si deve. Quando hai una spina nel cuore, tutto passa in secondo piano anche il palco di Sanremo...
Avrei voluto farvi vedere la performance di Sanremo, mandata in onda da Telepace, ma ce l'ho su videoscassetta... accontentatevi di questo video che alla fine ha la foto mentre canto all'Ariston di Sanremo insieme ai Bioritmo...


Un'altra curiosità di questa canzone, è che mi fu chiesta dal mio Vescovo mons. Umberto Tramma, e doveva essere l'inno del Sinodo Diocesano, che verso la fine degli anni novanta, si sarebbe dovuto realizzare. Il Vescovo andò via, il sinodo non si realizzò e la canzone rimase nel cassetto finché non la pubblicai nel Cd Buonenuove.

Ma ora commentiamo il testo. 

Prime due strofe

Insieme a te, fratello mio, da soli non è più possibile,
andare altrove, né rimanere, fermarsi e spegnersi così.

Ma insieme a te e con Dio fra noi, la strada si fa piana, e il cuore,
crinale che non è impossibile tra il nulla e l’infinito.

Qualche giorno fa un mio amico è ritornato da un incontro con una decina di sacerdoti di diverse diocesi del nord est, in Friuli. Ha raccontato come lui vive alla scuola per sacerdoti di Loppiano (cittadella del Movimento dei Focolari che si trova vicino Firenze, dove si fa un'esperienza evangelica davvero intensa e importante sulla scia del Carisma di Chiara Lubich fondatrice del Movimento). Alla fine molti sacerdoti hanno detto, nella loro comunione d'anima, che davvero quello che manca è la fraternità vera, condivisa, vissuta. Insomma nei loro tre presbitèri loro notavano che ci fosse una "sete di fraternità autentica".
 Io, già da seminarista, prima di diventare diacono, chiesi al mio vescovo di poter frequentare quella scuola per circa sette masi, da ottobre '92 ad aprile '93. In sette mesi ho imparato quanto nei seminari non si studia, ossia una "spiritualità di comunione" che ti rende capace di tessere relazioni autentiche e, capire finalmente che la Trinità si studia vivendola e vivendola la si capisce. Il "come in cielo così in terra" del Padre Nostro, alla scuola "Vinea Mea" per sacerdoti a Loppiano, si realizzava giorno per giorno, imparando dalla Parola vissuta, da Gesù che si fa presente dove due o più si amano vicendevolmente. Posso dire col senno di poi che queste prime strofe potrebbero essere la sintesi di quanto ho vissuto alla scuola per sacerdoti di Loppiano. Innanzitutto mi sono reso conto che da soli non si va molto lontano, e con Gesù in mezzo, che c'è fra due o più..., si va davvero lontano, anzi si va in profondità, si può sprofondare in Dio Amore.

Terza e quarta strofa
   
Insieme a Te e con Dio fra noi, riprende fiato il cuore umano
e ovunque c’è da camminare ci spinge avanti la sua compagnia.

Insieme a Te, fratello mio, che mi stai accanto nel cammino
per quel comando che Lui disse “Suo”, ecco il miracolo.


DIALOGO APERTO
 di Chiara Lubich (10 Gennaio 1978)

Domanda: Quali sono gli effetti che derivano dal vivere quella frase del Vangelo che dice: «Dove due o tre sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro»?

Risposta di Chiara. Realizzando questa parola del Vangelo si ha la presenza di Gesù fra noi: non la presenza di una particolare virtù, ma di una persona.

 Noi, coi nostri occhi non la vediamo, ma egli c’è e scruta ogni nostro pensiero, ogni palpito del nostro cuore, conosce ogni adesione della nostra anima. Egli c’è. È in tutti, avvolge tutti, aiuta, illumina, sprona ognuno e tutti insieme.

 E perché lui ci sia - e ciò è meraviglioso - bastano poche persone: due o tre. E - sbalorditivo - lì dove è lui, è la Chiesa. Dice Tertulliano (un padre della chiesa): «Dove due o tre (anche laici) sono uniti nel nome di Cristo lì è la Chiesa».

 E quando c’è la Chiesa, essa irradia la sua potenza. Cristo opera come ha operato quando era in Palestina, anche se magari in maniere diverse.

 Nel futuro potranno esserci grandi difficoltà per i cristiani. Io non lo so. Ma non dobbiamo aver paura, e proprio per questo: perché là dove due o più vivono pienamente questa frase del Vangelo, c’è Gesù in mezzo a loro. Ed egli potrà entrare nelle fabbriche, nelle scuole, nelle case, dovunque e render presente la Chiesa.

 Gli avvenimenti veramente grandi nascono da piccole cose. Come Gesù nasce a Betlemme in una stalla, così oggi può rinascere tra due o più: due o più ragazzi, due o più ragazze, due o più donne, una mamma e un figlio, una nuora e una suocera: due o più.

 Io vorrei, rispondendo alla tua domanda, comunicarti la passione che riempie il mio cuore, ed è quella di invadere l’umanità di questa presenza di Gesù nella società di oggi.

Ritornello

Tra due o più lì c’è di più, tra due o più lì c’è il futuro.
Con Lui fra noi, non siamo soli,
ma soli che risplendono, che donano la Vita,
e dove poi arriva risorge tutto,
e tutto è Paradiso...


E' la verità del cristianesimo, la potenza innovativa che si porta dentro, ma che viene annichilita da tante ideologie, da tante pseudoteologie, da tante pseudoecclesiologie... Se c'è Gesù chi potrà essere contro di noi? Ma una tale presenza va meritata. Non si può dire: "Gesù" e stare già con la mente altrove. L'essere in Dio richiede "totalità". Non possiamo dire di essere cristiani se non siamo tutti trasferiti in Dio, e dunque non avere più niente per noi.

Scrive Chiara Lubich nel 1949: «Vorrei che tutto il mondo crollasse, ma che Lui sempre rimanesse fra noi, fra noi uniti nel suo Nome, perché morti al nostro. Fratelli, Iddio ci ha dato un ideale che sarà la salvezza del mondo! Restiamogli fedeli, costi quel che costi anche se un giorno dovessimo gridare con l’anima in fiamma per infinito dolore: “Dio mio, Dio mio, perché anche Tu mi hai abbandonato?”. E avanti! Non con la nostra forza, meschina e debole, ma con l’onnipotenza dell’Unità. Ho constatato, toccato con mano che il Dio fra noi compie l’impossibile: il miracolo!». E si afferma, con certezza carismatica, che se noi saremo uno, tutti lo saranno. Ma occorre saper perdere tutto, saper non essere noi stessi perché Dio viva in noi attraverso l’amore ai fratelli. «Se noi resteremo fedeli alla nostra consegna, il mondo vedrà l’Unità e con essa la pienezza del Regno di Dio. Tutti saranno Uno, se noi saremo Uno! E non temete di cedere tutto all’Unità; senza amare – senza misura –, senza perdere il giudizio proprio; senza perdere la propria volontà, i propri desideri, non saremo mai Uno! Sapiente è chi muore per lasciar vivere in sé Dio! E l’Unità è la palestra di questi lottatori della vita vera contro la vita falsa. L’Unità innanzi tutto! In tutto! Dopo tutto! Poco contano le discussioni, le questioni anche più sante, se non diamo vita a Gesù fra noi, amandoci tanto da donarci tutto». Prima di tutto l’unità…»

Quinta e sesta strofa

Insieme a te, fratello mio riprende quota questa vita
e il mondo attende tanta luce dallo stare e andare insieme.

Ma con te e con Dio fra noi è un’avventura tutta nuova
anche per tante altre storie da far rivivere così...

Così scrive Chiara Lubich ad un sacerdote nel 1949:
«La Parola di Vita è il nostro tesoro nascosto: quella che ci monda (purifica) e ci consuma in uno con Gesù e fra noi.  E quel vincolo nessuno lo spezzerà.
Dica alle persone della sua città che siamo loro unite più di quanto possano pensare: che si consumino in uno, comunicandosi l’un l’altra tutti i tesori che posseggono specie quelli spirituali, onde sia Gesù in mezzo ad esse che si santifica e che guardino pur lontano a tutta la città, ché tutta sarà conquistata dal Gesù fra loro, se saranno unite.
Gesù fra le anime fa miracoli: le conversioni a Dio sono all’ordine del giorno e le rivoluzioni dei cuori sempre più frequenti: è l’onda infuocata della Carità che travolge; è la Luce di Gesù.
L’importante è che stiamo uniti e ci comunichiamo al massimo tutto: sia attraverso il telefono senza fili che è la Comunione dei Santi, sia attraverso tutti i mezzi esterni che Iddio mette a nostra disposizione: che le nostre lettere (ad es.) portino l’avanzare della Fiamma e Gesù abbia nel mondo tutta la Gloria. Ma, se è Egli fra noi che la dà a Se stesso, certo che sarà grande (…)».

Ritornello

Tra due o più lì c’è di più, tra due o più lì c’è il futuro.
Con Lui fra noi, non siamo soli,
ma soli che risplendono, che donano la Vita,
e dove poi arriva risorge tutto,
e tutto è Paradiso... (con Te).


La gioia del risorto in mezzo a due o più...
Proprio così, il vero cristianesimo ti fa sperimentare una gioia bellissima, il Paradiso già qui... Vale la pena farne la prova, per poi spendere tutta la vita per poterlo realizzare e poi viverlo in pienezza di là...
Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

domenica 5 febbraio 2017

E' la vita dove la vedi

Questa canzone è presente nel Cd Attimi di Cielo.  

È un inno alla vita, che ha i suoi alti e bassi,
che sembra scherzi con la nostra esistenza, ma c’è Dio “oltre il muro, oltre il duro della vita che corre, che avanza… è Dio VITA che vince”. Intrisa di chitarre e suoni elettronici,
è un pop melodico, fresco, frizzante.


Non mi ricordo quando l'ho scritta e in quali circostanze, ma ha per tema la Vita e Domenica 5 Febbraio (2017) è stata la giornata per la Vita e di questo vorrei parlare.



Ascoltiamo la canzone:


Il testo della canzone. 

Prima strofa:

Quante volte è normale,
quante volte è speciale,
ci monta e ci smonta ci suona e ci stona.
Quante volte è normale, quante volte è speciale,
ci esalta e ci prova, ci rialza di nuovo.

Da Famiglia Cristiana on line:

Accogliere la vita nel solco di Madre Teresa

A partire dal 1979 la Chiesa italiana celebra ogni anno, nella prima domenica di febbraio, la Giornata per la Vita. Il Consiglio Episcopale Permanente della Cei predispone per questa occasione un Messaggio che illustra un aspetto particolare del tema "Vita". Oggi si parla di accoglienza, bambini, nonni e di Santa Teresa di Calcutta.

DONNE E UOMINI PER LA VITA NEL SOLCO DI SANTA TERESA DI CALCUTTA

Il coraggio di sognare con Dio
Alla scuola di Papa Francesco s’impara a sognare. Spesso nelle udienze fa riferimento ai sogni dei bambini e dei giovani, dei malati e degli anziani, delle famiglie e delle comunità cristiane, delle donne e degli uomini di fronte alle scelte importanti della vita. Sognare con Dio e con Lui osare e agire! Quando il Papa commenta la Parola di Dio al mattino o quando tiene discorsi nei vari viaggi apostolici, non manca di incoraggiare a sognare in grande. È nota la sua devozione a san Giuseppe, che considera uomo del “sogno” (Cfr. Mt 1,20.24). Quando si rivolge alle famiglie, ricorda loro che il sogno di Dio “continua a realizzarsi nei sogni di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia; il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, nessuno si senta superfluo o senza un posto”.

I bambini e i nonni, il futuro e la memoria
Per Papa Francesco il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini “sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza”; i nonni “sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”.
Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. È ciò che ripete ancora oggi Santa Teresa di Calcutta con il famoso discorso pronunciato in occasione del premio Nobel 1979: “Facciamo che ogni singolo bambino sia desiderato”; è ciò che continua a cantare con l’inno alla vita: “La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. … La vita è la vita, difendila”.

Prima parte del Ritornello: 

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che non fa rumore,
che nasce, che cresce, fiorisce e poi muore
anche senza di noi, proprio dentro di noi.

E’ la vita che vale, è la vita che vince.
 

Con Madre Teresa
La Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce: “Nel suo ‘Ho sete’ (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace”[3]. Gesù è l’Agnello immolato e vittorioso: da Lui sgorga un “fiume di vita” (Ap 22,1.2), cui attingono le storie di donne e uomini per la vita nel matrimonio, nel sacerdozio o nella vita consacrata religiosa e secolare. Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati. Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come “partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. I due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”.

(Roma, 22 ottobre 2016, Memoria di San Giovanni Paolo II
Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana)

Seconda Parte del ritornello
E’ la vita che a volte hai paura
Ma c’è l’Altro oltre il muro,
oltre il duro della vita che corre, della vita che avanza.

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che vale, è Dio-Vita che vince.



Da Avvenire: 

La Giornata nazionale. Con la vita tutta intera, come Madre Teresa e il Papa

Che cosa significa difendere la vita e farsi promotori di una cultura per la vita? Prendiamo un esempio. Che è stato anche canonizzato: Madre Teresa di Calcutta. Questa donna non ha distillato un pensiero pro-life, ma con tutto il suo essere e in tutta la sua esistenza si è resa a tutti disponibile attraverso l’accoglienza spazzando via da sé le distinzioni di fedi, di razza, di origine, di cultura, di lingua o di stato sociale, secondo l’apertura universalistica del Vangelo. Si è prodigata per ogni vita umana, da quella non nata a quella abbandonata e scartata, non solo proclamando incessantemente che «chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero», ma anche chinandosi in prima persona sulle persone sfinite, scartate, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva dato loro. La vita è anzitutto un dono. Sì, ma non al vento delle parole: Madre Teresa con la sua testimonianza ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della miseria creata da loro nel deturpare questo dono. Per lei «essere rifiutati è la peggiore malattia che un essere umano possa provare». Particolare attenzione ha quindi voluto dedicare all’isolamento sociale, e per questo motivo le sue iniziative sono sempre state inclusive, anche in relazione alle diversità di cultura, lingua e religione.

Seconda strofa e prima parte del ritornello

Quante volte si parte, quante volte si arriva.
C’è un principio e una fine per tutte le cose.

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che esce di casa È per strada,
sui muretti di sera c’invita, c’incontra proprio dove la vedi.

E’ la vita che vale, è la vita che vince.

Testimonianza o ideologia
Madre Teresa non è mai caduta nella tentazione di isolare e trasformare qualcuno dei principi morali in luce dal quale far provenire tutte le altre verità della fede: non ne ha perciò fatto un’ideologia. Ha reso testimonianza dell’unica dottrina: la Persona di Cristo, e solo Cristo in lei traspariva, servito e amato nel prossimo, soprattutto nelle piaghe dei poveri, dai quali lo ha ricevuto. «La santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce – scrive la Cei nel Messaggio per la Giornata nazionale per la vita in programma domenica –. Nel suo "ho sete" (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace». Così ha tenuto accesa la fiamma e la tensione della fraternità universale sul modello evangelico, dando esempio di relazione reciproca tra chi dona e chi riceve nella comprensione e nel rispetto, attraverso la condivisione di stili e condizioni di vita. Così ha mostrato come difendere la vita significhi amare Dio, che equivale ad amare il prossimo: perché questi due amori, per volere di Dio, sono inseparabili. È quanto scritto sulla sua semplice tomba a Calcutta, meta di pellegrinaggi di credenti di ogni fede, dove è stato inciso un verso del Vangelo di Giovanni: «Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi». Questa cultura della vita Madre Teresa ha incarnato e proclamato, e per questo la sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane come testimonianza eloquente, «simbolo e icona per i nostri tempi», come ha ricordato papa Francesco nel canonizzarla.


Seconda parte del ritornello 





E’ la vita che a volte hai paura
ma c’è l’Altro oltre il muro,
oltre il duro della vita che corre, della vita che avanza.

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che vale, è Dio-Vita che vince.


 Cose o persone
Ed è esattamente su questa stessa lunghezza d’onda che si muove il suo magistero sulla cultura della vita, in opposizione alla non cultura dello scarto. È proprio l’esempio della santa di Calcutta al centro della riflessione dei vescovi italiani, che citano il Papa: «Le cose hanno un prezzo e sono vendibili, ma le persone hanno una dignità, valgono più delle cose e non hanno prezzo. Tante volte ci troviamo in situazioni in cui quello che costa di meno è la vita. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa». Il grado di progresso di una civiltà non si misura solo dalla diffusione di strumenti tecnologici ma dalla capacità di custodire la vita, in tutte le sue fasi, dalla nascita fino alla morte, soprattutto nelle sue fasi più fragili. «Quando parliamo dell’uomo, non dimentichiamo mai tutti gli attentati alla sacralità della vita umana – ha affermato il Papa –. È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità». E guardare con attenzione al tempo che unisce l’inizio con la fine, il che vuol dire anche riunire la risorsa di quel filo generazionale tra gli anziani e più i giovani per riconsegnare alla vita la memoria e il futuro. Quello che i poteri tendono a distruggere nella devastante «dittatura dello scarto» che produce «avanzi della convivenza sociale» e, implacabile, riduce a pezzi la vita, costringendo a lasciare in piedi solo smemorati utili, produttivi funzionali al dio del mercato globale, come fanno le guerre.

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio