venerdì 23 marzo 2018

C'è bisogno di Te - Hey Jesus

Queste due canzoni mi legano a Roberto Bignoli, che è passato a miglior vita il 13 marzo 2018.

1. C'è bisogno di Te, quando gliela feci ascoltare la prima volta, eravamo in Bulgaria, ospiti ad un festival organizzato da un frate francescano che si faceva chiamare don Kizu. C'erano solo le prime strofe della canzone e lui era rimasto colpito. Per la celebrazione della Messa col Vescovo del luogo, la cantammo nonostante mancassero ancora dei pezzi, come ringraziamento dopo la Comunione. In seguito volle che la completassi e che gliela donassi perché la sentiva molto sua. Non sono abituato a dare canzoni, ma in questo caso per me era un onore donare una mia canzone a uno dei più importanti cantautori di Christian Music in Italia. 
 

 Con Roberto ho condiviso anche un mese di gioie e dolori in una tournèe fra Stati Uniti e Canada dal 5 Novembre al 5 Dicembre 2001. Un mese davvero intenso dove abbiamo vissuto fianco a fianco, chilometro per chilometro, tra Toronto, New York e Washington D.C. in compagnia di un cantautore americano Danis Grady e Salvatore, figlio di mia cugina che viveva a Toronto e che ci faceva da interprete. E poi tantissimi concerti insieme per tutta l'Italia. Ultimo quello del 2010 a Reggio Calabria col gruppo Nuova Civiltà. Da Paola sua moglie ho saputo dei suoi malanni e ho cercato di fare la mia parte soprattutto come sacerdote, chiedendo all'Eterno Padre con preghiere e suppliche, la sua guarigione. Poi la notizia infausta, ma anche la certezza che quel Dio che lui ha cantato e testimoniato nel mondo, fino ai paesi più impensati, certamente l'avrà accolto tra le sue braccia e prima ancora Maria, che amava sopra ogni cosa. Infatti proprio a Medjugorje, la sua vita aveva preso una svolta, dalla droga, alla fede, e poi il matrimonio con Paola e le sue bellissime e amatissime figlie: Marichiara e Mariastella. A lui sono grato e con me tantissimi altri lo sono, della sua amicizia e della forza che aveva nel trascinarci nell'avventua della Musica Cristiana. Con lui mi sono ritrovato a Washington D.C. quando è stato insignito del premio Unity Awards per la Christian Music. A lui devo i miei primi passi nel mondo dei cantautori cristiani, e se non era per lui non nasceva "Jesus on line" e non ci sarebbero state tante altre esperienze che col senno di poi mi fanno dire solo: GRAZIE Roberto, e grazie anche a Paola, moglie davvero esemplare sempre a sostenerlo stando dietro alle quinte, come fa uno sfondo che si perde per far risaltare ciò che sta in primo piano.

Il testo di "C'è bisogno di Te"

Ritornello

Quando scende la sera c’è bisogno di Te,
quando manca la pace e qui non ci sei,
c’è bisogno, c’è bisogno di Te.
Quando scende la sera c’è bisogno di Te,
quando manca la pace e qui non ci sei,
c’è bisogno di Dio fra noi.


 È la prima e forse unica canzone mia che comincio col ritornello, non mi era mai successo prima e non so se succederà in seguito, di scriverne una così. Nel ritornello, poi, c'è tutto il messaggio della canzone: "Senza di Lui non possiamo fare nulla" (cfr Gv 15, 5). E chi lo ha sperimentato tante volte lo sa. Manca Dio, manca la Pace, manca "Gesù in mezzo ai "due o più" e si piomba nel caos spirituale, nell'assenza dello "Sposo", nella fragilità più piena, si rischia di piombare all'inferno. Ma una "chiave c'è per non soccombere nella prova: è chiamare per nome ogni dolore, ogni divisione, ogni peccato. Riporto un brano di una lectio magistralis tenuta da Emmaus, attuale presidente del Movimento dei Focolari, all'inaugurazione dell'anno accademico dell' Istituto Superiore di Scienze Religiose di Capua (CE) il 25 novembre 2013:

«Vorrei partire dallo stralcio di una lettera che Chiara scrive ad una amica ancora nel lontano 1946. Stralcio emblematico, dove si legge: 

 
“Vedi (…), io sono un’anima che passa per questo mondo.
 Ho visto tante cose belle e buone e son sempre stata attratta solo da quelle.
 Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. M’accorsi che era la Verità”.

Gesù sulla croce. Venuto sulla terra per ricondurre gli uomini (che si erano allontanati da Dio con il peccato) nella piena comunione con Lui, prende su di sé ogni aspetto negativo dell’uomo: i suoi dolori, le sue angosce, la sua disperazione, le sue pene, i suoi peccati…, rendendosi Lui stesso, che era l’Innocente, simile all’uomo peccatore. “Per riportare all’uomo il volto del Padre, Gesù ha dovuto non soltanto assumere il volto dell’uomo, ma caricarsi persino del ‘volto’ del peccato” , dice Giovanni Paolo II.

Siamo agli inizi del Movimento, nel 1944, ancora in piena guerra mondiale. In una circostanza particolare un sacerdote dice a Chiara che, a suo parere, il dolore più grande di Gesù è stato quando in croce ha gridato: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46). È immediata la conclusione di Chiara: se è stato il culmine del dolore, è stato anche certamente il vertice del suo amore per noi. Da allora si sente chiamata ad essere, insieme alle sue prime compagne e, poi, a quanti avrebbero seguito il suo Ideale, la “risposta d’amore” a quel grido.
Gesù Abbandonato le si manifesta, dunque, come “la viva dimostrazione dell’amore di Dio qui in terra”. 
Ben lo evidenzia un noto “canto” di lode e di gratitudine, sgorgato spontaneo dal suo cuore, dedicato proprio a Gesù Abbandonato:


“Perché avessimo la Luce Ti facesti cieco.

Perché avessimo l’unione provasti la separazione dal Padre.

Perché possedessimo la Sapienza Ti facesti ‘ignoranza’.

Perché ci rivestissimo dell’innocenza, divenisti ‘peccato’.

Perché sperassimo quasi Ti disperasti…

Perché Dio fosse in noi Lo provasti lontano da Te.

Perché fosse nostro il Cielo sentisti l’Inferno.

Per darci un lieto soggiorno sulla terra, tra cento fratelli e più, fosti estromesso dal Cielo e dalla terra, dagli uomini e dalla natura.

Sei Dio, sei il mio Dio, il nostro Dio di amore infinito”.

Per questo amore infinito, che Gesù nell’abbandono in croce ha avuto per ogni uomo sulla terra, ogni nostro dolore è stato trasformato, ogni vuoto riempito, ogni peccato redento. La nostra lontananza da Dio è stata superata nella ritrovata comunione con Lui e fra noi.
 In Gesù Abbandonato è racchiusa, quindi, la chiave per penetrare e dare risposta al mistero più profondo che avvolge la vita dell’uomo e dell’intera umanità: il mistero del dolore, della sofferenza.
E’ un grande mistero questo, che tocca profondamente il cuore di Chiara:
 

“Gesù sulla terra… – scrive con commozione palpabile – Gesù nostro fratello… Gesù che muore fra ladri per noi: Lui, il Figlio di Dio, accomunato con gli altri. ‘(…) Se sei venuto fra noi, è perché la nostra debolezza ti ha attirato, la nostra miseria t’ha ferito a compassione’. Certo non c’è madre o padre terreno che attendano un figlio perduto e facciano ogni cosa per il suo ritorno come il Padre celeste”.

Dal mistero vissuto da Gesù sulla croce, Chiara vede sprigionarsi una luce capace di illuminare e di dare senso ad ogni esperienza di dolore e di abbandono che l’uomo può vivere. E ne parla con semplicità, confidando che, da quando Gesù Abbandonato le si è manifestato, le è parso di scoprirlo dovunque:
 

Egli, il suo volto, il suo misterioso grido, sembrarono colorire ogni istante doloroso della nostra vita”.
“Il buio, il senso di fallimento, l’aridità scomparivano – annota Chiara -. E si cominciava a capire quant’è dinamicamente divina la vita cristiana che non conosce noia, croce, dolore, se non di passaggio, e fa gustare la pienezza della vita, che vuole dire risurrezione, luce, speranza pur in mezzo alle tribolazioni”». 



Prima strofa
E ti accorgi che senso non ha
camminare da soli, pensare solo a sé.
E lo senti che nasce così
mentre ami e ti doni a chi è accanto a te.

 Parte del Ritornello
Quando scende la sera c’è bisogno di Te,
quando manca la pace e qui non ci sei,
c’è bisogno di Dio fra noi.


Gesù Crocifisso e Abbandonato, ci da la chiave per ricomporre ogni disunità. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il credere, la fede in Lui. Credere e sperimentare la Presenza di Gesù fra due o più è una grazia enorme. Chi la desidera ha solo da sperimentare questa Parola: "Dove due o più sono uniti nel mio Nome Io Sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20). Così si legge in un articolo uscito su Città Nuova che spiega questa realtà partendo da uno scritto di Chiara "La resurrezione di Roma": 

"I due diventano uno. Continua Chiara,
 
“È Dio che di due fa uno, ponendosi a terzo, come relazione di essi: Gesù fra noi. Così l’amore circola e porta naturalmente (per la legge di comunione che v’è insita), come un fiume infuocato, ogni altra cosa che i due posseggono per rendere comuni i beni dello spirito e quelli materiali. E ciò è testimonianza fattiva ed esterna d’un amore unitivo, il vero amore, quello della Trinità.”

Eccoci finalmente a Gesù in mezzo: Egli qui appare come il “terzo”. Non “terzo” tra due distinti, ma “terzo” tra i due fatti uno. Tanto che c’è Gesù nell’io, nel tu (al quale l’io si è unito ritrovando se stesso, e dunque Gesù in entrambi) e Gesù tra loro.
«Allora veramente Cristo intero rivive in ambedue ed in ciascuno e fra noi».

Lo sforzo costante che deve fare ogni uomo per rimanere all’interno di queste dinamiche trinitarie è quello di “lasciarsi vivere” da Dio:
 
“E penso che, lasciando vivere Dio in me e lasciandoLo amarSi nei fratelli, scoprirebbe Se stesso in molti, e molti occhi s’illuminerebbero della sua Luce [...]. Bisogna far rinascere Dio in noi, tenerLo vivo e traboccarLo sugli altri come fiotti di Vita e risuscitare i morti. E tenerlo vivo fra noi amandoci.”
Ecco allora Chi è “Gesù in mezzo”: è sia una presenza (il terzo fra due), sia una realtà, perché egli è terzo lì dove i due sono uno, ed essendo Terzo continua a distinguere i due nell’unità raccogliendoli in se stesso." 


Seconda strofa
E lo senti che cresce con te
Mentre ami e cammini uscendo da te.
E lo vedi con gli occhi di chi
è ritornato da lì attirato da Dio fra noi.

Ripetizione della parte di ritornello
Quando scende la sera c’è bisogno di Te,
quando manca la pace e qui non ci sei,
c’è bisogno di Dio fra noi.


"Gesù abbandonato è colui che dà luce a chi spera contro ogni speranza. È il modello di colui che confida: Abbiate fiducia – aveva detto –: “Io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 33). Infatti nessuno ebbe una fiducia più grande di lui che, abbandonato da Dio, si fidò di Dio; abbandonato dall’Amore si affidò all’Amore.
Gesù indica il significato della fede proprio nel suo abbandono: essa infatti non è l’atteggiamento di chi ha buone motivazioni per credere, ma di chi non ne ha affatto e a cui tutto sembra perduto.
Gesù abbandonato dunque è la fede, e proprio per questo non può non essere considerato l’altra faccia della medaglia (intendendo con questa “Gesù in mezzo”). Siamo così arrivati alla congiunzione “e” che lega i due termini del titolo: Gesù in mezzo “e” la fede. È Chiara stessa a sottolineare, in Risurrezione di Roma, la strettissima relazione tra i due termini.
Dopo aver affermato «Bisogna far rinascere Dio in noi, tenerLo vivo e traboccarLo sugli altri come fiotti di Vita e risuscitare i morti. E tenerlo vivo fra noi amandoci», Chiara spiega in cosa consista questo «tenerlo vivo fra noi amandoci»: «e per amarsi non occorre strepito: l’amore è morte a noi – e la morte è silenzio – e vita in Dio – e Dio è il silenzio che parla». "
(Fonte: https://www.cittanuova.it/cn-download/21449/21450)

Terza strofa
E’ Paradiso già in terra, già qui
se ci amiamo davvero fino a darci la vita.
E’ Paradiso ed è cielo quaggiù
se siamo pronti a morire per amore, per Dio


 Ritornello
Quando scende la sera c’è bisogno di Te,
quando manca la pace e qui non ci sei,
c’è bisogno, c’è bisogno di Te.
Quando scende la sera c’è bisogno di Te,
quando manca la pace e qui non ci sei,
c’è bisogno di Dio fra noi.

 
"Durante l’estate del 1949, Chiara Lubich, con i suoi 29 anni, vive un’esperienza di luce e di vita. Lasciare quel “paradiso” in montagna non è facile, ma avverte che Dio la vuole immersa nei dolori dell’umanità, “prosciugando l’acqua della tribolazione” in quelli che più soffrono. È con quello spirito che scrive di getto:

«Ho un solo Sposo sulla terra: Gesù Abbandonato: non ho altro Dio fuori di Lui.
In Lui è tutto il Paradiso con la Trinità e tutta la terra con l’Umanità.
Perciò il suo è mio e null’altro.
E suo è il Dolore universale e quindi mio.
Andrò per il mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita.
Ciò che mi fa male è mio.
Mio il dolore che mi sfiora nel presente. Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù). Mio tutto ciò che non è pace, gaudio, bello, amabile, sereno…, in una parola: ciò che non è Paradiso. Poiché anch’io ho il mio Paradiso ma è quello nel cuore dello Sposo mio.
Non ne conosco altri.
Così per gli anni che mi rimangono: assetata di dolori, di angosce, di disperazioni, di malinconie, di distacchi, di esilio, di abbandoni, di strazi, di… tutto ciò che è lui e lui è il Peccato, l’Inferno.
Così prosciugherò l’acqua della tribolazione in molti cuori vicini e – per la comunione con lo Sposo mio onnipotente – lontani.
Passerò come Fuoco che consuma ciò che ha da cadere e lascia in piedi solo la Verità.
Ma occorre esser come Lui: esser Lui nel momento presente della vita»."

(fonte: http://www.focolare.org/news/2016/09/25/chiara-lubich-ho-un-solo-sposo-sulla-terra/)

In questa canzone dunque c'è tutto: Paradiso, Purgatorio e Inferno. Quest'ultimo non come luogo di perdizione, ma come risvolto in positivo di quel luogo. Se la terra senza salvezza operata da Gesù, sarebbe rimasta un pre-inferno, con la morte e risurrezione di Gesù, tutto il pre-inferno è stato assunto da Gesù e da allora tutto il negativo dell'umanità si è riempito della presenza divina. E come ci ha insegnato Chiara Lubich, posso amare il dolore, una divisione, qualsiasi altra cosa negativa e scorgerci Gesù Abbandonato. L'inferno definitivo è un'altra cosa ancora, ma finché siamo sotto al Cielo, possiamo sempre uscire dal buio e chiamarlo per nome: Gesù Abbandonato.


 Ecco svelato in pochi passaggi, tutto l'AMORE di Dio AMORE. La sua stessa essenza consiste nel DONO TOTALE di sè. E in questa dinamica del "dono" anche noi umani creati a immagine del Dono Totale di sè, siamo, esistiamo, nella misura in cui recuperiamo l'essenza di cui siamo plasmati. Se Dio è Amore, noi creati da Lui, non possiamo non essere amore... il fatto che la realtà ci dice tutt'altro, è perché grande è il danno che ha fatto il nemico, nel seminare zizzania, lì dove doveva crescere solo grano. E così sperimentiamo la distanza che si è creata tra l'origine originale, e la creatura fatta sua immagine, ma deturpata dal peccato. È necessario dunque, svegliarsi dal torpore e camminare verso la LUCE, Gesù, che per noi ha dato la VITA. Facciamoci toccare dall'AMORE, facciamoci guarire dal peccato.

Chissà caro Roberto Bignoli, se ascoltando questa canzone tu ti si sia mai reso conto delle profondità di questa canzone, che sottende una bellezza disarmante, di un Dio che si umana per farci Dio e darci le risposte a tutti i "perché". Ora che sei nelle Luce, caro amico mio, puoi vedere cose che neanch'io riesco a vedere nelle mie canzoni e, credo anche nelle tue e scorgervi quel gioco d'Amore, che occorre per metterle in essere e cavarle dal buoio dell'inesistenza. Quella LUCE che è nelle ispisrazioni e che noi cristiani chiamiamo Spirito Santo.

Continua a cantare in Cielo, ma prima riposati un poco, dalla salita al Calvario che hai fatto, e poi aiuta lo Spirito a ispirarci nuove canzoni e a farci scoprire strade nuove per la Christian Music italiana.

2. Hey Jesus è l'altra canzone che Roberto volle per sé. In relatà si doveva intitolare Hey Roby, ma lui la volle trasformare dedicandola a Gesù. Riporto il testo...



Hey Jesus, quanta strada da fare!
Dai non fermarti, proprio adesso,
che il sole, il sole già sale e la luna scompare
ma è ancora dietro alle nuvole.

Hey Jesus quanto cielo da volare,
ti aspettano per cantare, lodare,
imparare parole che sanno di sale,
per condire questa vita, questa vita da vivere.

Jesus sei un amico sincero come me.

Mi guardo allo specchio,
con quest’anima inquieta.
Sono io l’amico mio.
Mi dico che tutto va bene, va bene così.
E mi guardo nel cuore,
in quest’anima inquieta.
Ci sei anche tu e mi sostieni,
per i prossimi giorni di sole
di vento e di mare.
Ci son io, ci sei tu. Ci son io, ci sei tu…

Hey Jesus ce n’è ancora da cantare,
canzoni che fanno di nuovo, di nuovo sperare.
Non possiamo fermarci a pensare,
c’è da rifare le valigie per poi riandare.






venerdì 16 marzo 2018

La casa sulla roccia

Dal CD Ravvivate il cuore e l'anima una canzone dedicata alla parabola di Gesù più efficace, più netta, limpida, diretta...
Infatti, la nostra vita la si potrebbe descrivere come la somma totale delle scelte fatte. Non c'è momento in cui non bisogna fare una scelta. Vado a destra o a sinistra, salgo su o vado giù. Mi sposto di qua o vado di là. Faccio questo o quest'altro? Si può costruire la propria casa (la propria vita) sulla Roccia, che è Dio, sommando giorno per giorno, direi anche, momento per momento, le opzioni per Dio. Perché tutta la nostra esistenza diventi di Dio, bisogna imparare a sceglierlo, in ogni piccola o grande cosa che facciamo. Matteo (7, 24-29) e Luca (6, 47 - 7,1) riportano la parabola della casa sulla roccia.
Una bellissima e brevissima meditazione di Padre Raniero Cantalamessa ci aiuterà a entrare nel significato della canzone. Adesso ascoltiamola.


Il testo della canzone

Prima strofa
Ascolta, ascolta, metti in pratica la Parola,
la saggezza sarà con te.
Avrai costruito sulla roccia,
avrai costruito la tua casa.


Così scrive Padre Raniero Cantalamessa:

"Tutti sapevano, al tempo di Gesù, che è da stolti costruire la propria casa sulla sabbia, nel fondo delle valli, anziché in alto sulla roccia. Dopo ogni pioggia abbondante si forma infatti quasi subito un torrente che spazza via le casupole che incontra sul suo cammino. Gesù si basa su questa osservazione che aveva forse fatto di persona per costruirvi la parabola odierna delle due case, che è come una parabola a due facce.
"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia".
Con simmetria perfetta, variando solo pochissime parole, Gesù presenta la stessa scena in negativo: "Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande".
Costruire la propria casa sulla sabbia vuol dire riporre le proprie speranze, certezze su cose instabili e aleatorie che non reggono all'urto del tempo e dei rovesci di fortuna. Tali sono il denaro, il successo, la stessa salute. L'esperienza ce lo mette ogni giorno sotto gli occhi: basta un nonnulla - un piccolo grumo nel sangue, diceva il filosofo Pascal – per far crollare tutto.
Costruire la casa sulla roccia, vuol dire, al contrario, fondare la propria vita e le proprie speranze su ciò "i ladri non possono rubare, né la tignola corrodere", su ciò che non passa. "I cieli e la terra passeranno, diceva Gesù, ma le mie parole non passeranno".
Costruire la casa sulla roccia significa molto semplicemente costruire su Dio. Egli è la roccia. Roccia è uno dei simboli preferiti dalla Bibbia per parlare di Dio: "Il nostro Dio è una roccia eterna" (Is 26,4); "Egli è la Roccia, perfetta è l'opera sua" (Deut. 32,4). "

Seconsa strofa
Ascolta, ascolta se cade pioggia abbondante,
con vento fortissimo,
avrai costruito saldamente.
Nessun danno avrai.


 Ancora Padre Raniero:
"La casa costruita sulla roccia esiste già; si tratta di entrarci! È la Chiesa. Non, evidentemente, quella fatta di mattoni, ma quella composta dalle "pietre vive" che sono i credenti, edificati sulla "pietra angolare" che è Cristo Gesù. La casa sulla roccia è quella di cui parlava Gesù quando diceva a Simone: "Tu sei Pietro e su questa pietra (alla lettera, roccia) edificherò la mia Chiesa" (Mt 16, 18).
Fondare la propria vita sulla roccia significa dunque vivere nella Chiesa; non restarne fuori puntando tutto il tempo il dito contro le incoerenze e i difetti degli uomini di Chiesa. Dal diluvio universale si salvarono solo poche anime, quelle che erano entrate con Noè nell'arca; dal diluvio del tempo che tutto inghiotte si salvano solo quelli che entrano nell'arca nuova che è la Chiesa (cf. 1 Pt 3, 20). Questo non vuol dire che tutti quelli che sono fuori di essa non si salvano; c'è una appartenenza alla Chiesa di altro genere, "nota solo a Dio", dice il concilio Vaticano II che riguarda quelli che senza conoscere Cristo, operano secondo i dettami della propria coscienza."

 Ritornello
Fondando sulla roccia la tua vita,
niente mai potrà distruggerla,
stai lontano dalle sabbie del peccato,
dalle piene dei malvagi stai lontano.

Sulla roccia, che è Gesù, Parola viva.
Sarai al sicuro dalle insidie del nemico,
Se avrai costruito la tua casa sulla roccia
... nessun danno avrai…

Ancora Padre Raniero:
"Il tema della parola di Dio,  mi suggerisce una applicazione pratica. Dio si è servito della parola per comunicarci la vita e rivelarci la verità. Noi esseri umani usiamo spesso la parola per dare la morte e nascondere la verità! Nella introduzione al suo famoso Dizionario delle opere e dei personaggi, Valentino Bompiani racconta questo episodio. Nel luglio 1938 si tenne a Berlino il congresso internazionale degli editori a cui partecipò anche lui. La guerra era già nell'aria e il governo nazista si mostrava maestro nel manipolare le parole a fini di propaganda. Il penultimo giorno, Goebbels che era il ministro della propaganda del Terzo Reich, invitò i congressisti nell'aula del parlamento. Ai delegati dei vari paesi fu chiesta una parola di saluto. Quando venne il turno di un editore svedese, questi salì sul podio e con voce grave pronunciò queste parole: "Signore Iddio, devo fare un discorso in tedesco. Non ho un vocabolario né una grammatica e sono un pover'uomo sperduto nel genere dei nomi. Non so se l'amicizia è femminile e l'odio maschile, o se l'onore, la lealtà, la pace sono neutri. Allora, Signore Iddio, riprenditi le parole e lasciaci la nostra umanità. Forse riusciremo a comprenderci e a salvarci". Ci fu un applauso scrosciante, mentre Goebbels, che aveva capito l'allusione, usciva adirato dalla sala.
Un imperatore cinese, interrogato su quale fosse la cosa più urgente da fare per migliorare il mondo, rispose senza esitare: riformare le parole! Intendeva dire: ridare alle parole il loro vero significato. Aveva ragione. Ci sono parole che, a poco a poco, sono state svuotate completamente del loro significato originario e riempite di un significato diametralmente opposto. Il loro uso non può che risultare micidiale. È come mettere su una bottiglia di arsenico l'etichetta "digestivo effervescente": qualcuno ne resterà avvelenato. Gli stati si sono dati leggi severissime contro quelli che falsificano le banconote, ma nessuna contro quelli che falsificano le parole.
A nessuna parola è successo quello che è successo alla povera parola amore. Un uomo violenta una donna e si scusa dicendo che l'ha fatto per amore. L'espressione "fare l'amore" spesso sta per il più volgare atto di egoismo, in cui ognuno pensa alla sua soddisfazione, ignorando completamente l'altro e riducendolo a semplice oggetto.
La riflessione sulla parola di Dio ci può aiutare, come si vede, anche a riformare e riscattare dalla vanità la parola degli uomini." (fonte: https://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=12854)

Mi pare proprio che siamo giunti a dover chiedere a Dio di ridarci l'umanità perduta. Tra i gorghi di parole che si consumano esageratamente, rischiamo di affogare nella confusione più totale e di venir portati via dalla violenza dei fiumi di parole in piena.
Menomale che il VERBO, la PAROLA DI DIO è SEMPRE lì a ricordarci: "Passeranno i cieli e la terra, ma le mie parole non passeranno" (Mt 24, 35). Per salvarci ancora una volta dalla piena di cattive o insulse parole, bisogna di nuovo rifondarsi sulla Roccia, la PAROLA che non passa, perché è Eterna, è Dio.

La canzone si ripete da capo in un'altra tonalità...

Da un articolo uscito sulla rivista "Città Nuova":

"La Parola è “l’Amore Vero e il Vero Amore”, è “l’Ideale”: è Gesù stesso.
Queste espressioni, nella loro chiarezza ed assolutezza, sono una limpida e profonda professione di fede.
Alla luce di questa comprensione teologica della Parola di Dio, si comprende il senso di un’esperienza tutta particolare vissuta da Chiara  (Lubich) agli inizi dell’estate del ’49.

“Vivendo una Parola e poi un’altra e un’altra ancora – racconta –, avevamo costatato come, mettendo in pratica qualsiasi Parola di Dio, gli effetti alla fine erano identici”.

Lei stessa ne spiega il motivo: “Il fatto è che ogni Parola, pur essendo espressa in termini umani e diversi, è Parola di Dio. Ma siccome Dio è Amore, ogni Parola è carità. Crediamo d’aver in quel tempo scoperto sotto ogni Parola la carità. E, quando una di queste Parole cadeva nella nostra anima, ci sembrava che si trasformasse in fuoco, in fiamme, si trasformasse in amore. Si poteva affermare che la nostra vita interiore era tutta amore”.

Accogliere e vivere la Parola fa essere altrettante parole vive perché è accogliere Dio stesso che in essa si comunica; è vivere della sua vita: fa essere Amore, come Dio è Amore.
Vivere la Parola per essere la Parola. Quale dunque l’atteggiamento davanti a Dio che parla e si dona? Per instaurare un autentico dialogo con Dio occorra vivere la Parola, essere la Parola." (fonte: http://www.focolaritalia.it/2017/08/31/parola-viva-perche-importante-vivere-la-parola-dio/)

Dunque se viviamo la Parola di Dio diventeremo "Parole vive". C'è chi ha vissuto la Parola in modo eminente ed è senz'altro Maria, la Mamma Celeste. Così scriveva Chiara Lubich:

"Ecco, se Maria ha tutte quelle magnifiche e straordinarie qualità che sai, essa è anche « la perfetta cristiana ».
Ed è tale perché, come dal Vangelo puoi dedurre, ella non vive la propria vita, ma lascia che la legge di Dio viva in lei. È colei che meglio di tutti può dire : « Non sono io che vivo, è Cristo che vive in me » (Gal 2, 20). Maria è la Parola di Dio vissuta.
Se vuoi dunque amarla veramente, « imitala ».
Sii anche tu Parola di Dio viva !
L’imitazione di lei ti fa simile a lei e ti porta ad amarla, perché se un detto dice : « L’amore o trova simili, o fa simili », è vero anche che i simili si amano. Guarda : con chi giocano i bambini ? coi bambini. Chi cercano le giovanette come amiche ? altre giovanette. E gli uomini adulti ? altri uomini adulti.
Imitiamo dunque Maria, diventiamo simili a lei e nascerà spontaneo nel nostro cuore l’amore per lei."
(fonte: http://www.centrochiaralubich.org/it/documenti/scritti/4-scritto-it/1610-l-amore-fa-simili.html)