lunedì 27 marzo 2017

I tralci e la vite

"I tralci e la vite" è una delle canzoni del Cd "Ravvivate il cuore e l'anima", pensato per l'anno della fede indetto da Papa Benedetto XVI (2012). Nato per la catechesi e dunque destinato ai bambini del catechismo, ma alcune canzoni estrapolate da Cd, si prestano anche ad un ascolto attento e meditativo. "I tralci e la vite" si rifà al capitolo 15 di Giovanni dove Gesù per far comprendere la necessità di essere innestati in Lui, prende come esempio dalla natura l'indispensabilità che un tralcio sia legato alla vite per portare frutto. Insomma più chiaro di così non poteva essere. Riportiamo il brano evangelico. Gv 15, 1-11:
"Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia e ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. E voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e poi secca: poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà fatto”.

La frase "Perché senza di me non potete fare nulla" è il centro di questi 11 versetti. Dovremmo meditarla ogni giorno. Infatti, davvero senza Gesù non possiamo fare nulla. Né esistere, visto che Lui è la Vita (Gv 14, 6); né sussistere, perché il Lui siamo, viviamo e ci muoviamo (Atti 17, 28).

Ascoltiamo la canzone...



Adesso entriamo nel testo.

Prima strofa

Se rimaniamo in te come tralci alla vite,
daremo il meglio di noi senza fatica.
Mondi nel mondo senza Dio,
per la Parola che vive in noi.


Il "Se" è la condizione per la quale ci giochiamo la nostra esistenza... se crediamo, se amiamo, se seguiamo il Maestro... dipende da noi quel "Se", dalla nostra buona volontà. Ma cosa ci potrà convincere così profondamente e da farci orientare senza tentennamenti? Si tratta di un "circolo ermeneutico", lo chiamano alcuni esperti, che "se" si spezza infrange ogni possibilità di sperimentarne i frutti. Rcordando ciò che Gesù ci insegna dalla croce, possiamo carpirne qualche luce. Gesù è tutto donato (Kenosi), per amore al Padre (agape) in una donazione reciproca per cui Egli è nel Padre e il PAdre è in Lui (pericoresi). Ciò che mostra Gesù è che è totalmete donato, totalmente amore, totalmente nel Padre. Gesù dalla croce ci insegna che o si è totalmente in Dio o altrimenti non si è. Le mezze misure non ci fanno sperimentare niente di Dio. E oggi siamo pieni di mezze figure, di mezzi uomini e mezze donne, in una miscela di confusione direi "diabolica". Quando il "Se" lo spingiamo fino in fondo, senza tenerci niente allora si apre il Cielo, la mente, il cuore, e finalmente vediamo, sperimentiamo Dio e non tentenniamo più. Occorre allora lanciarsi totalmente nell'avventura divina e senza aspettarsi niente, tutto si riceve. L'amore infatti, o è gratuito o non è. Per sperimentare l'AMORE di Dio, bisogna consegnarsi a Lui totalmente, senza tenersi niente. E quando gli abbiamo dato qualcosa, cosa gli avremmo dato? Siamo "nulla", ma se il "nulla" è dato per amore, diventa tutto, perché nel darci totalmente, saremo GESU'. Proprio allora daremo "il meglio di noi senza fatica". Saremo "mondi", ossia purificati dal dono totale di noi stessi, in un mondo che tutto è al di fuori che mondo, puro. E se siamo tutti donati saremo la Parola vissuta, perché Gesù è il Verbo, e mostrandoci la via, ci fa diventare Lui, in un attimo, mentre il "se" diventa dono totale di sé. Provare per credere e credere per provare.

Seconda strofa

Se rimaniamo in te come tralci alla vite,
si ottiene il centuplo quaggiù e la vita eterna lassù.
Senza di Te non si può nulla.
Fuori di Te non si può nulla.


Chi fa l'esperienza di essersi donato totalmente,  riceve doni sovrannaturali sempre più grandi, ma è così nella misura in cui si purifica il proprio donarsi da tutto quanto è umano, ossia attaccato agli schemi di quaggiù. L'io non ancora purificato, sempre vuole gratificazioni e tutto fa per averne contraccambio, ma questo non è amore. L'amore vero dà soltanto, gratuitamente e totalmente e non vorrebbe ricambio, a meno che questo non è altrettanto gratuito e altrettanto purificato. Il primo frutto dell'amore puro, è l'io risorto emendato dall'egoismo. Così Dio aveva creato Adamo, e così è Gesù il nuovo Adamo. Gesù per riportarci alle origini ha dovuto mostrarci una strada in salita, perché la discesa agli inferi è una voragine enorme. Risalire quella china non è senza dolore, e non è senza fatica. La salvezza operata da Gesù così è gratuità purissima e bisogna anche meritarla. Bisogna comprendere il male che ci facciamo con la disobbedienza ed evitarla. Non si può dire di amare Dio e poi comportarsi all'incontrario. Ecco allora che la scelta di Dio , il Sì a Dio è il primo passo, ma poi ci vuole il suo sostegno. Ci impegniamo a rimanere uniti alla Vite, come i tralci, ma chi porta la linfa non siamo noi è Gesù, coi suoi doni: la Grazia, che viene dalla Parola vissuta e dai Sacramenti. Senza Gesù davvero non si può nulla.

Ritornello

Con Te si porta frutto, con Te.
Con Te si ottiene tutto, con Te.
Con Te si dà gloria al Padre. Con Te.
Con Te si è nella gioia piena…

Con Te, con Te…

Una volta innestati in Gesù bisogna portare frutto e se questi non ci sono ci sono dei risvolti negativi terribili. I tralci senza frutto e secchi il contadino li taglia perché servono per il fuoco. E' un'analogia che ci dovrebbe far tremare. Dovremmo verificare ogni giorno se ci sono stati frutti di conversione, se abbiamo aiutato altri a convertirsi, se abbiamo fatti passi come il gambero, all'indietro... C'è un episodio raccontato da Marco al capitolo 11 versetti 12-14 e così commentato in un blog:

"Il testo inizia notando che Gesù “ebbe fame”. Come se volesse dirci, in filigrana, che Gesù ha fame di vita, di frutti, di amore. Passando vede quel (povero) albero di fichi, tutto fogliame e niente frutti. Una metafora e un'allusione alla Genesi, al giardino di Eden in cui Adamo ed Eva dopo la caduta si coprono con delle foglie di fico, per dire che quell'albero è tutta “scena”, tutto foglie che vogliono coprire, nascondere la realtà di una vita arida, incolore, infruttuosa. Noi oggi diremmo: nasconderci dietro un'immagine falsa, che mostra un'apparenza che non corrisponde alla realtà e alla verità di quello che siamo. 
Gesù si rivolge all'albero e decreta: “Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti”. È come se Gesù volesse spogliare quell'albero di tutte quelle inutili foglie e mostrare la sua nudità. La Vita a volte ci spoglia come i lunghi inverni, fa emergere quello che siamo, le nostre sterilità, le nostre incapacità di amare e dare frutto. Gesù smaschera le vite tiepide che non sanno di nulla, le ipocrisie che coprono le nostre fragilità.
L'evangelista annota però: “Non era quella la stagione dei fichi”. Ma allora Gesù che pretende? Che l'albero sia pieno di frutti anche fuori stagione? Questo contrasto etico-botanico mi ha davvero lasciato tante volte interdetto. Finchè non ho scoperto che l'albero di fichi è il primo a dare frutti (e i suoi primi frutti sono in realtà dei fiori, i fioroni) ed è anche l'ultimo a dare frutti; praticamente dalla primavera all'autunno da frutti e durante l'inverno spesso rimangono attaccati all'albero dei fichi secchi. Insomma, è un albero che da sempre dei frutti.  Allora Gesù si meraviglia che l'albero non abbia frutti perchè è sempre la stagione dei frutti. È come  dire che non c'è stagione della vita in cui non si possa dare frutto.
Siamo noi quell'albero di fico, chiamati a fiorire in ogni stagione, senza rimandare a “tempi migliori”. Oggi è il tempo perchè la nostra vita diventi cibo saporito per gli altri, non aspettiamo che finisca la crisi o i problemi, non aspettiamo di essere perfetti. Siamo fatti per portare frutto, per amare, per la gioia, e non saremo in pace finchè la nostra vita non sboccerà in nuove fioriture dell'essere."

Dunque, siamo chiamati a dare frutto in ogni stagione, per dare Gloria a Dio e sperimentare sempre la vera gioia che viene solo da Dio.

Terza strofa

Se rimaniamo in te come tralci alla vite,
come Te e il Padre tuo, rimaniamo in Te.
Per il tuo nuovo comandamento,
saremo tuoi discepoli.


Gesù non ci indica solo una strada, ma ci dà l'esempio. Come Lui e il Padre sono una cosa sola, anche noi in Lui dovremo (e non dovremmo) essere una cosa sola Gv 17, 20-23:

20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; 21perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
22E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.

Cosa ci fa diventare "UNA COSA SOLA"? Il comandamento che Gesù dice "Suo" e "Nuovo": amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati" Gv 15, 12-17:

 12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

Fuori da questa dinamica non ci può essere vita "trinitaria". Sì, credo, che la nostra vita di cristiani o rispecchia quella trinitaria, o non è vita cristiana.

Ritornello

Con Te si porta frutto, con Te.
Con Te si ottiene tutto, con Te.
Con Te si dà gloria al Padre. Con Te.
Con Te si è nella gioia piena…

 Davvero essere cristiani significa addentrarci in qualcosa di molto bello e grande. La luce in cui possiamo immergerci dipende dalla qualità del nostro vivere l'innesto in Dio. Il Battesimo ci innesta in Dio, ma poi riceviamo la linfa che ci fa essere sempre nella luce, o più spesso accade che recidiamo questa possibilità divenendo sterili, incapaci di dare frutto, e seccati al niente del demonio, che ogni giorno cerca di spegnere cuori e menti, creando mostri capaci di ogni aberrazione? 
Come si fa a uccidere asbrangate un coetaneo perché difendeva a sua fidanzata? 
Come si fa in nome di Dio a portare avanti una guerra dove Dio non c'entra nulla? 
Come si fa in nome solo del dio danaro, affamre interi popoli?
 Il "senza di me non potete fare nulla" di geù, ritorna con forza. Papa Francesco Ai 27 capidistato d'Europa, nel suo discorso ha ribadito l'imprescindibilità della cultura europea dalle radici cristiane. Riporto uno stralcio del discorso tenuto venerdì 24 marzo in Vaticano:

Illustri Ospiti,
Ai Padri dell’Europa ho dedicato questa prima parte del mio intervento, perché ci lasciassimo provocare dalle loro parole, dall’attualità del loro pensiero, dall’appassionato impegno per il bene comune che li ha caratterizzati, dalla certezza di essere parte di un’opera più grande delle loro persone e dall’ampiezza dell’ideale che li animava. Il loro denominatore comune era lo spirito di servizio, unito alla passione politica, e alla consapevolezza che «all’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo»[12], senza il quale i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili. «E ancor oggi – affermava san Giovanni Paolo II –, l’anima dell’Europa rimane unita, perché, oltre alle sue origini comuni, vive gli identici valori cristiani e umani, come quelli della dignità della persona umana, del profondo sentimento della giustizia e della libertà, della laboriosità, dello spirito di iniziativa, dell’amore alla famiglia, del rispetto della vita, della tolleranza, del desiderio di cooperazione e di pace, che sono note che la caratterizzano»[13]. Nel nostro mondo multiculturale tali valori continueranno a trovare piena cittadinanza se sapranno mantenere il loro nesso vitale con la radice che li ha generati. Nella fecondità di tale nesso sta la possibilità di edificare società autenticamente laiche, scevre da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto l’oriundo e l’autoctono, il credente e il non credente. (fonte: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/march/documents/papa-francesco_20170324_capi-unione-europea.html)

"I tralci e la vite" è una canzonetta per ragazzi, che abbiamo cercato di comprendere meglio, ci ha detto tante cose, e ci ha fatto penetrare nel desiderio più grande che aveva nostro Signore Gesù Cristo: "Siate Uno affinché il mondo creda"... Una Unità che è personale (tra me e Dio), comunitaria (tra cattolici, tra questi e cristiani di altre Chiese; tra cristiani e membri di altre religioni e anche con chi ha convinzioni diverse), che va al di là delle culture, della razze, dei popoli...

"Come tralci alla vite" allora per essere sempre rivestiti di Luce, e intrisi di Linfa vitale che è la Grazia che viene solo da Dio.

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

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