domenica 17 dicembre 2017

Ponte fra cielo e terra

Una canzone difficile, profonda, dedicata a Gesù Crocifisso nel suo grido estremo: "Perchè mi hai abbandonato". È difficile non tanto musicalmente, ma quanto a livello del testo. Se non si conosce il mistero del "grido" di Gesù, non si entra nella sua comprensione. E chissà quanti ascoltandola, non vi entrano e magari si fermano a dire: "non la capisco". In realtà in essa c'è la soluzione a tutti i nostri "perchè" esistenziali, morali, umani...e ultraumani.
La scrissi perché pensavo potesse diventare inno di un congresso di seminaristi a livello mondiale, del Movimento dei Focolari, che aveva come titolo: "Gesù Abbandonato, ponte fra cielo e terra". C'è tutto dentro la terra con tutte le sfide e il Cielo con tutte le Grazie. Venne fuori questa canzone e non si prestava ad essere un inno che avrebbe dovuto coinvolgere, far cantare in coro. Questa canzone invece si presta al solo ascolto e alla meditazione.




Il titolo l'ho già spiegato da dove viene. Il bello sarà spiegare il resto.

 Prima strofa
Distendi le braccia, su quella realtà
e abbraccia di faccia il dolore tuo proprio.
Entra negli occhi suoi.
Passa quel ponte sospeso sul nulla.


 L'editoriale di Gen's del 4 ottobre 2016, fa da apripista a quanto vorrei dire innanzitutto sul simbolo cristiano: la croce e per questo lo riporto pari pari.

Editoriale
 La Croce, come si sa, era cosa scandalosa per l’ambiente in cui è iniziato il cristianesimo, e giustamente: è realmente tale! Oggi la si porta spesso dorata a una catenina, ma forse non si è consci fino in fondo del suo significato del suo sconvolgente messaggio. In quei tempi non la si poteva rappresentare pubblicamente quali simbolo della fede: era improponibile credere in un Dio la cui vicenda era finita in un simile e umiliante supplizio. Un espediente trovato dei primi secoli, scoperto nelle catacombe, è stato raffigurarla sotto forma di un’ancora. E con ciò esprimere pure il suo singolare valore: un segno di speranza che, in mezzo alle 1000 incertezze della vita e alle vicissitudini non di rado tragiche della storia, da sicurezza. Paradossalmente, è stata proprio la discesa dell’uomo-Dio fin negli abissi della morte del male - e la sua risurrezione! – a fare da punto fermo dove tutto vacillava, infondere nei seguaci di Gesù un’invincibile speranza di vita.
Nel nostro tempo ci vengono meno tanti punti di riferimento sui quali pensavamo di poter poggiare saldamente: un ordine mondiale che, con la seconda guerra mondiale, sembrava avviato in modo crescente verso un riconoscimento dei diritti di tutti e verso la pace; un Welfare che all’interno di certi Stati prometteva maggiore equità; una serietà nell’amministrazione della cosa pubblica e un’organizzazione del mondo del lavoro che parevano orientati al bene comune; un grande impegno per assicurare istruzione a tutti, che oggi si è trasformato in emergenza educativa; lo sforzo per favorire lo sviluppo e il progresso delle popolazioni più svantaggiate, che ai nostri giorni vediamo invece sempre più povere, abbandonate, sfruttate. E potremmo continuare. Viviamo in mezzo alle incognite. E forse non si stagliano neppure all’orizzonte risposte veramente risolutive che ci possano rassicurare. La complessità e le sfide sono tali che non sembra facile mettere in atto una governance che riesca a prendere in mano la situazione e instradarla verso un futuro migliore. Basti pensare al problema climatico, ai poteri finanziari che condizionano intere nazioni, agli immensi flussi migratori, al terrorismo fondamentalista.
Nel mare magnum del mondo globale che sembra non riuscire ad incamminarsi sulle vie di una cultura dell’incontro, del dialogo e della pace, siamo alla ricerca di un ancoraggio che ci possa dare speranza.
Il messaggio evangelico ce lo indica, oggi come 2000 anni fa, nel Crocifisso. Non come vittima di un supplizio che ci ha redenti pagando - come tante volte si pensa - il prezzo di un riscatto (Dio, e per di più un Dio che è Amore, può aver bisogno di “pagamenti”?), bensì come Dio che in Gesù è solidale con noi fino a sperimentare tutte le conseguenze del male, della rottura e lontananza del Creatore e delle divisioni fra noi umani. E se ne è fatto carico, riempiendo gli abissi del dolore e della disunità di un amore nonostante tutto, del “super amore”, come l’ha chiamato Chiara Lubich. Amore senza riserve che ci raggiunge nei momenti più neri e disperati e suscita anche in noi, se vogliamo, la capacità di un amore più grande che può dilagare nel mondo e di sanare le piaghe.
Siamo alla ricerca di nuovi punti fermi. Ma forse l’unico punto fermo cui ancorare la vita è proprio questo amore fino all’abbandono. Radicati in esso, troviamo la luce e la forza per trasformare in un nuovo inizio ogni smarrimento e ogni tragedia e concorrere, nel micro e nel macro,  alla costruzione di una cultura della condivisione e di una società diversa con quanti come noi si lasciano guidare dal sogno della fraternità che, pur seppellito da debolezze, interessi egoistici e mediocrità, alberghi in fondo ad ogni cuore umano. (H B Rivista Gen's XLVI)

Questi primi versi della mia canzone indicano un evento di 2000 anni fa ma anche un evento quotidiano di ciascuno di noi, perché in quella croce, la nostra croce. "Chi vuol essere mio discepolo prenda la sua croce e mi segua. Ecco perché dico: "Distendi le braccia, su quella realtà e abbraccia di faccia il dolore tuo proprio".

Seconda strofa
 Senti le mani forate dal mondo.
Nella cruna dell’ago attraversa il dolore.
Entra negli occhi suoi
Passa quel ponte sospeso sul nulla.


 Anche questi versi fanno pensare al Dio Crocifisso, ma anche a tutti i crocifissi della storia e all'immane silenzio davanti al dolore innocente. 

Risposta di Papa Francesco a una ragazza
”Spesso diventa difficile coniugare i valori cristiani che portiamo dentro, con gli orrori, le difficoltà e le costruzioni che ci circondano”,  ha detto Bianca di Napoli a Papa Francesco durante l’incontro con i giovani sul lungomare Caracciolo il 21 marzo 2015.  E gli ha chiesto: “in mezzo a tali silenzi di Dio come piantare germogli di gioia e segni di speranza?”

È un Dio delle parole, è un Dio dei gesti, È un Dio dei silenzi. Il Dio delle parole, lo sappiamo perché nella Bibbia ci sono le parole di Dio: ci parla, ci cerca. È un Dio dei gesti e il Dio che va. Pensiamo alla parabola del buon pastore che va a cercarci, che si chiama per nome, che ci conosce meglio di noi stessi, che sempre si aspetta, che Sempre ci aspetta, che sempre si capisce con gesti di tenerezza.
E poi il Dio del silenzio. Pensate ai grandi silenzi della Bibbia: per esempio silenzio del cuore di Abramo, quando andava con suo figlio per offrirlo in sacrificio. Due giorni, salendo sul monte, ma lui non osava dire qualcosa al figlio, anche se il figlio, che non era sciocco, capiva. E Dio taceva. Ma il più grande silenzio di Dio è stato la croce: Gesù ha sentito il silenzio del Padre, Fino a definirlo “Abbandono”: “Padre perché mi hai abbandonato?”. E poi, è successo quel miracolo di Dio, quella parola, Quel gesto grandioso che è stata la  Risurrezione.
Il nostro Dio è anche il dio dei silenzi e ci sono silenzi di Dio che non si possono spiegare se tu non guardi il crocifisso. Per esempio, perché soffrono i bambini? Come mi spieghi questo? Dove trovi una parola di Dio che spieghi perché soffrono i bambini? Questo è uno dei grandi silenzi di Dio. E il silenzio di Dio non dico che si può “capire”, ma possiamo avvicinarci ai silenzi di Dio guardando il Cristo crocifisso, il Cristo che muore, Il Cristo abbandonato, dall’orto degli ulivi fino alla croce. Questi sono i silenzi. “Ma, Dio ci ha creati per essere felici…”-“sì, è vero”. Ma lui, tante volte tace. E questa è la verità. Io non posso ingannarti dicendo: “no, tu abbi fede e andrà tutto bene, Sarai felice, avrai una buona fortuna, avrai soldi…”: no, il nostro Dio stando in silenzio. Ricordati: è il Dio delle parole, il Dio dei gesti e il Dio dei silenzi, queste tre cose devi unirle nella tua vita. (Papa Francesco)

E se ci riflettiamo dove tutto è, per il Verbo di Dio che esprime qualcosa, ed essa è, nei silenzi di Dio c'è la sua assenza, e i dolori della storia sono l'assenza di Dio, perché lì Dio non c'è, o è meglio dire che non c'era, perché dopo aver accettato di soffrire e morire in croce, ora tutti i dolori sono intrisi della sua Presenza, che è amore, avendoli presi tutti in sè, sicché si fa prossimo nel dolore, si fa talmente prossimo da esservi dentro a ogni dolore, ad ogni distanza, diventando così ponte fra Cielo e terra, colmando l'infinita distanza che s'era creata per il peccato. In qualche modo ha dovuto prendere in sé anche tutto l'inferno, per poterlo far esistere, e tutto questo per amore. Per garantire la libertà dei demoni, ha dovuto prendere in sé anche la loro distanza. L'hanno scelta, l'hanno voluta e deve poter esistere, e perché ciò fosse, ha accettato di morire della morte più ignominiosa, si è fatto lacerare per amore. Il Crocifisso non è un Dio che uccide, ma che si fa uccidere, pur di redimere chi vuol essere redento. E come diceva il Papa, è un Dio della Parola, dei gesti, e del silenzio che crea anche lì dove non dovrebbe esserci niente.

 Il ritornello
Fra cielo e terra non c’è più distanza.
Fattosi estremo, calato qui
ogni buio è suo e luce chiara è già.

Fra me e l’Eterno non c’è più tormento.
Nella cruna entra il cammello:
il mio peccato e il tuo, non ci sono più.
Così scrive Emmaus, attuale presidente del Movimento dei Focolari: 

Partiamo dal Vangelo: è la prima eredità che Chiara ci ha lasciato.
In una delle più belle pagine del Vangelo di Giovanni leggiamo: «Dio infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito» (Gv 3, 16).
«Questa verità - ha commentato Giovanni Paolo II - cambia dalle sue fondamenta il quadro della storia dell'uomo e della sua situazione terrena». E ciò accade nonostante il peccato che si è radicato in questa storia. Infatti, Dio Padre, che ha amato il Figlio unigenito e lo ama in modo incommensurabile ed eterno, proprio in virtù di «questo amore che supera tutto», «dà» suo Figlio, «affinché tocchi le radici stesse del male umano e così si avvicini in modo salvifico all'intero mondo della sofferenza, di cui l'uomo è partecipe»; «solo perché il Figlio di Dio, è diventato veramente uomo, l'uomo può, e in lui e attraverso di lui, divenire realmente figlio di Dio». 
In questo modo Dio si è incarnato nella storia. 
Gesù, dunque, è venuto sulla terra per ricondurre gli esseri umani (che si erano allontanati da Dio con il peccato) nella piena comunione con lui e sulla croce prende su di sé ogni aspetto negativo di ogni persona: i suoi dolori, le sue angosce, la sua disperazione, le sue pene, i suoi peccati…, rendendosi Lui stesso, che era l'Innocente, simile a noi peccatori. (...) 

In Gesù abbandonato - allo stesso tempo culmine del dolore e vertice dell'amore - è racchiusa, quindi, La chiave per penetrare e dare risposta al mistero più profondo che avvolge la vita dell'essere umano e dell'intera umanità: il mistero del dolore, della sofferenza, che Chiara - proprio grazie a Lui - ha saputo riconoscere e accogliere come mistero d'amore. È un mistero questo, un grande mistero, che tocca profondamente il suo cuore: «Gesù sulla terra. - scrive con particolare commozione - Gesù nostro fratello. Gesù che muore fra ladri per noi: lui, il figlio di Dio, accomunato con gli altri. (...) Se sei venuto fra noi, è perché la nostra debolezza ti ha attirato, La nostra miseria t'ha ferito a compassione. Certo, non c'è madre o padre terreno che attendano un figlio perduto e facciano ogni cosa per il suo ritorno come il Padre celeste». 

(Fonte Maria Voce, Gesù Abbandonato: finestra Dio - finestra dell'umanità in Gen's XLVI p. 149-151)

 Terza strofa
Guarda il tuo volto è ormai di pace.
Big-bang di vita ridonante senso
per stare e andare lì
dove il tempo non è più un ricordo.

L'infinito amore di un Dio che si dona senza misura lo evidenzia bene la Novo Millennio Ineunte (LETTERA APOSTOLICA DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II ALL'EPISCOPATO, AL CLERO E AI FEDELI AL TERMINE DEL GRANDE GIUBILEO DELL'ANNO DUEMILA fonte: https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/2001/documents/hf_jp-ii_apl_20010106_novo-millennio-ineunte.html ) quando sottolinea che «per riportare all'uomo il volto del Padre», Gesù «ha dovuto non soltanto assumere il volto dell'uomo, ma caricarsi persino del volto del peccato». E dopo aver assunto su di sé tutta la realtà del male - realtà che è prima di tutto assenza di amore - sperimenta sulla croce anche l'abisso di non sentire più neppure l'unione con il Padre Cf. Mc 15, 34; Mt 27, 46). Ma, pur sperimentando questa separazione, si abbandona a Lui e si fa così «artefice e via dell'unità degli uomini con Dio e tra loro». Come leggiamo nel Vangelo di Luca, Gesù, nel momento supremo della morte, rivolgendosi al padre disse: «nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Egli tramuta così il suo sentirsi abbandonato da Dio nell'affidarsi finalmente a lui e in quel momento, «fattosi nulla, unisce i figli al Padre» e dona a noi lo Spirito Santo. Da qui Chiara Lubich trae ancora importanti conseguenze: «ma come lui, dopo aver gridato all'abbandono, si è abbandonato nel Padre e muore in Lui, così noi, guardando al modello, siamo capaci di ricomporre l'unità dovunque e da chiunque sia stata rotta».

(Fonte articolo: Maria Voce, Gesù Abbandonato: finestra di Dio - finestra dell'umanità in Gen's XLVI p. 151-152)

 
 Secondo ritornello
Fra cielo e terra non c’è più distanza.
Fattosi estremo, calato qui
ogni buio è suo e luce chiara è già.

Fra me e l’Eterno non c’è più tormento.
Nella cruna entra il cammello:
il mio peccato e il tuo, non ci sono più.

L'impossibile diventa possibile per il perdono di Dio: il cammello entra nella cruna di un ago, da peccatori che eravamo Lui ci può trasformare in Figli di Dio redenti e trasferire nelle altezze dei Cieli dove regna Dio e chi con Lui merita.

Sempre dall'articolo di Maria voce riporto.

È vero: Lui ci ha attirati a sé facendoci partecipare, in modo specialissimo nell'epoca storica in cui viviamo, «al grande dramma della sua passione, per la quale tutto è stato ricapitolato in Lui (cf. Ef 1, 10)». Ma ci ha fatto partecipare in vari modi, fin da ora, anche alla sua risurrezione. 
In Gesù Abbandonato abbiamo riconosciuto con Chiara il più grande "mistero d'amore", il vero "maestro di unità". Infatti Lui, «sintesi di tutti i dolori del corpo e dell'anima», si è fatto per noi modello, «stile d'amore». E numerose sono state le esperienze fatte nel riconoscerlo ed abbracciarlo nei dolori di ogni tipo (...)
Scorrono davanti ai nostri occhi immagini tragiche riportateci quotidianamente dai mass-media: barconi di profughi con popoli interi che fuggono dalle loro terre per fame o guerra; Città devastate dalla mano dell'uomo fino alla distruzione di culture antichissime; integralismi e atti di violenza ai più vari livelli. 
A tutto ciò si aggiunge un fenomeno, accentuato più che mai, già evidenziato a suo tempo da Benedetto XVI quando ha parlato della "notte culturale" che ci avvolge:  
 «quanti eventi di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, Quante mode del pensiero…(...) Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore (cf Ef 4, 14) (...) Mentre il relativismo, cioè lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo perché lascia come ultima misura il suo proprio io e le sue voglie».
Nella notte che sembra volgere l'umanità sofferente che ci circonda, Chiara Lubich ci propone il modello di Gesù che grida a gran voce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». «È la sua notte più nera, è il culmine dei suoi dolori», ribadisce. «Infinito mistero, dolore abissale che Gesù ha provato come uomo, e che dà la misura del suo amore per gli uomini, in quanto ha voluto prendere su di sé la separazione che li teneva lontani dal Padre e tra loro, colmandola».
 Questo grido, che rasenta il paradosso, in questo straziante dolore sono riassunti i mille nomi del dolore dell'umanità. 
Gesù crocifisso e abbandonato è la stella per questo cammino. Lui ci da il coraggio e la luce per intervenire in ognuna di queste situazioni:
«amando lui troviamo il motivo e la forza per non sfuggire a questi mali, a queste divisioni, ma per accettare e consumarli e portarvi così il nostro personale e collettivo rimedio». (...)
Perciò «non si può più separare la croce dalla gloria, non si può separare il crocifisso dal Risorto. Sono due aspetti dello stesso mistero di Dio che è Amore». (...) Il prezioso insegnamento di crocifisso risorto (...) getterà luce anche sul ruolo del dolore che può sopravvivere nella nostra vita e sulla sua straordinaria fecondità», scrivere Chiara, esortandoci con queste espressioni: «giorno dopo giorno, quando siamo colpiti da piccole o grandi sofferenze(…) sforziamoci di accettarle e di offrirle a Gesù come espressione del nostro amore.(…) Se così faremo, potremo sperimentare un effetto insolito e insperato: la nostra anima è pervasa di pace, di amore, anche di gioia pura, di luce. Potremo trovare in noi una forza nuova. Questo ci dirà come, abbracciando le croci di ogni giorno e unendoci per esse a Gesù crocifisso abbandonato, possiamo partecipare già da quaggiù alla sua vita di Risorto. E, ricchi di questa esperienza, potremo aiutare più efficacemente tutti i fratelli nostri a trovar beatitudine fra le lacrime, a trasformare in serenità ciò che li travaglia. Diventeremo così strumenti di gioia per molti, di felicità, di quella felicità a cui ambisce ogni cuore umano».
In Gesù abbandonato anche il non senso del dolore acquista senso. Egli - mediatore tra l'umanità di Dio - è la risposta ad ogni non senso perché ci dà la possibilità di incontrarci faccia a faccia con Dio in ogni situazione. 
Richiamando le due prospettive che Chiara ci ha aperto - Gesù abbandonato finestra di Dio - finestra dell'umanità - E che abbiamo voluto mettere come titolo di questo testo: Dio può vedere l'essere umano perché Gesù abbandonato è l'uomo, e l'essere umano può vedere Dio perché Gesù abbandonato è Dio. 

(Fonte articolo: Maria Voce, Gesù Abbandonato: finestra Dio - finestra dell'umanità in Gen's XLVI p. 153-156)

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