lunedì 27 marzo 2017

I tralci e la vite

"I tralci e la vite" è una delle canzoni del Cd "Ravvivate il cuore e l'anima", pensato per l'anno della fede indetto da Papa Benedetto XVI (2012). Nato per la catechesi e dunque destinato ai bambini del catechismo, ma alcune canzoni estrapolate da Cd, si prestano anche ad un ascolto attento e meditativo. "I tralci e la vite" si rifà al capitolo 15 di Giovanni dove Gesù per far comprendere la necessità di essere innestati in Lui, prende come esempio dalla natura l'indispensabilità che un tralcio sia legato alla vite per portare frutto. Insomma più chiaro di così non poteva essere. Riportiamo il brano evangelico. Gv 15, 1-11:
"Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia e ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. E voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e poi secca: poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà fatto”.

La frase "Perché senza di me non potete fare nulla" è il centro di questi 11 versetti. Dovremmo meditarla ogni giorno. Infatti, davvero senza Gesù non possiamo fare nulla. Né esistere, visto che Lui è la Vita (Gv 14, 6); né sussistere, perché il Lui siamo, viviamo e ci muoviamo (Atti 17, 28).

Ascoltiamo la canzone...



Adesso entriamo nel testo.

Prima strofa

Se rimaniamo in te come tralci alla vite,
daremo il meglio di noi senza fatica.
Mondi nel mondo senza Dio,
per la Parola che vive in noi.


Il "Se" è la condizione per la quale ci giochiamo la nostra esistenza... se crediamo, se amiamo, se seguiamo il Maestro... dipende da noi quel "Se", dalla nostra buona volontà. Ma cosa ci potrà convincere così profondamente e da farci orientare senza tentennamenti? Si tratta di un "circolo ermeneutico", lo chiamano alcuni esperti, che "se" si spezza infrange ogni possibilità di sperimentarne i frutti. Rcordando ciò che Gesù ci insegna dalla croce, possiamo carpirne qualche luce. Gesù è tutto donato (Kenosi), per amore al Padre (agape) in una donazione reciproca per cui Egli è nel Padre e il PAdre è in Lui (pericoresi). Ciò che mostra Gesù è che è totalmete donato, totalmente amore, totalmente nel Padre. Gesù dalla croce ci insegna che o si è totalmente in Dio o altrimenti non si è. Le mezze misure non ci fanno sperimentare niente di Dio. E oggi siamo pieni di mezze figure, di mezzi uomini e mezze donne, in una miscela di confusione direi "diabolica". Quando il "Se" lo spingiamo fino in fondo, senza tenerci niente allora si apre il Cielo, la mente, il cuore, e finalmente vediamo, sperimentiamo Dio e non tentenniamo più. Occorre allora lanciarsi totalmente nell'avventura divina e senza aspettarsi niente, tutto si riceve. L'amore infatti, o è gratuito o non è. Per sperimentare l'AMORE di Dio, bisogna consegnarsi a Lui totalmente, senza tenersi niente. E quando gli abbiamo dato qualcosa, cosa gli avremmo dato? Siamo "nulla", ma se il "nulla" è dato per amore, diventa tutto, perché nel darci totalmente, saremo GESU'. Proprio allora daremo "il meglio di noi senza fatica". Saremo "mondi", ossia purificati dal dono totale di noi stessi, in un mondo che tutto è al di fuori che mondo, puro. E se siamo tutti donati saremo la Parola vissuta, perché Gesù è il Verbo, e mostrandoci la via, ci fa diventare Lui, in un attimo, mentre il "se" diventa dono totale di sé. Provare per credere e credere per provare.

Seconda strofa

Se rimaniamo in te come tralci alla vite,
si ottiene il centuplo quaggiù e la vita eterna lassù.
Senza di Te non si può nulla.
Fuori di Te non si può nulla.


Chi fa l'esperienza di essersi donato totalmente,  riceve doni sovrannaturali sempre più grandi, ma è così nella misura in cui si purifica il proprio donarsi da tutto quanto è umano, ossia attaccato agli schemi di quaggiù. L'io non ancora purificato, sempre vuole gratificazioni e tutto fa per averne contraccambio, ma questo non è amore. L'amore vero dà soltanto, gratuitamente e totalmente e non vorrebbe ricambio, a meno che questo non è altrettanto gratuito e altrettanto purificato. Il primo frutto dell'amore puro, è l'io risorto emendato dall'egoismo. Così Dio aveva creato Adamo, e così è Gesù il nuovo Adamo. Gesù per riportarci alle origini ha dovuto mostrarci una strada in salita, perché la discesa agli inferi è una voragine enorme. Risalire quella china non è senza dolore, e non è senza fatica. La salvezza operata da Gesù così è gratuità purissima e bisogna anche meritarla. Bisogna comprendere il male che ci facciamo con la disobbedienza ed evitarla. Non si può dire di amare Dio e poi comportarsi all'incontrario. Ecco allora che la scelta di Dio , il Sì a Dio è il primo passo, ma poi ci vuole il suo sostegno. Ci impegniamo a rimanere uniti alla Vite, come i tralci, ma chi porta la linfa non siamo noi è Gesù, coi suoi doni: la Grazia, che viene dalla Parola vissuta e dai Sacramenti. Senza Gesù davvero non si può nulla.

Ritornello

Con Te si porta frutto, con Te.
Con Te si ottiene tutto, con Te.
Con Te si dà gloria al Padre. Con Te.
Con Te si è nella gioia piena…

Con Te, con Te…

Una volta innestati in Gesù bisogna portare frutto e se questi non ci sono ci sono dei risvolti negativi terribili. I tralci senza frutto e secchi il contadino li taglia perché servono per il fuoco. E' un'analogia che ci dovrebbe far tremare. Dovremmo verificare ogni giorno se ci sono stati frutti di conversione, se abbiamo aiutato altri a convertirsi, se abbiamo fatti passi come il gambero, all'indietro... C'è un episodio raccontato da Marco al capitolo 11 versetti 12-14 e così commentato in un blog:

"Il testo inizia notando che Gesù “ebbe fame”. Come se volesse dirci, in filigrana, che Gesù ha fame di vita, di frutti, di amore. Passando vede quel (povero) albero di fichi, tutto fogliame e niente frutti. Una metafora e un'allusione alla Genesi, al giardino di Eden in cui Adamo ed Eva dopo la caduta si coprono con delle foglie di fico, per dire che quell'albero è tutta “scena”, tutto foglie che vogliono coprire, nascondere la realtà di una vita arida, incolore, infruttuosa. Noi oggi diremmo: nasconderci dietro un'immagine falsa, che mostra un'apparenza che non corrisponde alla realtà e alla verità di quello che siamo. 
Gesù si rivolge all'albero e decreta: “Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti”. È come se Gesù volesse spogliare quell'albero di tutte quelle inutili foglie e mostrare la sua nudità. La Vita a volte ci spoglia come i lunghi inverni, fa emergere quello che siamo, le nostre sterilità, le nostre incapacità di amare e dare frutto. Gesù smaschera le vite tiepide che non sanno di nulla, le ipocrisie che coprono le nostre fragilità.
L'evangelista annota però: “Non era quella la stagione dei fichi”. Ma allora Gesù che pretende? Che l'albero sia pieno di frutti anche fuori stagione? Questo contrasto etico-botanico mi ha davvero lasciato tante volte interdetto. Finchè non ho scoperto che l'albero di fichi è il primo a dare frutti (e i suoi primi frutti sono in realtà dei fiori, i fioroni) ed è anche l'ultimo a dare frutti; praticamente dalla primavera all'autunno da frutti e durante l'inverno spesso rimangono attaccati all'albero dei fichi secchi. Insomma, è un albero che da sempre dei frutti.  Allora Gesù si meraviglia che l'albero non abbia frutti perchè è sempre la stagione dei frutti. È come  dire che non c'è stagione della vita in cui non si possa dare frutto.
Siamo noi quell'albero di fico, chiamati a fiorire in ogni stagione, senza rimandare a “tempi migliori”. Oggi è il tempo perchè la nostra vita diventi cibo saporito per gli altri, non aspettiamo che finisca la crisi o i problemi, non aspettiamo di essere perfetti. Siamo fatti per portare frutto, per amare, per la gioia, e non saremo in pace finchè la nostra vita non sboccerà in nuove fioriture dell'essere."

Dunque, siamo chiamati a dare frutto in ogni stagione, per dare Gloria a Dio e sperimentare sempre la vera gioia che viene solo da Dio.

Terza strofa

Se rimaniamo in te come tralci alla vite,
come Te e il Padre tuo, rimaniamo in Te.
Per il tuo nuovo comandamento,
saremo tuoi discepoli.


Gesù non ci indica solo una strada, ma ci dà l'esempio. Come Lui e il Padre sono una cosa sola, anche noi in Lui dovremo (e non dovremmo) essere una cosa sola Gv 17, 20-23:

20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; 21perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
22E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.

Cosa ci fa diventare "UNA COSA SOLA"? Il comandamento che Gesù dice "Suo" e "Nuovo": amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati" Gv 15, 12-17:

 12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

Fuori da questa dinamica non ci può essere vita "trinitaria". Sì, credo, che la nostra vita di cristiani o rispecchia quella trinitaria, o non è vita cristiana.

Ritornello

Con Te si porta frutto, con Te.
Con Te si ottiene tutto, con Te.
Con Te si dà gloria al Padre. Con Te.
Con Te si è nella gioia piena…

 Davvero essere cristiani significa addentrarci in qualcosa di molto bello e grande. La luce in cui possiamo immergerci dipende dalla qualità del nostro vivere l'innesto in Dio. Il Battesimo ci innesta in Dio, ma poi riceviamo la linfa che ci fa essere sempre nella luce, o più spesso accade che recidiamo questa possibilità divenendo sterili, incapaci di dare frutto, e seccati al niente del demonio, che ogni giorno cerca di spegnere cuori e menti, creando mostri capaci di ogni aberrazione? 
Come si fa a uccidere asbrangate un coetaneo perché difendeva a sua fidanzata? 
Come si fa in nome di Dio a portare avanti una guerra dove Dio non c'entra nulla? 
Come si fa in nome solo del dio danaro, affamre interi popoli?
 Il "senza di me non potete fare nulla" di geù, ritorna con forza. Papa Francesco Ai 27 capidistato d'Europa, nel suo discorso ha ribadito l'imprescindibilità della cultura europea dalle radici cristiane. Riporto uno stralcio del discorso tenuto venerdì 24 marzo in Vaticano:

Illustri Ospiti,
Ai Padri dell’Europa ho dedicato questa prima parte del mio intervento, perché ci lasciassimo provocare dalle loro parole, dall’attualità del loro pensiero, dall’appassionato impegno per il bene comune che li ha caratterizzati, dalla certezza di essere parte di un’opera più grande delle loro persone e dall’ampiezza dell’ideale che li animava. Il loro denominatore comune era lo spirito di servizio, unito alla passione politica, e alla consapevolezza che «all’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo»[12], senza il quale i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili. «E ancor oggi – affermava san Giovanni Paolo II –, l’anima dell’Europa rimane unita, perché, oltre alle sue origini comuni, vive gli identici valori cristiani e umani, come quelli della dignità della persona umana, del profondo sentimento della giustizia e della libertà, della laboriosità, dello spirito di iniziativa, dell’amore alla famiglia, del rispetto della vita, della tolleranza, del desiderio di cooperazione e di pace, che sono note che la caratterizzano»[13]. Nel nostro mondo multiculturale tali valori continueranno a trovare piena cittadinanza se sapranno mantenere il loro nesso vitale con la radice che li ha generati. Nella fecondità di tale nesso sta la possibilità di edificare società autenticamente laiche, scevre da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto l’oriundo e l’autoctono, il credente e il non credente. (fonte: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/march/documents/papa-francesco_20170324_capi-unione-europea.html)

"I tralci e la vite" è una canzonetta per ragazzi, che abbiamo cercato di comprendere meglio, ci ha detto tante cose, e ci ha fatto penetrare nel desiderio più grande che aveva nostro Signore Gesù Cristo: "Siate Uno affinché il mondo creda"... Una Unità che è personale (tra me e Dio), comunitaria (tra cattolici, tra questi e cristiani di altre Chiese; tra cristiani e membri di altre religioni e anche con chi ha convinzioni diverse), che va al di là delle culture, della razze, dei popoli...

"Come tralci alla vite" allora per essere sempre rivestiti di Luce, e intrisi di Linfa vitale che è la Grazia che viene solo da Dio.

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

martedì 21 marzo 2017

Oltre il tempo

Dal CD "Attimi di cielo" 2005. Si tratta di una canzone dedicata ad un carissimo amico e mio collaboratore da sempre. L'arrangiatore di quasi tutte le mie canzoni e mio amico e compagno di tanti concerti in giro per l'Italia e anche oltre confine. Sto parlando di Niki Saggiomo. Ebbene le nostre storie si sono intrecciate attraverso l'Associazione Nazionale dei cantautori: "Il mio Dio canta giovane" fondata da Giosy Cento, Cionfoli ed altri che ora non ricordo... Io vi aderii solo verso il 1996 e qui vi incontrai un giovane tutto vestito di nero, con una capigliatura ricciuta, magro e già si affacciava al mondo degli arrangiamenti facendoli per il padre, anche lui cantautore, e per lo zio. Lo misi subito alla prova facendomi arrangiare un pezzo che poi non ho mai pubblicato, forse perché troppo rock, ma che nei concerti dal vivo attirava moltissimo e poi perché aveva un titolo altisonante, forse un pò esagerato: "E' necessario il mio martirio".


Ebbene la prova la superò e così cominciai la collaborazione, soprattutto andando a suonare insieme.
Dopo aver lavorato sodo per completare BuoneNuove e dato ormai alle Edizioni Paoline, si profilavano tantissimi concerti e il gruppo che io chiamavo "Bioritmo" ormai andava consolidandosi con una bella intesa basata sulla musica e il messaggio da tutti condiviso. Sembrava che oramai mancasse solo il passettino mediatico e mentre ci accingevamo a farlo nel novembre 1999 con la partecipazione alla manifestazione sulla canzone religiosa all'Ariston di Sanremo, e con altre uscite televisive, a marzo 2000 di ritorno da un cocerto in Puglia, Niki mi rivela che aveva un serio problema di salute. Qualche settimana prima mi aveva detto di avere dei problemi ed io subito lo invitai a farsi le analisi, che fece ma da cui non era risultato niente. Una sera era andato a cena con amici e tra questi vi era un ematologo che lo invitò a farsi degli esami più approfonditi. Quell'incontro fortuito e provvidenziale gli salvò la vita e gliela aggiustò anche. Infatti, cominciò le cure ed io andai con la madre e mentre lui era dentro, noi fuori pregavamo la Supplica alla Madonna di Pompei. Con le cure, si riuscì a debellare la malattia. Inoltre la dottoressa che lo seguiva è poi diventata sua moglie da cui ha avuto due figli bellissimi e intelligentissimi. A gennaio di quell'anno avevo perso mia madre, e ora avrei dovuto prepararmi a chissà quale evento? Verso la fine dell'estate di quell'anno, mentre ero con un altro sacerdote in Sila per qualche giorno di vacanza, pensando a quello che viveva Niki in quel periodo, mi uscì la canzone "Oltre il tempo". Ricordo che la feci ascoltare a don Mario Migliarese, un altro amico che in quel periodo stava attraversando una brutta prova e che rimase molto colpito. Quando la feci ascoltare a Niki, guardavo la sua faccia per carpirne qualche emozione, ma Niki, le emozioni se le vive tuttora tutte dentro, ma quando mise le chitarre al pezzo allora capii che gli era piaciuta e che aveva apprezzato il pensiero.
A volte è proprio strano come due amici non trovino le parole per dirsi quello che hanno in cuore, e che debbano ricorrere alla musica e al testo di una canzone... Ma ascoltiamola...




Entriamo nella canzone...

Il primo arrangiamento fu dei "bioritmo", avevamo nel frattempo dovuto chiamare un altro chitarrista, che subito si fece apprezzare per bravura e creatività. "Oltre il tempo" piacque a tutti e vollero suonarla e così ho una versione live indimenticabile, di un concerto ad Ascoli Piceno nell'ambito di una manifestazione che vedeva in rassegna diversi gruppi della città (se prossimamente avrò tempo realizzerò il video...). Un altro arrangiamento, di F. Cleopatra, con le chitarre di Niki, è quello nel video di Elena Rener, presente nel CD del 2005 "Attimi di cielo".

La prima strofa

Camminavo per la mia strada
quando a un tratto me ne sono andato
coi pensieri, navigando a sprazzi,
un cielo nuvoloso.


 Ho immaginato di stare nei panni di Niki, e rivivere l'attimo in cui gli dissero della malattia. La sua vita così serena, solare, ora si annuvolava. Si annuvolava anche la vita della sua famiglia che doveva adesso mettere mano a nuove energie per far fronte alla situazione. La Madre di Niki, una leonessa, con una fede davvero grande. Non dimenticherò mai la Supplica alla Madonna di Pompei, pregata con lei nel corridoio del Policlinico di Napoli. Il mio pensiero però non andava solo a NIki, ma a tutte quelle persone che stavano lì, e c'erano tantissimi ragazzi. Davvero un giorno in ospedale ti insegna a puntare all'essenziale, e l'essenziale non sono i giorni davanti a te, ma Dio e l'Eternità che bisogna meritarsi vivendo bene il dolore e la sofferenza. O Signore Gesù, tu che sai cosa è il dolore, fa comprendere a questa umanità smarrita il senso della vita e dell'esserci. Siamo di passaggio per una vita che non ha termine, non ha fine. Gesù nel Vangelo dice: "Non temete chi può uccidere il corpo, ma chi invece ha il potere di far perire il corpo e l'anima nella Geenna. Bisogna dunque vivere per un fine più alto e le malattie servono proprio a focalizzare questo obiettivo "Oltre".

Seconda strofa

Camminando per la stessa strada
mi si disse: «Resta ancora a casa»,
ma cambiai il ritmo alle parole
del cielo nuvoloso.


 Quando sembra che non ci sia più speranza, essa affiora come un dono del Cielo. Così per Niki. Dopo il combattimento ecco la risurrezione e una nuova piega alla sua vita. Prima della malattia, non parlava mai di matrimonio. Perché carino, gli piaceva la vita e le ragazze, sembrava che mai dovesse accasarsi, costruirsi un nido da condividere con qualcuno. Inoltre i suoi discorsi sul futuro erano molto incerti, un pò per il lavoro che non arrivava, un pò per l'incognita della carriera da musicista e un pò per quella adolescenza, che gli artisti non amano scrollarsi di dosso. Sembra davvero che la malattia abbia avuto come effetto il superamento di quella fase e finalmente l'adultità si è affacciata con progetti e volti nuovi. Soprattutto la moglie, Silvia, e poi i due figli: Daniele ed Emanuele e poi anche il lavoro, come insegnante di musica in una scuola media. Davvero la Provvidenza l'ha baciato in lungo e in largo. Nel testo dico: "Resta ancora a casa", infatti non era ancora giunto per lui il momento di sciogliere le vele e così ha potuto mettere radici, costruirsi un futuro che ancora è lì a donargli tante gioie, ma a volte anche dolori, perché la vita è così...

Il ritornello

E m’affacciai per dire: «Ciao!
Ci rivedremo forse mai».
A denti stretti salutai
in un addio improvviso.

E m’affacciai per dire: «Ciao!».
Un altro mondo v’incontrai
in una luce intensa dove il cielo è vivo,
come il cielo estivo,
come il cielo estivo,
come il cielo…estivo…


 Prima delle cure, andammo in Svizzera per un concerto e lì Niki viveva dentro di sè il già e il non ancora. Quell'interrogativo che faceva essere incerto il futuro ed io glielo leggevo dentro: "Forse non ci rivedremo più". Era un concerto dove ci ritrovavamo in tanti amici cantautori, e lui senza dire niente a nessuno con la sua solita voglia di vivere che traspariva da una grande capacità di trasformare tutto in risata, non lasciava trasparire il dramma delle notti insonni e dei suoi tanti "perché?". Io ho voluto immaginare anche i suoi colloqui con quel Dio, che tante volte per Niki era nascosto, era in un: "forse non esiste" e poi si risvegliava una luce dentro di sé a dirgli il contrario. Il Cielo dunque è VIVO e si fa scorgere proprio nelle pieghe che la vita prende.

Terza strofa

Camminavo per la stessa strada,
l’asfalto lungo un viale albeggiato
da tanti sogni, alcuni avverati
e un cielo senza fine.


 La strada della vita come una grande strada asfaltata, che a volte sale, a volte scende, e a volte ci puoi trovare delle buche più o meno profonde, ma se la percorri nella luce, ossia dall'alba al tramonto, e non di notte, ti accorgi che tutto ha senso anche quei sogni che credevi irrealizzabili e che ora sono vivi e li stai vivendo e sogni più non sono perché c'è un Dio Amore, che ci ama e per noi ha dato la Vita, riempiendo di sé tutto il creato e solo dove vi è il peccato non c'è. Aimè quante anime che credono che il peccato non esista, rimangono al buio, e si perdono la gioia dell'incontro con Dio, di quel Cielo senza fine che è l'Eternità.

Quarta strofa

Camminando per la mia strada
mi si disse: «E’ ora di partire»,
ma cambiai il tono alle parole
del cielo senza fine.


La malattia di Niki ha significato così una svolta alla sua esistenza. Una nuova ripartenza, non per arrivare già di là, ma per tracciare un altro solco in questa vita, dove seminare ancora. Ecco allora spiegata la frase: "cambiai il tono alle parole del cielo senza fine". Quest'ultima parola la può dire solo Dio, ma quantunque la dicesse per questa vita, di là non c'è fine all'amore che troveremo.

Il secondo ritornello

E allora mi fermai così
raccogliendo il mio respiro,
nell’ultimo minuto
prima di partire.
E poi me ne andai così
con in cuore solo un sogno,
d’incontrare il senso della vita mia,
che va oltre il tempo.
… che va oltre il tempo,
che va oltre il tempo,
che va oltre il tempo.


 Tutta la canzone è un entrare in quello che Niki viveva durante quel periodo. Un fermarsi per poi andare, un arrestarsi per procedere di nuovo. Tutto per trovare il senso dell'esserci, dell'esistere, ma esso è "OLTRE IL TEMPO".

Mi piace completare questo commento con due frasi trovate su internet (fonte: http://aforisticamente.com/2015/04/09/frasi-citazioni-e-aforismi-sulla-consolazione/):

Una delle più gran consolazioni di questa vita è l’amicizia; e una delle consolazioni dell’amicizia è quell’avere a cui confidare un segreto.
(Alessandro Manzoni)

Un amico conosce la melodia del nostro cuore e la canta quando ne dimentichiamo le parole.
(C.S. Lewis)

Credo che queste due frasi possano dire il senso ultimo della mia canzone dedicata a Niki, ma anche a tutti i Niki della storia che fanno l'esperienza della malattia.

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...



domenica 12 marzo 2017

Perchè?

Dal CD "In fondo all'anima" 2 Luglio 2015. Una data importanta perché ricorre Santa Maria delle Grazie. Posso dire che l'uscita di ogni mio CD sia avvenuta in concomitanza con una festa liturgica importante. "In fondo all'anima" ha il "matricinio" (se così si può dire) di Maria SS. delle Grazie...
La canzone "Perché?" l'ho scritta quando ancora ero in seminario dunque è databile tra il 4° e 5° anno di Seminario maggiore, tra il 90 e il 92, dunque nello scorso secolo. Non ricordo la sensazione che me l'ha ispirata, certo stavo vivendo quache prova. Dalla Spiritualità dell'Unità propria del Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich, ho imparato a dare un volto ad ogni dolore, ad ogni sofferenza, ad ogni prova. Il titolo richiama il "Perché?" di Gesù gridato sulla croce, che sente l'Abbandono del Padre. Ed è proprio Gesù Abbandonato la chiave per entrare nell'uomo come Dio lo ha pensato e amato e per capire la distanza che l'uomo ha determinato con la sua disubbidienza, tanto che la Seconda Persona della Trinità s'è dovuta scomodare dai Cieli per venire in nostro soccorso e prendere in sè tutto l'umano per poterlo poi sollevare dall'inferno in cui era caduto. La Storia della Salvezza così, è una storia umano-divina straordinaria, che ha il suo culmine proprio nel grido di Gesù sulla Croce. Lì Dio si è fatto prossimo all'uomo, sperimentando tale distanza e colmandola col suo Amore infinito-dono totale di sé.




Il testo della canzone "Perché?"

Chiuso come dentro a un guscio
duro il mio io a morire.
Guerra da laggiù.
Non riesco a venir su.
Torre di Babele cielo
che mi pesa e tu… Abbandonato

Vorrei fuggire per non dover dir di sì.
Quasi sconfitto innalzerò
il mio grido al tuo:
“Perché mi hai abbandonato?”…

Quale dolore può somigliarti:
tutti i dolori miei.
Eccomi son tuo.
Prendimi con Te.
Cancella quella sete
che hai di me… Abbandonato.

Vorrei fuggire per non dover dir di sì.
Quasi sconfitto innalzerò
il mio grido al tuo:
“Perché mi hai abbandonato?”…

Un altro scritto di Chiara Lubich per entrare ancor di più nella comprensione del dolore...