mercoledì 7 dicembre 2016

Non andar via da me

Edizioni Paoline 1999
Anche questa canzone è presente nel CD Buonenuove edito dalle Paoline 1999 (https://itunes.apple.com/it/artist/mimmo-iervolino/id502959007). Ѐ una canzone a cui tengo molto perché col suo arrangiamento di sole chitarre, basso e un pò di batteria, si da risalto al testo che è molto profondo. Cambia tonalità nella seconda parte e fui costretto a cambiare delle note nel secondo ritornello perché proprio non ci arrivavo.
Le chitarre sono suonate da Tony Bungaro (cantante italiano affermato che curò diversi arrangiamenti di "Buonenuove"... nel 1997 era quasi signor nessuno, poi divenne famoso e mi lasciò a piedi). Col senno di poi credo che quella variazione dette alla canzone anche una piccola novità melodica. Anche se l'ho pubblicata nel 1999, l'ho scritta qualche anno prima intorno al 1994 a qualche anno dalla mia Ordinazione sacerdotale, quando il mondo, che volevo "convertire" dopo la preparazione in seminario, risultò essere molto più complicato del previsto costandomi sofferenze magari preventivate, ma di cui sono divenato cosciente quando le ho sofferte. Se non avessi avuto la Spiritualità dell'Unità, di Chiara Lubich, chissà che non mi sarei trovato in altri lidi...
Per grazia ricevuta dunque, questa canzone l'ho scritta proprio in un momento "no". Quasi una risposta a quel "perché?" gridato da Gesù sulla croce, e gridato da me in quel periodo nero. Ascoltiamola...



Approfondiamo il testo

Prima strofa

Sei solo Tu, l’unico mio bene.
E non mi lascerai, e non ti lascerò:
Ti amo, unico respiro che ho.


In questa prima strofa, faccio riferimento al Salmo 16, 2: "Ho detto a Dio: «Tu sei il mio Signore;
non ho bene alcuno all'infuori di te»". Basterebbe starsene in silenzio e meditarla questa frase per capirne la profondità. Ѐ una dichiarazione d'amore immensa.
I "Ti amo" nelle canzoni popolari e radiofoniche, quelle secolari per intenderci, sono piene di questa frase, ma non so se qualcuno ha osato prima di me dirla in una canzone dedicata al Signore.
Quando si è sulla croce di una bella prova fisica o spirituale, la fedeltà a Dio arranca, ma è proprio lì che la nostra fede viene smussata e irrobustita. "Non chi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà di Dio" (Mt 7, 21), e certe volte sono dolorosissime, cadiamo nei pantani del nemico con le nostre stesse mani, altre volte è Dio che permette la prova per farci avanzare nel cammino verso di Lui. Nell'uno e nell'altro caso, ci vengono date occasioni per chiedere aiuto e le grazie per affrontare le situazioni più diparate.
Sì credo proprio che la frase "unico respiro che ho" è davvero bella e dice tutto. La Vita viene dal Signore Gesù e Lui sta diventando sempre più l'unico mio respiro. Sento con forza dentro di me, questo amore immenso di Dio e quanto piccolo sia, il mio amore per Lui. Quante volte penso al giorno che dovrò comparirgli davanti! Come farò vedendo tutta la mia povertà? Sto chiedendo da tempo di farmi "odiare il male" (Amos 5, 15), e di farmi discernere sempre ciò che è male, per non offenderlo mai più. Ѐ una ginnastica senza fine dalla mattina alla sera. Daltronde se ami qualcuno vorresti solo il suo bene. In realtà volendo Bene a Dio siamo noi che ne riceviamo "Grazia su Grazia" (Gv 1, 16).

Seconda strofa

Sei solo Tu, l’unico mio dono.
E fino a darmi io e fino a dar di più:
ti amo, unico mio tutto per me.

Riconoscere i doni di Dio e distinguerli dal donatore che diventa DONO dei doni, è saggezza così dice Sant'Agostino nelle "Confessioni":
"Dunque è buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene, e io esulto in suo onore per tutti i beni di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza. Il mio peccato era di non cercare in lui, ma nelle sue creature, ossia in me stesso e negli altri, i diletti, i primati, le verità, così precipitando nei dolori, nelle umiliazioni, negli errori. A te grazie, dolcezza mia e onore mio e fiducia mia, Dio mio, a te grazie dei tuoi doni. Tu però conservameli, così conserverai me pure, e tutto ciò che mi hai donato crescerà e si perfezionerà, e io medesimo sussisterò con te, poiché tu mi hai dato di sussistere (1, 20, 31)."
Ed ancora:
"Come rimunerare il Signore del fatto che la mia memoria rievoca simili azioni e la mia anima non ne è turbata? Io ti amerò, Signore, ti renderò grazie e confesserò il tuo nome, poiché mi hai perdonato malvagità e delitti così grandi. Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non ho commesso. Cosa non avrei potuto fare, se amai persino il delitto in se stesso? Eppure tutti questi peccati: e quelli che di mia spontanea volontà commisi, e quelli che sotto la tua guida evitai, mi furono rimessi, lo confesso (2, 7, 15). (fonte: http://www.augustinus.it/varie/preghiere/preghiere_conf_1.htm). 

Se il mio Dio si è donato e si dona totalmente, cosa dovrei fare io se non donarmi a mia volta?


Primo ritornello

Senza pace sono i giorni miei
ora che mi fermo qui.
Ti stringo in quest’ultima preghiera.
Amore mio, Amore mio.
 Non andar via via da me.

 Ebbene sì, arrivano le "notti oscure", ma bisogna sapere cosa sono e come sono necessarie alla crescita spirituale. San Giovanni della Croce ha scritto un trattato: "Salita al Monte Carmelo" dove descrive in lungo e in largo la necessità di attraversare le notti per arrivare all'unione con Dio. Così scrive:
"Possiamo chiamare notte questo passaggio dell’anima verso l’unione con Dio per tre motivi.
Il primo è desunto dal punto di partenza dell’anima, perché essa deve privarsi del godimento di tutte le cose temporali che possedeva, rinunciando ad esse. Tale rinuncia o privazione costituisce una vera e propria notte per tutte le passioni e i sensi dell’uomo.
Il secondo è dato dal mezzo che s’impiega o dal cammino attraverso cui l’anima deve passare per giungere all’unione divina, cioè la fede, che è oscura all’intelligenza come la notte.
Il terzo deriva dalla meta verso cui si tende, cioè Dio, che è certamente notte oscura per l’anima in questa vita. Queste tre notti devono passare attraverso l’anima o, per meglio dire, l’anima deve attraversare queste notti per attingere l’unione con Dio."

Nessun cammino spirituale è semplice, ma neanche complicato, occorre la voglia di camminare, la volontà sempre più ferrea di restare, rimanere fedeli a Dio anche quando le notti sopraggiungono. Nella canzone, proprio qui nel ritornello, parlo del dolore che lascia l'assenza di Dio nell'anima. Ci si può smarrire, o continuare a lottare. Che forza occorre per non soccombere! Questa si attinge nella preghiera costante, e nell'amore puro che tutto dona e niente pretende. Chi rimane fedele nella prova è segno che sta amando di amore puro. Non ama per ricevere doni, ma ama l'amato, perché esso è l'AMORE. La preghiera diventa grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato» e con quanto resta in gola si potrà solo sussurrare: "Non andar via da me".

Terza strofa

Sei solo Tu, l’unico mio Cielo.
E non mi perderai e non ti perderò:
Ti amo, unico mio Dio che ho.

Ѐ vero anche questo, che l'unico Cielo in cui spaziare con la mente, i desideri e con tutto quello che si è, deve essere Dio «in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Atti 17, 28). Quando si raggiunge questa totalità allora Dio viene ad abitare in te: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Così spiega Chiara Lubich in un commento a Gv 14, 23:

"La sua presenza dunque si può realizzare fin d’ora nei cristiani ed in mezzo alla comunità; non occorre aspettare il futuro. Il tempio che la accoglie non è tanto quello fatto di muri, ma il cuore stesso del cristiano, che diventa così il nuovo tabernacolo, la viva dimora della Trinità.
Ma come può il cristiano arrivare a tanto? Come portare in sé Dio stesso? Quale la via per entrare in questa profonda comunione con lui?
E’ l’amore verso Gesù.
Un amore che non è mero sentimentalismo, ma si traduce in vita concreta e, precisamente, nell’osservare la sua Parola.
E’ a quest’amore del cristiano, verificato dai fatti, che Dio risponde col suo amore: la Trinità viene ad abitare in lui.
«… osserverà la mia parola».
E quali sono le parole che il cristiano è chiamato ad osservare?
Nel Vangelo di Giovanni, “le mie parole” sono spesso sinonimo di “i miei comandamenti”. Il cristiano è dunque chiamato ad osservare i comandamenti di Gesù. Essi però non vanno tanto intesi come un catalogo di leggi. Occorre piuttosto vederli tutti sintetizzati in quello che Gesù ha illustrato con la lavanda dei piedi: il comandamento dell’amore reciproco. Dio comanda ad ogni cristiano di amare l’altro fino al dono completo di sé, come Gesù ha insegnato ed ha fatto.
E come allora vivere bene questa Parola? Come arrivare al punto in cui il Padre stesso ci amerà e la Trinità prenderà dimora in noi?
Attuando con tutto il nostro cuore, con radicalità e perseveranza appunto l’amore reciproco fra noi.
In questo, principalmente, il cristiano trova anche la via di quella profonda ascetica cristiana che il Crocifisso esige da lui. E’ lì, infatti, nell’amore reciproco, che fioriscono nel suo cuore le varie virtù ed è lì che può corrispondere alla chiamata della propria santificazione.
(Chiara Lubich)

(fonte: http://www.focolarisardegna.it/do/archives/1480).

Dunque dire "Ti Amo", diventa sinonimo di "voglio fare la tua volontà", "voglio mettere in pratica le tue Parole", "voglio amre il prossimo fino a far nascere in lui il desiderio della reciprocità". In questo modo si vivrà "come in Cielo così in terra". Sarebbe Paradiso già qui, anticipazione di quello lassù.


Quarta strofa

Sei solo Tu, l’unico mio cuore.
E fino a viverti e fino ai brividi:
ti amo, nel tuo assurdo grido, sei me.

C'è una fra se di Agostino,  suona così:  

“Sotto il lavorio della tua mano delicatissima e pazientissima, Signore, ora il mio cuore lentamente prendeva forma”.

E quale forma prenderà il cuore se non quella del cuore di Gesù? In una mia canzone inedita dico:
"Ti amerò così, ti amerò così semplicemente, cuore nel mio cuore anche nelle tenebre, ti amerò così ridirò il mio sì teneramente, cuore nel mio cuore dentro l'anima..."
Dunque se desidero avere lo stesso cuore di Gesù, sarà Lui l'unico mio cuore. Ma il pio desiderio si scontra subito con la dura realtà: "Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce e mi segua". Non ci sono altre vie per somigliare al Maestro: la via è la croce. E chi potrà mai amare il dolore? Eppure i grandi mistici non hanno lesinato donare la propria vita e tutta la sofferenza, che attraverso essi sanava, convertiva, redimeva anime di ogni luogo... e di ogni tempo. Ho letto che una mistica: Madre Mariana Torres Berriochoa, ricevette da Maria delle profezie sui nostri tempi e che si stanno realizzando (http://www.corrispondenzaromana.it/le-profezie-di-nostra-signora-del-buon-successo/). Per sette volte apparve alla suora fra il 1588 e il 1634 chiedendo di pregare per quelli del XX secolo, un secolo sciagurato. L'Amore di Dio preveniente, parte sempre da molto lontano e Maria in questi anni bui della fede è presentissima. Basta pensare alle apparizioni di Medjugorje.
I mistici, dunque,  sono anime elette che portano con Gesù il peso della croce della redenzione. Ogni cristiano dovrebbe portare un pezzetto della croce, ma tante volte non sappiamo fare neanche i sacrifici più piccoli. Menomale che da qualche parte c'è sempre un'anima eletta, detta anche "vittima" che soffre per tutta l'umanità. Suor Faustina Kovalska nel suo diario scrisse che quando non ci saranno più anime elette chiamate al martirio, la fine del mondo sarà alla porta.
Quando si sa abbracciare la croce con Gesù, in Gesù e per Gesù, "non siamo più noi a vivere, ma Lui in noi". Ecco perché in questa strofa dico: "nel tuo assurdo grido sei me" e si potrebbe anche dire, quando sarò crocifisso alla mia croce, io sarò Te.

Secondo ritornello

Riprende fiato questa vita mia,
ora che mi perdo in Te,
mentre ti sto parlando viso a viso.
Amore mio, amore mio, non andar via... da me

Proprio così, se ci abbandoniamo alle cure patere di Dio, anche quando la sofferenza sarà insopportabile, avremo una grazia in più che ci farà riprendere fiato. Avviene fra l'anima e Dio lo sposalizio mistico. Un articolo di Aléteia spiega con semplicità in cosa consiste:
"Lo sposalizio mistico (o matrimonio spirituale) è il più alto grado di unione con Dio che una persona può sperimentare su questa terra. Questo dono è chiamato “sposalizio” perché l’anima è unita a Dio come si amano lo sposo e la sposa. La specificazione “mistico” indica che si tratta di un’immagine, di un simbolo, un modo umano di esprimersi. Santa Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia, ebbe questa grazia straordinaria, insieme a tante altre. Nel suo Diario scrisse che ciò che conta è l’amore che ci unisce al Signore: “Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell’anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio”."
(fonte: http://it.aleteia.org/2014/07/11/che-cose-lo-sposalizio-mistico-con-gesu-cristo/).

Questa canzone così semplice, ma profondissima, dice tutte queste cose. Si potrebbe fare con essa un intero corso di esercizi spirituali. Non lo chiedete a me però... non sono all'altezza del compito... Io al massimo posso cantare le mie canzoni.

... Alla prossima canzone per dare e cantare Dio.


sabato 26 novembre 2016

É solo una goccia di acqua

É presente nel CD Buone Nuove ed è nata davvero nel secolo scorso... quando la scrissi pensavo davvero che quello che può fare ciascuno di noi, è solo una goccia d'acqua. Mi ricordavo un episodio raccontato da Sant'Agostino:

"Mi ero alzato presto quel mattino, e camminavo lungo la riva del mare. Mi capita spesso di fare così quando la mia mente non riesce a comprendere, cose più grandi me: con la sola forza della mia intelligenza cercavo di spiegarmi tante cose di Dio. Ero così preso dai miei pensieri che quasi non mi ero accorto che di fronte a me, a quell'ora dell'alba stava giocando un bambino. Aveva fatto una buca nella sabbia e continuava a correre da lì fino a riva, avanti e indietro, trasportando ogni volta un po' d'acqua. "A che gioco stai giocando a quest'ora?" gli chiesi. Il bambino mi rispose che non era affatto un gioco, e che voleva solo riversare tutto il mare in quella buca. Sorridendo per la sua impresa cercai di farlo ragionare, dicendogli che non ci sarebbe mai riuscito, perché il mare è troppo grande per essere contenuto in una piccola buca nella sabbia. Anche lui mi sorrise, ma continuò nel suo gioco. Così proseguii il mio cammino. Non avevo fatto nemmeno dieci passi che il bambino alle mie spalle rispose. "Forse hai ragione Agostino, ma sappi che è più facile per me travasare qui le acque dell'intero Oceano che alla tua mente scorgere i confini dell'amore di Dio"." 

Può dunque una goccia, parte del tutto, conoscere e contenere l'oceano, il tutto? Eppure l'oceano (Dio) s'è fatto goccia (Gesù) per poterci dare questa soddisfazione. Brama abitarci e farsi goccia per riempirci di sè. allora sì che essendo goccia, potremo darla e non dare una cosina, ma Dio, che s'è fatto goccia in noi. Che grande prodigio, che grande vocazione, ha la creatura umana: contenere Dio, per amore, solo per Amore.
Diventare goccia, piena, satura di Dio, non dipende che da noi, se sappiamo svuotarci di noi imitando Gesù Crocifisso, che vuoto di sè, tutto donato, accoglie Dio Padre e dona Lo Spirito.

Ascoltiamo la canzone...



Analizziamo il testo
Prima strofa

Una goccia d’acqua ti do, che Lui può trasformare in vino.
Una goccia d’acqua ti do, che può forare quella diga.
 

Una goccia d'acqua dunque è quello che possiamo essere e dare, nulla di più, ma c'è chi la può trasformare proprio come l'acqua divenuta vino a Cana di Galilea. Piccoli e finiti come siamo, facciamo esperienza ogni giorno della nostra pochezza, ma Dio può trasformare il nulla in un prodigio e la piccola goccia, può diventare potente, come quando in una diga un piccolo foro dove passano piccole gocce, possono farla frantumare. Noi piccole gocce veniamo trasformati, a poco apoco dal vivere goccia a goccia le Sue Parole eterne fattesi leggibili e visibili: “In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,19-20).  Dunque una goccia accanto a un'altra diventa potenza della Presenza di Dio.

Così spiega Chiara Lubich in un commento alla Parola di Vita di qualche anno fa.

È questa, a mio avviso, una di quelle parole di Gesù che fanno sobbalzare il cuore. Quante necessità nella vita, quanti desideri leciti e buoni che non sai come soddisfare, che non puoi appagare! Sei profondamente convinto che solo un intervento dall’Alto, una grazia dal cielo, potrebbe accordarti quanto brami con tutto il tuo essere. Ed ecco che senti ripetere dalla bocca di Gesù con splendida chiarezza, con adamantina certezza, piena di speranza e di promessa, la parola:

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Avrai letto nel Vangelo che Gesù raccomanda più volte la preghiera e insegna come si fa ad ottenere. Ma questa, sulla quale poniamo oggi l’attenzione, è veramente originale. Essa, perché possa ottenere una risposta dal cielo, esige più persone, una comunità. Dice: «Se due di voi». Due. È il numero più piccolo che forma una comunità. A Gesù dunque importa non tanto il numero quanto la pluralità dei credenti.
Anche nel giudaismo – ti sarà noto – si sa che Dio apprezza la preghiera della collettività, ma Gesù dice qualcosa di nuovo: «Se due di voi… si accorderanno». Vuole più persone, ma le vuole unite, pone l’accento sulla loro unanimità: le vuole una sola voce.
Devono mettersi d’accordo sulla domanda da fare, certamente; ma questa richiesta deve poggiare soprattutto su una concordanza dei cuori. Gesù afferma, in pratica, che la condizione per ottenere quanto si chiede è l’amore reciproco tra le persone.

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Ti potrai chiedere: «Ma perché le preghiere fatte in unità hanno maggiore accesso presso il Padre?».
Il motivo, forse, è perché sono più purificate. A che cosa infatti è ridotta, spesso, la preghiera se non ad una serie di domande egoistiche che ricordano più i mendicanti presso un re, che non i figli presso un padre?
Quanto invece si chiede insieme agli altri è certamente meno macchiato da un interesse personale. A contatto con gli altri si è più propensi a sentire anche le loro necessità e a condividerle.
Non solo: ma è più facile che due o tre persone capiscano meglio che cosa chiedere al Padre.
Se si vuole quindi che la nostra preghiera sia esaudita è meglio stare esattamente a quanto Gesù dice, e cioè:

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Gesù stesso ci dice dove sta il segreto dell’efficacia di questa preghiera. Esso è tutto in quel «riuniti nel mio nome». Quando si è uniti così c’è fra noi la Sua presenza e tutto ciò che si chiede con Lui è più facile ottenerlo. Infatti Gesù, presente dove l’amore reciproco unisce i cuori, è Lui stesso che chiede con noi le grazie al Padre. E puoi pensare che il Padre non ascolti Gesù? Il Padre e Cristo sono una sola cosa.
Non ti sembra splendido tutto questo? Non ti dà certezza? Non ti dà fiducia?

“In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

Sarai ora certamente interessato a sapere cosa vuole Gesù che tu chieda. Egli stesso lo dice chiaramente: «qualunque cosa». Non c’è quindi nessun limite.
E allora metti anche questa preghiera nel programma della tua vita. Forse la tua famiglia, tu stesso, i tuoi amici, le associazioni di cui fai parte, la tua patria, il mondo che ti circonda mancano di innumerevoli aiuti perché tu non li hai chiesti.
Accordati con i tuoi cari, con chi ti comprende o condivide i tuoi ideali e, dopo esservi disposti ad amarvi come il Vangelo comanda, così uniti da meritare la presenza di Gesù tra voi, chiedete. E chiedete più che potete: chiedete durante l’assemblea liturgica; chiedete in chiesa; chiedete in qualsiasi luogo; chiedete prima di prendere decisioni; chiedete qualsiasi cosa.
E soprattutto non fate in modo che Gesù resti deluso dalla vostra noncuranza, dopo avervi dato tanta possibilità.
Gli uomini sorrideranno di più, gli ammalati spereranno; i bimbi cresceranno più protetti, i focolari familiari più armoniosi; i grandi problemi potranno essere affrontati anche nell’intimo delle case… E vi guadagnerete il Paradiso, perché la preghiera per i bisogni dei vivi e dei morti è anch’essa una di quelle opere di misericordia che ci saranno richieste all’esame finale.
Chiara Lubich
(Fonte: Pubblicata su Città Nuova 1981/15-16, pp.40-41).

Dove Dio si manifesta potentemente? Fra due o più...ma uniti nel suo NOME. Ossia uniti a Lui come tralci alla vite, pronti a dare tutto di sè come Gesù stesso ha insegnato. Fatti così gocce d'amore vivo, uniti a Lui si diventa fiumi, oceani d'Amore...

Seconda strofa

Una goccia d’acqua ho per te per dissetarti nel cammino.
Una goccia d’acqua ho per te per far fiorire il tuo destino.


Niente disseta più dell'acqua fresca di sorgente. Niente disseta l'anima se non lo Spirito di Dio che fa vivere ogni cosa e che è la sorgente scaturita dal costato di Cristo, per il cui lavacro risorgiamo a vita nuova, nella vita delle cose spirituali.
Nel deserto dell'esistenza solo Dio può dissetare l'infinito bisogno che abbiamo dello Spirito. Eppure tanti, abbacinati dagli specchietti del nemico, si fanno ingannare nel credere che ci sia quaggiù qualcosa che possa soddisfare. Invece, solo Dio può riempire totalemente, portando tutte le potenze del corpo e dello spirito al massimo splendore. Non è forse Lui il nostro Creatore, e non sa Lui fino a che punto possiamo inoltrarci nella conoscenza? Abbandonarsi in Dio dunque, come un pesce nell'oceano, dovrebbe essere istintivo. Se da lui veniamo, dove potremmo trovare soddisfazione se non lì da dove siamo scaturiti per un atto d'amore creativo unico e irripetibile?

 Ritornello

Una goccia d’acqua che può trasformare il vuoto in giardino.
Una goccia d’acqua che può trasferire il Cielo tra noi.
Ed è solo una goccia d’acqua, che con la tua può diventare fiume
 e con la sua mare profondo, amore traboccante in piena...
Amore, amore...        na na na


Sì, Dio ci ha fatti gocce di luce, e il nostro vero dover essere è luce. Se Gesù ha detto di sè: "Io sono la luce", dunque per raggiungerla occorre alimentarsi di luce alla Luce. Le Sue Parole sono raggi della Luce di Dio, che penetrando in noi producendo effetti straordinari. Provare per credere e credere per provare. Si realizza quanto dico nel ritornello: il vuoto si trasforma in giardino; il Cielo si trasferisce in noi e fra noi.

 Terza e quarta strofa

Da Lui ho preso quella goccia, che mi fa esistere e sperare.
A te la dono quella goccia che non posso conservare.

Se non dono la mia goccia presto diverrebbe niente.
Se non dai quella tua goccia in alto mare ti potresti trovare.


I Carismi che Dio dona, sono Gocce dello Spirito che illuminano ora un aspetto dell'infinita Sapienza, ora un altro. Quando si attinge ad un fondatore sempre si ottiene una luce per sè e per chi ti sta accanto. Certo Dio parla ad ognuno, ma le spiritualità sono doni di Dio a tutta l'umanità e allora potremmo rivestirci di infinite luci, se solo sapessimo approfittare! Quando la si è ricevuta, la goccia, non puoi tenerla per te, ha bisogno di essere trafficata, perché si possa moltiplicare per il dono intrinseco che ha, perchè divina. Se la tieni per te commetti un sacrilegio, perché i doni di Dio ammuffiscono se non si donano. Come succede per l'acqua che se resta ferma imputridisce, ma se è in movimento porta vita. La nostra goccia d'amore di Dio dunque, deve portare frutto, dissetare altri deserti, inventare altri giardini, costruire nuove forme di esistenza nello Spirito, fare opere concrete di carità. Ecco cosa suggerisce Chiara Lubich a un giovane che chiedeva come portare pace e, a un sacerdote che chiedeva come ripondere al grande dolore che c'è:

Chiara Lubich: La nostra goccia quotidiana (it) from focolare.org on Vimeo.

 La propria goccia va data gratuitamente senza aspettarsi niente per amore, solo per amore. Solo così sarà goccia povera di umano e ricca di Dio.

Secondo ritornello

Una goccia d’acqua che può trasformare il vuoto in giardino.
Una goccia d’acqua che può trasferire il Cielo tra noi.
Ed è solo una goccia d’acqua, che con la tua può diventare fiume
 e con la sua mare profondo, amore traboccante in piena...
Amore, amore...        na na na

Il secondo ritornello è uguale al primo e lo commento con dei versi che pensavo potessero servire per una canzone che però non è più nata, recitano così:

Anime:

Gocce di luce, d'amore,
riflessi di Dio Amore.
Ciò ci fa somiglianti.
Luce da Luce anche noi.

Occorre pulire, scolpire
l'io che si sporca quaggiù.
Il Verbo c'insegna la Via
in salita, ma è quella sicura.

Gocce di luce, riflessi di Eterno.
Amore, sostanza d'Amore.
Salvate dal Dio umanato:
Mistero d'Amore infinito.


... alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

martedì 8 novembre 2016

Ogni giorno di più

Dal CD Attimi di cielo, questa canzone, mi ottenne un bellissimo voto a Filosofia del linguaggio.
Ricordo che per tutto il corso, pur sforzandomi, non ci avevo capito un granché. Menomale che il prof. Zelindo Trenti, sacerdote salesiano, ci diede un'opzione a fine corso: sostenere l'esame con la sua dispensa, che per me era ostica e chiusa come un'ostrica o scrivere un eleborato che facesse capire come l'uso di vari linguaggi potessero dare un messaggio bello, buono e forte. Optai per la seconda prendendomi a prestito un libro dello stesso professore da un mio amico che aveva seguito tutto un altro corso sulla religione e l'antropologia. Il libro del prof. era: Opzione religiosa e dignità umana, Roma, Armando Editore, 2001, mi piacque moltissimo e rispecchiava tante cose che mi portavo già dentro a proposito del modo di concepire la religione come rapporto con Dio e non come una serie di nozioni dottrinali su Dio.
Avevo nel cassetto "Ogni giono di più". Mi venne l'idea di implementare diversi linguaggi per poterla "descrivere". Così, in vista dell'esame, la feci subito arrangiare dal maestro ed amico Franco Cleopatra, pomiglianese doc, creai un powerpoint e masterizzai tutto. Scrissi una tesina per descrivere come era nata quella canzone. Consegnai tutto qualche tempo prima e poi mi presentai all'esame.  Il professore non mi fece neanche sedere. Scrisse trenta e lode sul libretto e mi chiese di poter pubblicare tutto sul suo sito.
E pensare che mentre ero fuori ad aspettare il mio turno, l'ansia mi divorava, perché non potevo sapere se mi faceva qualche domanda anche sulla dispensa, che avevo letto, ma non ero riuscito proprio a capacitarmi tra tante teorie da Platone a Gadamer...
Ebbi una provvidenziale fortuna. Al professore piacque la canzone e il modo in cui l'avevo decostruita e raccontata in diversi linguaggi: scritto, cantato, illustrato in modo poetico e usando in modo scientifico le citazioni dal suo libro.
Insomma, rileggendo l'elaborato, mi rendo conto che fui ispirato in tutto anche nello scegliere le citazoni del prof.,  ma adesso ascoltiamo la canzone. 



Così scrivevo nell' introduzione dell'elaborato per l'esame di Filosofia del linguaggio.

In queste poche pagine vorrei raccontare come nasce una canzone.
Si parte sempre da un’esperienza carica di emotività, che ti trascende, che fa nascere dentro sensazioni, pensieri, colori, profumi, paesaggi e quant’altro in un modo che nemmeno sai e quando lo racconti in parole e musica che da una parte dicono e dall’altra non dicono tutto. Il “dentro” è difficile da raccontare, descrivere, cantare. È vero anche che se non lo fai stai male e si è quasi “costretti” a cacciar fuori e finché non accade è gioia e dolore.
Dividerò i paragrafi secondo la divisione delle strofe, dei lanci e dei ritornelli della canzone, che ho intitolato: “Ogni giorno di più”. La scrissi qualche anno fa a ricordo di un’esperienza vissuta a bordo di un aereo che mi portava da Cagliari a Napoli. Il testo lo porrò al centro di ogni paragrafo come in un pensiero, reso dal disegno di una nuvola, che spesso incontriamo nei fumetti.
Il testo della canzone così è indipendente dal narrato. Quest’ultimo farà da corona. Intendo infatti esplicitare la canzone attraverso la descrizione e il ricorso al libro del professor Zelindo Trenti, Opzione Religiosa e dignità umana. Allegherò allo scritto anche il CD con la canzone registrata e musicata e il relativo power point che uso, quando svolgo qualche incontro di formazione. Dunque la canzone può essere ascoltata con lettore CD soltanto o anche col computer facendo partire il power point.

 
1. Prima strofa: Dal silenzio
«L’uomo è dunque a contatto con il mondo perché “ha un mondo” e il mondo ha accesso alla sua esistenza perché e in quanto questa gli fa spazio».[1] Ma quando l’uomo si apre a questa possibilità? Quando la sua esistenza resistendo a tutte le resistenze, si apre all’oltre?
Ero lì ad attendere l’imbarco e già pregustavo l’ebbrezza del volo e la paura. La solita paura. Ma cosa può accadere? Ho ancora i volti degli amici che mi hanno salutato e adesso sono solo a guardarmi dentro e fuori. Ecco ci imbarchiamo. Solita routine. I motori sono al massimo. Si parte. Sudore, ansia, preghiere sillabate sulle labbra chiuse. Dagli occhiali da sole guardo fuori. Il mare, le nuvole il rosso del tramonto. «Non si può descrivere l’infinito mentre lo si prova; ma non lo si può neppure descrivere senza averlo provato».[2] Così Leopardi nello Zibaldone. È così vero! La paura di perdere la vita in un attimo ti mette davanti solo la dura possibilità di accettare la morte o la vita. Se stai attento però oltre c’è un incontro e lo scopri nel silenzio delle possibilità, nella vita che avanza. Ci sei solo tu e un’Altra Presenza che ti interpella, vuol farti sentire la sua bellezza, più che fartela guardare. Lassù. Ci sono. L’aereo va oltre le nuvole. Ed è silenzio e bellezza. Il mondo è piccolo coi suoi rumori, le nuvole giocano seriamente a spingersi col vento ora formano astronavi, ora funghi giganti, ora maschere nere. L’attimo presente è carico di presenza, se solo riuscissimo a svuotarci d’ogni ingombro, potremmo e sapremmo incontrare quanto “presagito” dalla nostra finitudine.


[1] Z. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, Roma, Armando Editore, 2001, 132
[2] Citato in TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 136


 
2. Seconda strofa: Dai pensieri
«La realtà parla perché l’uomo la fa parlare».[1] Per vincere la paura m’è bastato guardare fuori e le nuvole parlano e il cielo e i colori del tramonto. Eppure non riesco a capacitarmi perché tanto dolore, tante guerre… Se tutti imparassimo a vedere dentro le cose, se imparassimo a capire quanto siamo piccoli di fronte al tempo, allo spazio. Quante ideologie racchiudono l’umanità nella sua povertà. Quante volte s’è creduto col pensiero di spiegare tutto e poi di imporlo con la forza! Mai che si sia riusciti a situarsi in una realtà aperta al nuovo e alle sue radici, senza averne paura. Neppure Gesù Cristo e 2000 anni di Cristianesimo hanno potuto evitare tutti gli obbrobri delle guerre, delle sopraffazioni, dei ricchi sempre più ricchi e dei poveri sempre più poveri. «L’arte, forse soprattutto la poesia e la musica, offrono documentazione vincente».[2] Tutti dovrebbero essere poeti, musicisti, cantanti, “pastori dell’essere”, rivelatori del vero che si nasconde. Si rivela e si nasconde di nuovo.[3] L’uomo ha una “casa” dove può abitare, ma spesso non sa dove sia, preferisce le periferie, l’opaco, l’incerto o la presunzione di decifrare tutto con la sua povertà, col rischio di ritrovarsi in catene, le solite odiate ma rassicuranti catene-ideologie.


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 133
[2] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 132
[3] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 144

 
3.        Primo lancio: La scelta

Tra qualche ora sarò a casa, ma questa sospensione mi piace. Resterei per sempre in questa pace, anche se frammista ad altre emozioni. La realtà dell’esserci a volte è dura, si vorrebbe scappare. Cosa dire a quell’amico a cui hanno diagnosticato un cancro maligno? E a quel ragazzo che fin da quando aveva cinque anni ha ricevuto violenza su violenza ed ora vorrebbe sfuggire alla sua omosessualità, ma se la ritrova dentro ad ogni passo. “A volte – mi diceva – mi sembra d’impazzire”. Io non so che dire davanti a tanto dolore. Perché? So solo che un altro ha pronunciato gridando la stessa parola. Lì, in quel grido, ha preso in sé, tutti i dolori umani e li “ha riempiti” della sua presenza. Da quell’evento ogni dolore è suo: “Non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me”, lo aveva capito Paolo. Dio umanandosi assumeva la natura umana e dava valore e consistenza a quanto la sapienza umana non aveva mai pensato di potere e dare valore: il dolore. Ma capirlo è altro che viverlo, sentirlo negli altri è altro che portarselo dentro. Davanti al dolore, nonostante si potrebbero avere le “ragioni”, so fare solo silenzio o ridiscendere nella realtà e continuare ad essere prossimo, come posso, col poco che sono. Magari con una canzone. 
Scegliere tra il bene e il male, tra il fare o non fare del bene, tra il vivere o farsi vivere dalla vita, tra l’impegno o il disinteresse. Un’opzione che dà senso all’esserci, che ti qualifica come cittadino del mondo, che ti dà dignità se scegli la vita e se scegli di morire, diventi oggetto della tua propria disperazione. Essere equivale a relazione, esistiamo se siamo in relazione attiva, costruttiva. Direi che essa è “fondativa” per l’esistenza. Purtroppo oggi va di moda la “deradicizzazione”, ossia il vivere senza radici. Le mete sono follie o effimere rappresentazioni di palchi multimediali da sogno. Avere radici significa disporsi ad essere “linfati” dalla storia, che insegna. Significa radicarsi nel presente, che è il frutto del retaggio del vissuto e dei progetti futuri. C’è un presente dove consumare tutto e subito, ma è falso. Bisognerebbe dirlo alle nuove generazioni. Non si può vivere senza progetto consumando tutto qui ed ora. L’exstasi, la droga dell’attimo fuggente è il volto sconsolante di certe ideologie di morte che oggi purtroppo sono amplificate anche dai media.


 
4.             Primo ritornello: Il sogno
«L’uomo ha sempre sperato di dare un nome e un volto alla propria utopia».[1] Da quassù tutto sembra più semplice, anche morire. Un vuoto d’aria, un po’ di turbolenza…potrebbe accadere l’irreparabile. Ecco l’oltre che riaffiora. Sono pronto? Quante cose si lasciano giù, che non sono state finite, completate!
Vorrei un orizzonte nuovo a cui fare riferimento. Non mi basta sperare solo per me, chiedere solo per i miei progetti. Non posso far finta che gli altri non esistono. Non sono solo su quest’aereo, come non sono solo sul mondo. Si scopre che c’è un rapporto con l’altro da “restaurare”.[2] Non si può più vivere facendo finta che l’altro non esiste. «L’uomo che rischia la vita e la spende per una causa giusta paga nel tempo un prezzo che riscatta la sua vita oltre il tempo».[3] Bisogna radicarsi nella vita, cercando di non sciuparla. Una scelta  totalitaria può darle senso. Il “presagito” si mostra e nasce il “sì”. «E’ di fronte al richiamo misterioso di Dio che l’uomo legge la propria responsabilità, presagisce una consegna ed elabora una risposta».[4] La risposta coincide col sogno di Dio: renderci simili a Lui. Se il nostro sogno coinciderà con quello di Dio, pace è fatta in noi e tra noi. E’ utopia?


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 205
[2] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana  227-228
[3] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 229-230
[4] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 228

 
5.             Terza strofa: Ali di gabbiano
«L’uomo trova nel richiamo di Dio il suo spazio di libera e gratuita adesione. Dio rivela nella libera risposta dell’uomo il suo autentico volto di creatore che fonda e sollecita l’esistenza senza incupirla nelle maglie di un disegno prestabilito e obbligante».[1] Bisogna essere davvero liberi, per poter incontrare Dio. Ma chi lo è mai totalmente? Sono sprazzi di luce, attimi. Eppure la vita cambia. Guardo indietro e mi ritrovo in una fabbrica a rotolare stoffe sintetiche, a scaricare camion, a lavorare sodo fino a dieci a volte dodici ore al giorno. A sera la stanchezza era tale che quando facevamo le prove col gruppo di amici, coi quali suonavo per divertimento, mi addormentavo nonostante il rumore, nonostante che avessi tra le mani la chitarra. Il futuro sembrava non avesse altro da offrirmi. Poi le domande: ma ci sei? Esisti davvero? Perché ti nascondi? Dispostomi all’ascolto ne ho sentito la presenza. Da ateo disinteressato a tutto il mondo religioso, mi si è dischiusa addirittura la possibilità della  consacrazione.
Ma quante volte ho perso il senso! Posso dire con lucidità che i momenti di luce, quando ci sono, sono pieni, carichi di entusiasmo, il cuore  brucia. A volte risorgono ombre, il ci sei, non è mai così chiaro e la fedeltà richiede lo sforzo eroico di chi vuol esserci per amore e solo.


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 233


 
6. Secondo lancio: La prova

Anche questo viaggio sembra una prova. Come lo è il viaggio della vita. Ogni giorno diventa una sfida. Non ci si può tirare indietro, bisogna accettare la lotta. A volte sembra proprio che ti manca il respiro. Bisogna proprio ricominciare “come l’alba”, come dice una vecchia canzone. I muscoli non saranno mai abbastanza pronti. L’allenatore mette alla prova il suo atleta e così lo allena per le gare. La preparazione sarà proporzionata agli sforzi per migliorare sempre più ed essere pronti, finalmente al giorno della gara. L’atleta avrà pure le sue doti, ma queste vanno migliorate, mai date per scontate. Oggi che dal presente si vuole tutto e subito, un Dio che mette alla prova sembra fuori luogo.[1] Le sue promesse riguardano solo il futuro?
“Il Centuplo quaggiù…”, ne sono testimone. E’ vero. Da operaio a sacerdote, da sacerdote a studente in Scienze delle Comunicazioni Sociali… Cos’altro mi riserverà? Certo non si può star dietro a Dio, per riceverne il contraccambio. Mi è stato insegnato che Dio si deve amare per amore. Anche qui l’esserci è più complicato del pensare, meditare… Implica sacrificio, impegno, martirio e tutto ciò confluisce nella grande responsabilità delle proprie scelte e della propria dignità. Bisogna fidarsi, sapendo che si rischia.[2] «Eppure Dio chiama da una lontananza inaccessibile: si manifesta in quanto ottiene fiducia piena».[3] «La prova, soprattutto quando è fiducia che riconsegna a Dio la totalità dell’esistenza, è gesto che appartiene in proprio all’uomo: un evento nuovo nella creazione, in cui Dio è celebrato in piena gratuità».[4]


[1] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 235-236
[2] Cfr. TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 242
[3]  TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 242
[4]  TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 245


7.                 Secondo ritornello e finale: La speranza
L’aereo è in discesa, il mare azzurro ormai è in lontananza e le nuvole sopra di noi. Ciò che sembrava lontano, si avvicina sempre più: la realtà. I piedi ritorneranno per terra, ma il sogno di Dio non può essere disatteso. La tensione ridiventa normalità il tran tran riprende. Dentro la testa mi invade un motivo, è la classica sensazione che mi preannuncia un’altra canzone da mettere fuori, da dare all’esistenza. “Nanananana… ­nananana. C’è silenzio oltre le nuvole dove ha più senso l’anima e lo spirito va aldilà sopra ogni piccolo particolare…”. Sì, potrebbe funzionare. Arrivato a casa prendo la chitarra e le prime note FA7+, LAm7… Che gioia, quando mi accorgo d’aver imboccato la via giusta. Che goduria canticchiare la canzone completata! E che dolori quando invece provi e provi e non esce quello che hai dentro! Ma stavolta sembra proprio un dono di Dio, nasce piano, piano, come un piccolo miracolo. Fino a che è dentro non puoi vederla, ma quando è fuori diventa qualcosa che prima ti appartiene e poi quando ormai è su cd diventa di tutti (menomale che c’è il diritto d’autore). Mi succede anche che all’inizio, riprovo le emozioni che l’hanno suscitata, nitidamente, ma dopo qualche tempo diminuiscono, ma in chi ascolta si ripresentano, magari in modo nuovo, che mi stupisce. Anzi c’è chi ci vede e sente altro, andando anche oltre quello che io magari avevo percepito. Questa continua novità non è “presagio di trascendenza”? Una canzone può diventare finestra, ponte, specchio, speranza? Finestra che si apre al cielo e permette al Cielo di entrare nel nostro. Ponte, perché aggancia chi ascolta e lo porta sulle ali della fantasia e dell’emotività, sulle maglie dell’esistenza, riletta in chiave meno drammatica: poetica e musicale. Specchio, perché chiunque può trovare se stesso, le sue emozioni, o provarne altre nell’ascolto attento e meditato. Speranza, perché vi si dischiude un mondo magari occultato altrove, dall’eccesso di razionalità, dalla durezza della vita, dalle mille incomprensioni. «L’esistenza è solcata da bagliori improvvisi e proiettata in anticipazioni subitanee che affiorano gratuite ed imprevedibili».[1] Così sono le canzoni, improvvise ed imprevedibili, cariche di  novità perché cariche di speranza, che

è la più recondita risorsa dell’esistenza e del suo dinamismo. Non evade ma riempie il presente: non soffoca ma interpreta il richiamo; non si disperde tra le cose, ma accoglie e custodisce nella varietà frammentata delle situazioni, nella dispersione della quotidianità, la nostalgia dell’unità e della pienezza.[2]

 Bisogna stare attenti a cogliere l’attimo dei bagliori e che non sia mai troppo tardi. Dove? Nel presente. «Il presente è il luogo del presagio e dell’attesa; dell’elaborazione della risposta, ma il presente è anche carico di evento: è il luogo del risveglio e del progetto»[3].
Eccola dunque è nata. Ora si può ascoltare…


[1] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 250
[2] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 250
[3] TRENTI,  Opzione religiosa e dignità umana, 250

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio

domenica 6 novembre 2016

Buone nuove

Questa canzone ha dato il titolo al CD edito dalle Paoline nel Giugno 1999. Ero al terzo lavoro discografico. Il primo "Innamorami di Te" (1994) che confezionai a mò di bomboniera in ricordo della mia Ordinazione Sacerdotale, il secondo "Fatti per essere" (1996) in occasione dell'Inno per il congresso del Movimento Parrocchiale (diramazione del Movimento dei Focolari) per il quale avevo inventato l'inno: "Uno per essere Chiesa".
La canzone, "Buone Nuove" la inventai perché avevo scelto di chiamare il CD "Buone Nuove", ma non avevo ancora la canzone. Mi ricordo che mi chiedevo spesso: "Ma cosa sono le mie canzoni?" e un giorno arrivò la risposata: "Sono delle buone notizie, delle "buone nuove", proprio come il Vangelo che è per l'appunto una Buona Notizia: ευαγγέλιον (eu-anghelion).

Ascoltiamola http://darkmp3.ru/album-buonenuove-8931768.html

Analizziamo il testo

La prima strofa

Molte non sono nuove e buone danno solo ciò che è scuro.
Altre t’ammazzano il morale, altre ti anticipano guai.
Molte non sono vere e serie e il bene non c’è mai.
Altre t’annegano il computer, altre ti tirano giù.

E' proprio vero che oggi le buone notizie non sono di moda. Anzi ricordo durante una delle prime lezioni di giornalismo, dove si affrontava il tema di cosa sono le notizie e come si confezionano, mi colpì molto la regola delle tre SSS: sangue, soldi, scandali... Nel dizionario di Scienze e tecniche della Comunicazione alla voce "Notiziabilità" (http://www.lacomunicazione.it/voce/notiziabilita/), al paragrafo quattro intitolato "Il criterio della negatività", si sottolinea che la negatività delle notizie, fanno audience:

"Gli eventi cattivi sono ritenuti più importanti e interessanti di quelli buoni. I fatti tragici, scabrosi, negativi tengono banco sulle prime pagine dei giornali molto di più delle notizie edificanti e positive. Per gli americani è un problema di ‘pesantezza delle notizie’: ci sono le soft-news (le meno drammatiche, di costume, moda, colore, sport, spettacolo, curiosità, ecc.) che guadagnano di solito il taglio basso dei giornali, salvo poche eccezioni. In questa logica prevale il principio secondo il quale le notizie drammatiche (o hard news) sono più facilmente raccontabili delle notizie leggere, di costume, frivole ed esemplarmente positive (soft-news). In poche parole: le notizie negative interessano di più delle positive e fanno cinicamente vendere di più i giornali. Per De Martino-Bonifacci (1990) la prevalenza di notizie negative è spiegabile in diverso modo. Ci sarebbe innanzitutto una motivazione psicologica: i giornali prediligerebbero le notizie negative per preparare al peggio i lettori e attivare in loro l’attitudine alla lotta e alla fuga; c’è poi la spiegazione catartica: conoscere i guai altrui aiuta i lettori a superare i propri. In ogni caso questo criterio di n. porta con sé un rischio già visto nel criterio di inusualità: quello della rappresentazione unilaterale e distorta della realtà. Se citiamo Palermo solo ogni volta che vi avviene un delitto di mafia proietteremo probabilmente sulla Sicilia e sul suo capoluogo una immagine esclusivamente negativa che non le appartiene. Una soluzione può essere quella dell’approfondimento: occorre ridurre il numero delle spot-news e contestualizzare ogni avvenimento in scenari che non siano esclusivamente negativi. Oppure si possono creare nuove strade al di là di quelle fin qui percorse per mera pigrizia o abitudine: significativo a questo riguardo è il lavoro pubblicato da L. Accattoli: "Cerco fatti di Vangelo", in cui il giornalista individua avvenimenti mai saliti alla ribalta dei media nazionali e che tuttavia assumono una forte dignità di notizia per la loro esemplarità e positività"

... Insomma si dovrebbe cambiare direzione, ma è molto in là da venire... E' vero che le Buone Nuove sono poche e non vengono conosciute e poi ci lamentiamo che tutto ci sembra negativo. Infatti, se le uniche notizie che ascoltiamo sono tutte negative, anche la nostra psicologia ne risente, perché impariamo a vedere il bicchiere mezzo vuoto e non mezzo pieno e questo, secondo me, ci influenza e non ci educa al bene, alla convivenza pacifica ecc. Occorrerebbe pensare che quanto vediamo per televisione o ascoltiamo per radio ci influenza in qualche modo e per la nostra salute psicologica e morale, dovremmo pretendere, almeno dalla televisione e radio pubbliche, per cui paghiamo il canone, più formazione anche attraverso l'informazione. Non ci possono riempire di negativo e pretendere che stiamo bene. Ad esempio se fanno la pubblicità al gioco d'azzardo, poi si devono aspettare che qualcuno cada nella dipendenza dal gioco... e questa sta diventando una vera piaga. Bisognerebbe puntare a formare cittadini sempre più consapevoli in tutti i campi, ma spesso questi sono ignari di tanti meccanismi che i potenti mettono in atto per tener buono "il popolino". La storia del Sì o del No al referendum del prossimo 4 dicembre... I mass media pilotati sono per il Sì è ovvio che quanti riflettono e si informano (aimè pochi) sono per il No. Su La 7 ultimamente c'è stato un dibattito e qualcuno ha approfondito il dibattito facendo venir fuori come la banca JP Morgan, ha fatto un documento per orientare i capi di stato a riformare le costituzioni nazionali... ascoltiamo



Se non vogliamo una dittatura nuova e mondiale dobbiamo pur aprire gli occhi sulle brutte nuove...

Variazione alla prima strofa

Ma ce ne sono di buonenuove di buone che non svaniscono,
di nuove che costruiscono il presente e il futuro,
che credono in te nel vero, nel buono e nel bello che hai
e che c’è in questo mondo...

Ciò che costruisce e non demolisce, sono le buone nuove. Se a scuola si insegnasse dapprima a diventare più umani e perché no, più spirituali, si potrebbero in seguito aggiungere le nozioni matematiche, scientifiche e quant'altro. Una esposizione maggiore a notizie positive, senza escludere le altre porterebbe ad un buon bilanciamento psicologico. Ho trovato un libro dal titolo molto significativo: "Difendersi dai media" dove si parla di "intossicazione emozionale" e di come disintossicarsi, proprio come si fa con le diete per tener sano il corpo, lo si dovrebbe fare con le diete mediatiche per tenere libera la mente da ogni influsso negativo. Ciò costa fatica, diciamocelo e a volte si arriva a non vedere più la tv, rifugiandosi in mondi paralleli compreso lo spiritualismo. Ammesso che occorre una conoscenza e una preparazione, quanta porzione di popolo è conscia di tutto ciò che viene propinato a volte maldestramente dai media? Intanto propongo la lettura di qualche brano del libro menzionato: http://www.corem.unisi.it/bibliografia/saggi/cheli-gli_effetti_collaterali_dei_media.pdf dove si danno alcuni consigli per evitare le intossicazioni emozionali mediatiche:

1. Scegliere attentamente i programmi da guardare, leggere o ascoltare, privilegiando quelli con
contenuti positivi o non troppo negativi.

2. Non eccedere nelle dosi e intervallare la fruizione, al massimo ogni due ore, con altre
attività.

3. Evitare il più possibile quelli ad alto contenuto di violenza oppure cambiare canale (o
giornale) non appena ci si rende conto che sollecitano troppo intensamente il nostro stato
emotivo.

(...)  Parlare del negativo senza illustrare alternative positive produce solo assuefazione, rassegnazione, perdita di speranza circa la possibilità di un mondo migliore, e tutto ciò può determinare in alcuni soggetti una cinica adozione di posizioni aridamente e egoisticamente materialiste e in altri una fuga dalla realtà connessa ad isolamento sociale e non partecipazione politica, che spesso prende la strada di un ripiegamento in se stessi o in qualche pratica spirituale trascendente, che riserva tutte le speranze all'al di là. (dal libro "difendersi dai media")

Ascoltare musica è uno degli esercizi che nel libro menzionato, viene proposto per il rilassamento e per potersi liberare dall'intossicazione emozionale creato dalle cattive notizie spesso intrise di violenza.

Il Vangelo è tutta una Buona Notizia, o come dico io una Buona Nuova. Del Vangelo si può fare anche il pieno, non ci sono controindicazioni...

Il ritornello

Buonenuove, buonenuove dal cielo in poi e per te.
Buonenuove, buonenuove dentro di te e me.
Buone nuove per Dio in me e te.

C'è una Buona Notizia che è una bomba, di cui non si parla mai. Anche nei nostri ambienti religiosi e cattolici non viene bene presa in considerazione.  Dio stesso che è AMORE, è la Buona Notizia per eccellenza eppure rimane lontana, invece di essere conosciuta ed esperita. Il fatto che io sappia che Dio è Amore, mi mette nel cuore l'essere amato, e il fatto che io sia stato voluto da Dio a sua Immagine, mi dice che devo essere amore, come la mia Origine originante. E fin qui siamo ancora nel teorico, ma quando vengo a sapere che "dove due o più sono uniti nel Suo Nome, Lui è lì" (cfr Mt 18, 20), non posso più starmene con le mani in mano, devo fare di tutto perché più persone possano sperimentare questa Presenza di Dio. Le promesse Dio le mantiene e noi dobbiamo crederci per davvero e imparare ad esssere amore come Egli stesso ci ha insegnato: "Amatevi gli uni gli altri come IO vi ho amati" (Gv 15, 12). La vera rivoluzione non si fa dunque con le armi, ma con la cosa più semplice che c'è: l'Amore, che in Dio è la stessa sostanza divina prodotta dalle Tre Persone Divine per il fatto che vivono non per sé ma per l'Altro fino a donarsi la VITA. L'Amore viene prima di tutto l'increato e il creato, bisogna ritornare a queste origini per ritrovarsi. E' così semplice che oramai facciamo fatica pure a parlarne e ci sembra una chimera amare disinteressatamente, in una società che ruota all'incontrario. Ma la soluzione è questa, l'altra, la complicazione, finirà per farci soccombere.
Nella canzone dico: per Dio in me e Dio in te, ci sarà Dio fra noi. E' la novità del cristianesimo: LA BUONISSIMA NOTIZIA. Dio non è lontano ci abita e abita fra noi e fuori di noi in una agape, una pericoresi, una kenosi infinita....

Seconda strofa

Molte t’arrivano sbiadite e si fa tanta confusione.
Poi ci si mettono i Mass Media e i paparazzi degli scoops.

L'abbiamo già detto che le notizie vengono confezionate e non sempre sono obiettive e così la confusione aumenta. A noi non resta che guardarci dall'intossicazione da cattive notizie. Proprio per questo dobbiamo prestare attenzione a ciò che ci fa bene evitando ciò che ci fa male.
Così recita la variazione alla seconda strofa della canzone:

Varia zione alla seconda strofa

Ma ce ne sono di buonenuove di buone che non svaniscono,
di nuove che costruiscono il presente e il futuro,
che credono in te nel vero, nel buono e nel bello che hai
e che c’è in questo mondo...

Occorre sapere che una buona pianificazione a lungo termine aiuta molto a non fossilizarsi nel qui e subito. Il futuro va progettato partendo dal qui ed ora. Un drogato pensa all'emozione immediata fragandosene delle conseguenze deleterie sulla sua salute. Se non vogliamo essere come drogati, dobbiamo saper scegliere ciò che ci fa bene da ciò che ci fa male e fare progetti lungimiranti, permettendo a Dio di entrare nelle nostre storie, affinché le possa raddrizzare, riparare e far risorgere.
Sí perché Dio ha fatto bene ogni cosa, tutto quello che ci fa male non è opera di Dio, ma del nemico ed della conseguenza del peccato originale. C'è più positivo che negativo intorno a noi, dobbiamo solo imparare a vederlo e valorizzarlo.

Ritornello con special

Buonenuove, buonenuove dal cielo in poi e per te.
Buonenuove, buonenuove dentro di te e me.

Anche un tramonto bello di sera o il mare vero dell’anima,
lo sfondo buono degli occhi tuoi son buonenuove, buonenuove

Buonenuove, buonenuove dal cielo in poi e per te.
Buonenuove, buonenuove dentro di te e me.

Quest'ultima parte è un ripetersi del ritornello, ma tra le due ripetizioni ho messo lo special, ossia una parte che si distingue da tutto, dalle strofe, dai ritornelli e dalle varianti al ritornello. Un invito a vedere le buonenuove nella natura, nella bellezza del creato, in ogni cosa che supera la nostra limitata umanità. E' il caso proprio di augurare a tutti: Buone Nuove.

... alla prossima canzone per dare e cantare Dio...