domenica 5 febbraio 2017

E' la vita dove la vedi

Questa canzone è presente nel Cd Attimi di Cielo.  

È un inno alla vita, che ha i suoi alti e bassi,
che sembra scherzi con la nostra esistenza, ma c’è Dio “oltre il muro, oltre il duro della vita che corre, che avanza… è Dio VITA che vince”. Intrisa di chitarre e suoni elettronici,
è un pop melodico, fresco, frizzante.


Non mi ricordo quando l'ho scritta e in quali circostanze, ma ha per tema la Vita e Domenica 5 Febbraio (2017) è stata la giornata per la Vita e di questo vorrei parlare.



Ascoltiamo la canzone:


Il testo della canzone. 

Prima strofa:

Quante volte è normale,
quante volte è speciale,
ci monta e ci smonta ci suona e ci stona.
Quante volte è normale, quante volte è speciale,
ci esalta e ci prova, ci rialza di nuovo.

Da Famiglia Cristiana on line:

Accogliere la vita nel solco di Madre Teresa

A partire dal 1979 la Chiesa italiana celebra ogni anno, nella prima domenica di febbraio, la Giornata per la Vita. Il Consiglio Episcopale Permanente della Cei predispone per questa occasione un Messaggio che illustra un aspetto particolare del tema "Vita". Oggi si parla di accoglienza, bambini, nonni e di Santa Teresa di Calcutta.

DONNE E UOMINI PER LA VITA NEL SOLCO DI SANTA TERESA DI CALCUTTA

Il coraggio di sognare con Dio
Alla scuola di Papa Francesco s’impara a sognare. Spesso nelle udienze fa riferimento ai sogni dei bambini e dei giovani, dei malati e degli anziani, delle famiglie e delle comunità cristiane, delle donne e degli uomini di fronte alle scelte importanti della vita. Sognare con Dio e con Lui osare e agire! Quando il Papa commenta la Parola di Dio al mattino o quando tiene discorsi nei vari viaggi apostolici, non manca di incoraggiare a sognare in grande. È nota la sua devozione a san Giuseppe, che considera uomo del “sogno” (Cfr. Mt 1,20.24). Quando si rivolge alle famiglie, ricorda loro che il sogno di Dio “continua a realizzarsi nei sogni di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia; il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, nessuno si senta superfluo o senza un posto”.

I bambini e i nonni, il futuro e la memoria
Per Papa Francesco il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini “sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza”; i nonni “sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”.
Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. È ciò che ripete ancora oggi Santa Teresa di Calcutta con il famoso discorso pronunciato in occasione del premio Nobel 1979: “Facciamo che ogni singolo bambino sia desiderato”; è ciò che continua a cantare con l’inno alla vita: “La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. … La vita è la vita, difendila”.

Prima parte del Ritornello: 

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che non fa rumore,
che nasce, che cresce, fiorisce e poi muore
anche senza di noi, proprio dentro di noi.

E’ la vita che vale, è la vita che vince.
 

Con Madre Teresa
La Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce: “Nel suo ‘Ho sete’ (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace”[3]. Gesù è l’Agnello immolato e vittorioso: da Lui sgorga un “fiume di vita” (Ap 22,1.2), cui attingono le storie di donne e uomini per la vita nel matrimonio, nel sacerdozio o nella vita consacrata religiosa e secolare. Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati. Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come “partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. I due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”.

(Roma, 22 ottobre 2016, Memoria di San Giovanni Paolo II
Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana)

Seconda Parte del ritornello
E’ la vita che a volte hai paura
Ma c’è l’Altro oltre il muro,
oltre il duro della vita che corre, della vita che avanza.

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che vale, è Dio-Vita che vince.



Da Avvenire: 

La Giornata nazionale. Con la vita tutta intera, come Madre Teresa e il Papa

Che cosa significa difendere la vita e farsi promotori di una cultura per la vita? Prendiamo un esempio. Che è stato anche canonizzato: Madre Teresa di Calcutta. Questa donna non ha distillato un pensiero pro-life, ma con tutto il suo essere e in tutta la sua esistenza si è resa a tutti disponibile attraverso l’accoglienza spazzando via da sé le distinzioni di fedi, di razza, di origine, di cultura, di lingua o di stato sociale, secondo l’apertura universalistica del Vangelo. Si è prodigata per ogni vita umana, da quella non nata a quella abbandonata e scartata, non solo proclamando incessantemente che «chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero», ma anche chinandosi in prima persona sulle persone sfinite, scartate, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva dato loro. La vita è anzitutto un dono. Sì, ma non al vento delle parole: Madre Teresa con la sua testimonianza ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della miseria creata da loro nel deturpare questo dono. Per lei «essere rifiutati è la peggiore malattia che un essere umano possa provare». Particolare attenzione ha quindi voluto dedicare all’isolamento sociale, e per questo motivo le sue iniziative sono sempre state inclusive, anche in relazione alle diversità di cultura, lingua e religione.

Seconda strofa e prima parte del ritornello

Quante volte si parte, quante volte si arriva.
C’è un principio e una fine per tutte le cose.

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che esce di casa È per strada,
sui muretti di sera c’invita, c’incontra proprio dove la vedi.

E’ la vita che vale, è la vita che vince.

Testimonianza o ideologia
Madre Teresa non è mai caduta nella tentazione di isolare e trasformare qualcuno dei principi morali in luce dal quale far provenire tutte le altre verità della fede: non ne ha perciò fatto un’ideologia. Ha reso testimonianza dell’unica dottrina: la Persona di Cristo, e solo Cristo in lei traspariva, servito e amato nel prossimo, soprattutto nelle piaghe dei poveri, dai quali lo ha ricevuto. «La santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce – scrive la Cei nel Messaggio per la Giornata nazionale per la vita in programma domenica –. Nel suo "ho sete" (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace». Così ha tenuto accesa la fiamma e la tensione della fraternità universale sul modello evangelico, dando esempio di relazione reciproca tra chi dona e chi riceve nella comprensione e nel rispetto, attraverso la condivisione di stili e condizioni di vita. Così ha mostrato come difendere la vita significhi amare Dio, che equivale ad amare il prossimo: perché questi due amori, per volere di Dio, sono inseparabili. È quanto scritto sulla sua semplice tomba a Calcutta, meta di pellegrinaggi di credenti di ogni fede, dove è stato inciso un verso del Vangelo di Giovanni: «Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi». Questa cultura della vita Madre Teresa ha incarnato e proclamato, e per questo la sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane come testimonianza eloquente, «simbolo e icona per i nostri tempi», come ha ricordato papa Francesco nel canonizzarla.


Seconda parte del ritornello 





E’ la vita che a volte hai paura
ma c’è l’Altro oltre il muro,
oltre il duro della vita che corre, della vita che avanza.

E’ la vita di sempre, è la vita che vive.
E’ la vita che vale, è Dio-Vita che vince.


 Cose o persone
Ed è esattamente su questa stessa lunghezza d’onda che si muove il suo magistero sulla cultura della vita, in opposizione alla non cultura dello scarto. È proprio l’esempio della santa di Calcutta al centro della riflessione dei vescovi italiani, che citano il Papa: «Le cose hanno un prezzo e sono vendibili, ma le persone hanno una dignità, valgono più delle cose e non hanno prezzo. Tante volte ci troviamo in situazioni in cui quello che costa di meno è la vita. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa». Il grado di progresso di una civiltà non si misura solo dalla diffusione di strumenti tecnologici ma dalla capacità di custodire la vita, in tutte le sue fasi, dalla nascita fino alla morte, soprattutto nelle sue fasi più fragili. «Quando parliamo dell’uomo, non dimentichiamo mai tutti gli attentati alla sacralità della vita umana – ha affermato il Papa –. È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità». E guardare con attenzione al tempo che unisce l’inizio con la fine, il che vuol dire anche riunire la risorsa di quel filo generazionale tra gli anziani e più i giovani per riconsegnare alla vita la memoria e il futuro. Quello che i poteri tendono a distruggere nella devastante «dittatura dello scarto» che produce «avanzi della convivenza sociale» e, implacabile, riduce a pezzi la vita, costringendo a lasciare in piedi solo smemorati utili, produttivi funzionali al dio del mercato globale, come fanno le guerre.

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio


 

Nessun commento:

Posta un commento