domenica 10 dicembre 2017

Ma gli operai del cielo sono pochi

Questa canzone "Ma gli operai del cielo sono pochi" sta nel mio primo lavoro discografico, quando non capivo ancora niente di musica, e il talento doveva ancora essere smussato e continuamente rinverdito... Un mio carissimo confratello proprio qualche giorno fa mi ha detto che la vena poetica è rimasta invariata, ma la qualità della musica e degli arrangiamenti è migliorata moltissimo. Un panegirico a Niki Saggiomo che davvero col tempo è migliorato come il buon vino, tanto che io non saprei a chi rivolgermi per fare gli arrangiamenti. Ritorniamo a questa canzone. L'ho scritta nell'ultimo anno di seminario maggiore, ricordo che in un incontro la feci ascoltare al Rettore Mons. Filippo Luciani, un santo sacerdote. Dopo averla ascoltata non si scompose. Disse solo che lui non capiva niente di musica e dunque non sapeva fare nessun commento. Ci rimasi male, perché poteva dire che era orecchiabile, che le parole erano simpatiche... Forse era il suo modo diplomatico per dire che a lui non aveva detto niente. Chissà!. Intanto a me piace ancora, ed è uno dei tre arrangiamenti indovinati da Peppe Sasso in questo lavoro discografico (ricordo che era in cassetta stereo 7). Ma ora la ascoltiamo per farci un'idea.

 
 L'arrangiamento è datato, forse sarebbe meglio cantarla solo con la chitarra...

Intanto il titolo: "Ma gli operai del Cielo sono pochi" dice un'amara relatà. "La Messe è molta ma gli operai sono pochi...pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe" (Lc 10, 2). Sarà che preghiamo poco, che preghiamo male, che non preghiamo affatto? Il problema è nella preghiera?
Infatti, non possiamo dare la colpa semplicemente alla cultura dominate satanico-massonica. E' che il nostro cristianesimo è all'acqua di rose, non smuove le anime... finchè facciamo i cristiani borghesi, non vedremo all'orizzonte nessuna novità. Nessun Santo si è potuto permettere di essere borghese, anzi, chi lo era s'è fatto povero coi poveri e tra i poveri, e allora è diventato un faro per altri attirando con l'esempio, la preghiera, la testimonianza. Se oggi non attiriamo è perché probabilmente diciamo una cosa e ne mostriamo un'altra. Che il Signore ci perdoni e ci dia la grazia di una conversione totale. Si fanno giornate mondiali per le vocazioni, si producono tantissime cose, soprattutto documenti, tanti documenti, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Ad attirare sono sempre anime belle tutte donate ai prossimi e che instancabili danno una grande e bella testimonianza. Io personalmete ho guardato a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, alla cui spiritualità mi abbevero tuttora, ma guardo a tante altre anime come Madre Teresa di Calcutta, Natuzza Evolo, Padre Pio, don Benzi, Chiara Luce Badano, e tra i viventi ancora: Chiara Amirante, Ernesto Oliviero, Andrea Riccardi... Diciamoci la verità se non guardiamo a queste persone realizzate in Cristo, ci verrebbe da dire che il cristianesimo sia impossibile. Menomale che il Signore suscita questi portenti che anche in periodi di magra riescono a fare grandi numeri in termini di vocazioni.

Prima strofa
Inventando la mia vita Tu
dall'eterno amore libero.
Tu mi amasti ancor prima che fui
pensiero di pensiero umano
briciola di terra e mare
goccia di rugiada
anima che ama.

Questi versi mi fanno pensare ad alcuni versetti del Salmo 138.

Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre.

Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, 
tu mi conosci fino in fondo.
Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, 

intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro; 

i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio; 

se li conto sono più della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora.
Se Dio sopprimesse i peccatori! Allontanatevi da me, uomini sanguinari. 

Essi parlano contro di te con inganno: contro di te insorgono con frode.
Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano e non detesto i tuoi nemici? 

Li detesto con odio implacabile come se fossero miei nemici.
Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri: 

vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita.

Questa parte del Salmo 138, è proposta alla Liturgia dei vespri del mercoledì della IV settimana. Dopo aver contemplato nella prima parte (cf vv. 1-12) il Dio onnisciente e onnipotente, Signore dell’essere e della storia, ora questo inno sapienziale di intensa bellezza e passione punta verso la realtà più alta e mirabile dell’intero universo, l’uomo, definito come il «prodigio» di Dio (cf v. 14). Si tratta, in realtà, di un tema profondamente in sintonia con il mistero dell’Incarnazione che ha il suo inizio con l’annuncio a Maria e si manifesta con la nascita del Figlio di Dio fattosi uomo, anzi, fattosi Bambino per la nostra salvezza.
 Dopo aver considerato lo sguardo e la presenza del Creatore che spazia in tutto l’orizzonte cosmico, nella seconda parte del Salmo che meditiamo oggi, gli occhi amorevoli di Dio si rivolgono all’essere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo. Egli è ancora «informe» nell’utero materno: il vocabolo ebraico usato è stato inteso da qualche studioso della Bibbia come rimando all’«embrione», descritto in quel termine come una piccola realtà ovale, arrotolata, ma sulla quale si pone già lo sguardo benevolo e amoroso degli occhi di Dio (cf v. 16).
Dio plasma l’uomo

Il Salmista per definire l’azione divina all’interno del grembo materno ricorre alle classiche immagini bibliche, mentre la cavità generatrice della madre è comparata alle «profondità della terra», ossia alla costante vitalità della grande madre terra (cf v. 15).
 C’è innanzitutto il simbolo del vasaio e dello scultore che «forma», plasma la sua creazione artistica, il suo capolavoro, proprio come si diceva nel libro della Genesi per la creazione dell’uomo: «Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo» (Gn 2,7). C’è, poi, il simbolo «tessile», che evoca la delicatezza della pelle, della carne, dei nervi «intessuti» sullo scheletro osseo. Anche Giobbe rievocava con forza queste e altre immagini per esaltare quel capolavoro che è la persona umana, pur percossa e ferita dalla sofferenza: «Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte... Ricordati che come argilla mi hai plasmato... Non mi hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, d’ossa e di nervi mi hai intessuto» (Gb 10,8-11).
Già circondati dall’amore divino

Estremamente potente è, nel nostro Salmo, l’idea che Dio di quell’embrione ancora «informe» veda già tutto il futuro: nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro. Ma appare anche la grandezza di questa piccola
creatura umana non nata, formata dalle mani di Dio e circondata dal suo amore: un elogio biblico dell’essere umano dal primo momento della sua esistenza.
Noi ora vorremmo affidarci alla riflessione che San Gregorio Magno, nelle sue Omelie su Ezechiele, ha intessuto sulla frase del Salmo da noi prima commentata: «Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro» (v. 16).
Su quelle parole il Pontefice e Padre della Chiesa ha costruito un’originale e delicata meditazione riguardante quanti nella Comunità cristiana sono più deboli nel loro cammino spirituale.
E dice che anche i deboli nella fede e nella vita cristiana fanno parte dell’architettura della Chiesa, vi
«vengono tuttavia annoverati... in virtù del buon desiderio. È vero, sono imperfetti e piccoli, tuttavia per quanto riescono a comprendere, amano Dio e il prossimo e non trascurano di compiere il bene che possono.

Anche se non arrivano ancora ai doni spirituali, tanto da aprire l’anima all’azione perfetta e all’ardente contemplazione, tuttavia non si tirano indietro dall’amore di Dio e del prossimo, nella misura in cui sono in grado di capirlo.
Per cui avviene che anch’essi contribuiscono, pur collocati in posto meno importante, all’edificazione della Chiesa, poiché, sebbene inferiori per dottrina, profezia, grazia dei miracoli e completo disprezzo del mondo, tuttavia poggiano sul fondamento del timore e dell’amore, nel quale trovano la loro solidità» (2,3,12-13, Opere di Gregorio Magno, III/2, Roma 1993, pp. 79.81).
Il messaggio di San Gregorio diventa una grande consolazione per tutti noi che procediamo spesso con fatica nel cammino della vita spirituale ed ecclesiale. Il Signore ci conosce e ci circonda tutti con il suo amore.
 Benedetto XVI
, L’Osservatore Romano, 29-12-2005 (fonte: http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Vita%20Spirituale/06-07/003-Salmo_138.html)

Seconda strofa
Nel silenzio sguardo mio che va
dentro al tuo... e in che profondità
Mondi alati di felicità,
alba senza ombre scure
gioia che mi schiude un fiore
nel cuore dell'immenso, immenso amore.

 La vocazione, la chiamata ad una missione, ad un compito da svolgere per il Regno di Dio... Qualcosa che non si può descrivere, tanto è bella. Papa Francesco ogni anno per la giornata mondiale per le vocazioni, scrive un messaggio e per il 2018, si intola "Ascoltare, discernere, vivere la chiamata del Signore". Riporto alcuni passi...


Cari fratelli e sorelle,
                            (...) il Mistero dell’Incarnazione ci ricorda che Dio sempre ci viene incontro ed è il Dio-con-noi, che passa lungo le strade talvolta polverose della nostra vita e, cogliendo la nostra struggente nostalgia di amore e di felicità, ci chiama alla gioia. Nella diversità e nella specificità di ogni vocazione, personale ed ecclesiale, si tratta di ascoltare, discernere e vivere questa Parola che ci chiama dall’alto e che, mentre ci permette di far fruttare i nostri talenti, ci rende anche strumenti di salvezza nel mondo e ci orienta alla pienezza della felicità.
Questi tre aspetti – ascolto, discernimento e vita – fanno anche da cornice all’inizio della missione di Gesù, il quale, dopo i giorni di preghiera e di lotta nel deserto, visita la sua sinagoga di Nazareth, e qui si mette in ascolto della Parola, discerne il contenuto della missione affidatagli dal Padre e annuncia di essere venuto a realizzarla “oggi” (cfr Lc 4,16-21).

Ascoltare
La chiamata del Signore – va detto subito – non ha l’evidenza di una delle tante cose che possiamo sentire, vedere o toccare nella nostra esperienza quotidiana. Dio viene in modo silenzioso e discreto, senza imporsi alla nostra libertà. Così può capitare che la sua voce rimanga soffocata dalle molte preoccupazioni e sollecitazioni che occupano la nostra mente e il nostro cuore.
Occorre allora predisporsi a un ascolto profondo della sua Parola e della vita, prestare attenzione anche ai dettagli della nostra quotidianità, imparare a leggere gli eventi con gli occhi della fede, e mantenersi aperti alle sorprese dello Spirito.
Non potremo scoprire la chiamata speciale e personale che Dio ha pensato per noi, se restiamo chiusi in noi stessi, nelle nostre abitudini e nell’apatia di chi spreca la propria vita nel cerchio ristretto del proprio io, perdendo l’opportunità di sognare in grande e di diventare protagonista di quella storia unica e originale, che Dio vuole scrivere con noi.
Anche Gesù è stato chiamato e mandato; per questo ha avuto bisogno di raccogliersi nel silenzio, ha ascoltato e letto la Parola nella Sinagoga e, con la luce e la forza dello Spirito Santo, ne ha svelato in pienezza il significato, riferito alla sua stessa persona e alla storia del popolo di Israele.
Quest’attitudine oggi diventa sempre più difficile, immersi come siamo in una società rumorosa, nella frenesia dell’abbondanza di stimoli e di informazioni che affollano le nostre giornate. Al chiasso esteriore, che talvolta domina le nostre città e i nostri quartieri, corrisponde spesso una dispersione e confusione interiore, che non ci permette di fermarci, di assaporare il gusto della contemplazione, di riflettere con serenità sugli eventi della nostra vita e di operare, fiduciosi nel premuroso disegno di Dio per noi, di operare un fecondo discernimento.
Ma, come sappiamo, il Regno di Dio viene senza fare rumore e senza attirare l’attenzione (cfr Lc 17,21), ed è possibile coglierne i germi solo quando, come il profeta Elia, sappiamo entrare nelle profondità del nostro spirito, lasciando che esso si apra all’impercettibile soffio della brezza divina (cfr 1 Re 19,11-13).

 Dal Vaticano, 3 dicembre 2017 Prima Domenica di Avvento Franciscus (fonte: https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/vocations/documents/papa-francesco_20171203_55-messaggio-giornata-mondiale-vocazioni.html)

Primo ritornello
Siamo qui oltre il miracolo
paradisi di speranze
che non moriranno mai
l'estate è ancora qui piena di sole.
I granai attendono il raccolto che è già biondo,
ma gli operai del Cielo son pochi.

Discernere
Leggendo, nella sinagoga di Nazareth, il passo del profeta Isaia, Gesù discerne il contenuto della missione per cui è stato inviato e lo presenta a coloro che attendevano il Messia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Allo stesso modo, ognuno di noi può scoprire la propria vocazione solo attraverso il discernimento spirituale, un «processo con cui la persona arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito, le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato di vita» (Sinodo dei Vescovi, XV Assemblea Generale Ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, II, 2).
Scopriamo, in particolare, che la vocazione cristiana ha sempre una dimensione profetica. Come ci testimonia la Scrittura, i profeti sono inviati al popolo in situazioni di grande precarietà materiale e di crisi spirituale e morale, per rivolgere a nome di Dio parole di conversione, di speranza e di consolazione. Come un vento che solleva la polvere, il profeta disturba la falsa tranquillità della coscienza che ha dimenticato la Parola del Signore, discerne gli eventi alla luce della promessa di Dio e aiuta il popolo a scorgere segnali di aurora nelle tenebre della storia.
Anche oggi abbiamo tanto bisogno del discernimento e della profezia; di superare le tentazioni dell’ideologia e del fatalismo e di scoprire, nella relazione con il Signore, i luoghi, gli strumenti e le situazioni attraverso cui Egli ci chiama. Ogni cristiano dovrebbe poter sviluppare la capacità di “leggere dentro” la vita e di cogliere dove e a che cosa il Signore lo sta chiamando per essere continuatore della sua missione.

 Dal Vaticano, 3 dicembre 2017 Prima Domenica di Avvento Franciscus (fonte: https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/vocations/documents/papa-francesco_20171203_55-messaggio-giornata-mondiale-vocazioni.html)

Terza strofa
Tu l'artista dei grandi sogni miei
mille e più sentieri e poi pensieri.
Paura di non farcela già più.
Con il fiato a ripidare,
chine come grattacieli
penose anime
aride e stonate.

Vivere
Infine, Gesù annuncia la novità dell’ora presente, che entusiasmerà molti e irrigidirà altri: il tempo è compiuto ed è Lui il Messia annunciato da Isaia, unto per liberare i prigionieri, ridare la vista ai ciechi e proclamare l’amore misericordioso di Dio ad ogni creatura. Proprio «oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,20), afferma Gesù.
La gioia del Vangelo, che ci apre all’incontro con Dio e con i fratelli, non può attendere le nostre lentezze e pigrizie; non ci tocca se restiamo affacciati alla finestra, con la scusa di aspettare sempre un tempo propizio; né si compie per noi se non ci assumiamo oggi stesso il rischio di una scelta. La vocazione è oggi! La missione cristiana è per il presente! E ciascuno di noi è chiamato – alla vita laicale nel matrimonio, a quella sacerdotale nel ministero ordinato, o a quella di speciale consacrazione – per diventare testimone del Signore, qui e ora.
Questo “oggi” proclamato da Gesù, infatti, ci assicura che Dio continua a “scendere” per salvare questa nostra umanità e farci partecipi della sua missione. Il Signore chiama ancora a vivere con Lui e andare dietro a Lui in una relazione di speciale vicinanza, al suo diretto servizio. E se ci fa capire che ci chiama a consacrarci totalmente al suo Regno, non dobbiamo avere paura! È bello – ed è una grande grazia – essere interamente e per sempre consacrati a Dio e al servizio dei fratelli.
Il Signore continua oggi a chiamare a seguirlo. Non dobbiamo aspettare di essere perfetti per rispondere il nostro generoso “eccomi”, né spaventarci dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma accogliere con cuore aperto la voce del Signore. Ascoltarla, discernere la nostra missione personale nella Chiesa e nel mondo, e infine viverla nell’oggi che Dio ci dona.
Maria Santissima, la giovane fanciulla di periferia, che ha ascoltato, accolto e vissuto la Parola di Dio fatta carne, ci custodisca e ci accompagni sempre nel nostro cammino.
 Dal Vaticano, 3 dicembre 2017 Prima Domenica di Avvento Franciscus (fonte: https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/vocations/documents/papa-francesco_20171203_55-messaggio-giornata-mondiale-vocazioni.html)

Secondo ritornello
Siamo qui c'è una musica
melodie divine
che rincorrono volanti
danzanti note che prima stonavano.
I granai attendono la nuova musica,
ma gli operai del Cielo son pochi.

Se tutti scoprissero il dono della propria chiamata, diventeremmo un'armonia divina. È quanto ci attende in Paradiso. Ma finché siamo sulla terra, dobbiamo convivere con tutte le scordature possibili e immaginalbili, causate dal peccato originale e dalle conseguenze di esso, e dalla compagnia col disgraziato... che finché Dio glielo permette, ci farà sempre cattiva compagnia.

Dai Quaderni di M. Valtorta del giugno '43:
"Occorre che tutti i giorni tu preghi per i miei sacerdoti e che tu offra parte delle tue sofferenze per questo. Non stancarti mai di pregare per loro che sono i maggiori responsabili della vita spirituale dei cattolici. Se un laico basta faccia per dieci per non scandalizzare, i miei sacerdoti devono fare per cento, per mille. Dovrebbero essere simili al loro Maestro in purezza, carità, distacco dalle cose del mondo, umiltà, generosità. Invece lo stesso rilassamento di vita cristiana che è nei laici, è nei miei sacerdoti e in genere in tutte le persone consacrate da voti speciali. Ma di queste ne parlerò poi. Ora parlo dei sacerdoti, di coloro che hanno l’onore sublime di perpetuare dall’altare il mio Sacrificio, di toccare Me, di ripetere il mio Vangelo.
Dovrebbero essere fiamme. Invece sono fumo. Fanno stancamente quello che devono fare. Non si amano tra di loro e non amano voi come pastori che devono essere pronti a dare tutti se stessi, anche sino al sacrificio della vita, per le loro pecorelle. Vengono al mio altare con il cuore colmo di sollecitudini della terra. Mi consacrano con la mente altrove e neanche la mia Comunione accende nel loro spirito quella carità che deve essere viva in tutti ma che nei miei sacerdoti deve essere vivissima. Quando Io penso ai diaconi, ai preti della Chiesa catacombale, e li paragono a questi di ora, sento un’infinita pietà per voi, turbe che rimanete senza o con troppo scarso cibo della mia Parola.

Quei diaconi, quei preti avevano contro tutta una società malevola, avevano contro il potere costituito. Quei diaconi, quei preti dovevano espletare il loro ministero tra mille difficoltà; il più incauto movimento li poteva far cadere in mano ai tiranni e condurre a morti di strazio. Eppure, quanta fedeltà, quanto amore, quanta castità, quanto eroismo in loro! Hanno cementato col loro sangue e il loro amore la Chiesa nascente e di ogni loro cuore hanno fatto un altare. Ora splendono nella celeste Gerusalemme come altrettanti eterni altari sui quali Io, l’Agnello, mi riposo beandomi di loro, i miei intrepidi confessori, i puri che hanno saputo lavare le sozzure del paganesimo che li aveva saturati di sé per anni e anni prima della loro conversione alla Fede, e che spruzzava il suo fango su loro anche dopo la loro conversione, come un oceano di melma contro scogli incrollabili.
Nel mio Sangue si erano detersi ed erano venuti a Me con bianche stole su cui era per ornamento il loro sangue generoso e la loro carità veemente. Non avevano vesti esterne, né segni materiali della loro milizia sacerdotale. Ma erano Sacerdoti nell’animo. Ora c’è l’esterno della veste, ma il loro cuore non è più mio. Ho pietà di voi, greggi senza pastori. Per questo trattengo ancora i miei fulmini: perché ho pietà. So che molto di quello che siete proviene perché non siete sorretti.


Troppo pochi i veri sacerdoti che spezzano se stessi per prodigarsi ai loro figli! Mai come adesso è necessario pregare il Padrone della messe, perché mandi veri operai alla sua messe che cade sciupata perché non è sufficiente il numero dei veri instancabili operai, sui quali il mio occhio sì posa con benedizioni ed amore infiniti e grati. Avessi potuto dire a tutti i miei Sacerdoti: “Venite, servi buoni e fedeli, entrate nel gaudio del vostro Signore!”.
 Prega per il clero secolare e per quello conventuale.

Quel giorno che nel mondo non vi fossero più sacerdoti realmente sacerdotali, il mondo finirebbe in un orrore che parola non può descrivere. Sarebbe giunto il momento dell’ “abbominio della desolazione”. Ma giunto con una violenza così spaventosa, da essere un inferno portato sulla terra.
Prega e di’ di pregare perché tutto il sale non divenga insipido in tutti meno che in Uno, nell’ultimo Martire che ci sarà per l’ultima Messa, perché sino all’estremo giorno la mia Chiesa militante sarà e il Sacrificio verrà compiuto. Quanti più veri sacerdoti saranno nel mondo quando i tempi saranno compiuti e meno lungo e crudele sarà il tempo dell’Anticristo e le ultime convulsioni della razza umana. Perché “i giusti” di cui parlo quando predìco la fine del mondo, sono i veri sacerdoti, i veri consacrati nei conventi sparsi sulla terra, le anime vittime ignota schiera di martiri che solo il mio occhio conosce mentre il mondo non li vede, e coloro che agiscono con vera purezza di fede. Ma questi ultimi sono, anche a loro stessa insaputa, consacrati a vittime. "
(fonte: http://www.scrittivaltorta.altervista.org/quaderni/q43003.pdf)

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio

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