lunedì 5 giugno 2017

"Intendere in tenda" e "Legale, illegale"

Nel 2007 ebbi la possibilità di condurre un POR (Programma Operativo Regionale) in un Istituto della nostra città. Con 11 ragazzi di vari istituti, ho fatto fare un percorso educativo sulla comunicazione e la legalità. Insieme a loro abbiamo costruito e realizzato una trasmissione televisiva sulla legalità a cui abbiamo aggiunto la sigla iniziale e la sigla finale rispettivamente dal titolo: "Intendere in tenda" e "Legale illegale".
Sia la prima che la seconda sono nate dall'interazione coi ragazzi e dalle loro domande. Più facevamo capire loro le argomentazioni attorno alla legalità e  all'illegalità e più cresceva in loro la consapevolezza delle dinamiche sociali dei nostri contesti intrisi di corruttela. La corruzione è entrata a far parte del bagaglio culturale e la si subisce quasi con rassegnazione.
Ascoltiamo la canzone col video che riassume anche tutto il POR.

Video di "Intendere in tenda" canzone del 2007

Ricordo che, lavorare per questo POR, fu una bellissima esperienza che ci vedeva impegnati un pomeriggio a settimana in cui approfondivamo una serie di argomenti sulla legalità e sulla comunicazione massmediale. I ragazzi un poco alla volta diventarono coscienti delle opportunità che danno i mass media, ma anche dei loro limiti e difetti. Impararono le tecniche fotografiche e quelle video fino ad essere capaci col mio aiuto a metter su una trasmissione televisiva che realizzammo nello studio di un fotografo che ci collaborava per il POR, Salvatore Monticelli. 

Fu una bellissima avventura, perché dopo tanta teoria e pratica andammo a intervistare diverse personalità: Tano Grasso allora presidente della FAI, ora presidente onorario; il senatore Tommaso Sodano; il Sindaco di allora di Pomigliano D'Arco, Antonio Della Ratta ed altri di cui non ricordo il nome, ma soprattutto partimmo da una storia che allora si stava svolgendo davanti alla fabbrica della AVIO S.p. A. C'erano alcuni operai che vivevano in una tenda ubicata sul marciapiede difronte all'ingresso della fabbrica. Protestavano perché ingiustamente licenziati. Anche noi della parrocchia con don Peppino Gambardella, sempre a fianco degli operai delle fabbriche pomiglianesi, partecipavamo a tutte le manifestazioni. Vennero diversi artisti a fare un concerto; venne Dario Fò e Franca Rame a dare il loro contributo e tanti altri. Anche noi facemmo ruotare tutto il POR attorno alla "tenda della solidarietà" per questo la canzone iniziale, parafrasando le parole di Gesù: "Chi ha orecchie per intendere intenda" (Mc 4, 9), l'abbiamo chiamata "Intendere in tenda".

Ora entriamo nel testo della sigla iniziale: "Intendere in tenda" cantata dagli undici ragazzi del POR e dagli animatori che mi collaboravano: Giulia Romano e Daniele Luongo. L'arrangiamento venne realizzato per entrambe le canzoni da Franco Cleopatra, grande e importante musicista e arrangiatore pomiglianese.

Il titolo: Intendere in-tenda, l'abbiamo già spiegato. Aggiungo solo il doppio significato che può avere la parola "in-tenda", ossia: che tu possa capire; ma anche, entra nella tenda.

Oh, oh… Anche questo "oh oh" articolato ha un suo significato. Serve subito per coinvolgere, ma anche per far memorizzare il motivo del ritornello.

Prima strofa.

Intendo dire che la vita non è sempre facile,
si semina granturco e si raccoglie patate.
Intendo dire che la vita non è sempre stabile,
si semina in un modo e si raccoglie il "nada".

 
Oh, oh…

 Le strofe avevano una melodia, ma ai ragazzi piacque più cantarle a RAP. Vedemmo che davvero funzionavano di più, anzi, il messaggio in RAP era proprio più diretto. 
La prima strofa sottolinea il negativo dell'esistenza, proprio l'esperienza che stavano facendo quegli operai sotto la tenda. La vita non è facile e quante volte semini una cosa e ne raccogli un'altra, anzi a volte sembra di non raccogliere nulla, nemmeno un poco di solidarietà. Ma nel caso in questione di solidarietà ce ne fu tanta e tutti gli operai vennero riassunti. I diritti allora, dopo aver fatto bene il proprio dovere, vanno difesi a denti stretti.

Seconda strofa

Se Sali a far politica ricordati chi sei,
sei figlio della gente e non dell’egoista casta.
Se fai già politica, ricordati chi sei,
non fare l’arrogante, ché ti vomiteranno.

Fortissima la frase: "Se sali a far politica ricordati chi sei, sei figlio della gente e non dell'egoista casta". E' davvero impressionante come dei ragazzi tra i 15 e 17 anni, abbiamo potuto concepire una frase così pregnante e così vera, dopo aver certo ascoltato noi animatori, su tante questioni e su quanto si delineava in quello scorcio di estate 2007 in Italia. Il "Berlusconismo" era allo zenit e le bugie all'ordine del giono. La politica era scollata ancor più dalla realtà e GRILLO cominciava coi vari "VAFFA" (8 settembre 2007) a cui anch'io, stanco della malapolitica, guardavo con simpatia. Mi dicevo, dopotutto è l'unico che dice una verità.  Dopo 10 anni, siamo nel 2017, cosa è cambiato? Invece di avere il berlusconismo di destra, c'è quello di sinistra più bugiardo ancora e pappone e con Grillo che ha fondato un Movimento politico, che ancora non è ben definito. L'unica cosa positiva è che da Pomigliano è uscito l'on. Luigi Di Maio, mio parrocchiano, che è sempre molto gentile con noi suoi parroci, soprattutto con don Peppino.
Dunque per la maggior parte dei politici è vera la frase: "Se sali a far politica ricordati chi sei, sei figlio della gente e non dell'egoista casta".  
Spero vivamente in una conversione generale verso il "bene comune" di tutti i politici.
L'altra cosa che caratterizza i nostri politici, se non è il disinteresse verso "bene pubblico", è certamente l'arroganza. Certe posture da dittatori sono sotto ai nostri occhi tutti i giorni e così le caratteristiche deambulazioni o pseudocamminate, che fanno presagire arroganza e disprezzo per la verità e per gli interessi del popolo.

Il ritornello

Chi ha orecchie per intendere intenda…
intenda in tenda, entra in tenda.

Dopo tutto lo sfacelo che c'è e dopo aver capito che c'è poco da salvare a chi rivolgersi? Bisogna entrare nella tenda. La tenda degli operai licenziati? Nella tenda che è la povera Italia bistrattata da tutti i potenti? Ma quando questo popolo comincerà a essere popolo e a togliersi di dosso le piattole delle lobby e dei banchieri mangioni? 
Occorrono certamente uomini nuovi, che potrebbero nascere  dove ci sono comunità cristiane vive, ma abbiamo visto come essi pur standosi nei diversi schieramenti, hanno fatto il gioco dei "sempre gli stessi". Pochi volti nuovi, pochi politici con la "P" maiuscola. Insomma una tragedia itliana ma forse europea.
Gesù ripete ancora: "Chi ha orecchi per intendere intenda". Papa Francesco in visita a Genova ha fatto delle strigliatine... agli imprenditoi che diventano "speculatori" e agli operai che si arrendono accettando il "ricatto" e così conclude: 

"Se svendiamo il lavoro al consumo, con il lavoro presto svenderemo anche tutte queste sue parole sorelle: dignità, rispetto, onore, libertà. Non dobbiamo permetterlo, e dobbiamo continuare a chiedere il lavoro, a generarlo, a stimarlo, ad amarlo. Anche a pregarlo: molte delle preghiere più belle dei nostri genitori e nonni erano preghiere del lavoro, imparate e recitate prima, dopo e durante il lavoro. Il lavoro è amico della preghiera; il lavoro è presente tutti i giorni nell’Eucaristia, i cui doni sono frutto della terra e del lavoro dell’uomo. Un mondo che non conosce più i valori e il valore del lavoro, non capisce più neanche l’Eucaristia, la preghiera vera e umile delle lavoratrici e dei lavoratori. I campi, il mare, le fabbriche sono sempre stati “altari” dai quali si sono alzate preghiere belle e pure, che Dio ha colto e raccolto. Preghiere dette e recitate da chi sapeva e voleva pregare ma anche preghiere dette con le mani, con il sudore, con la fatica del lavoro da chi non sapeva pregare con la bocca. Dio ha accolto anche queste e continua ad accoglierle anche oggi.
Per questo, vorrei terminare questo dialogo con una preghiera: è una preghiera antica, il “Vieni, Santo Spirito”, che è anche una preghiera del lavoro e per il lavoro.
“Vieni, Santo Spirito, 
manda a noi un raggio di luce.
Vieni, padre dei poveri,
Padre dei lavoratori e delle lavoratrici.
Vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
Lava ciò che è sporco, 
bagna ciò che arido, 
sana ciò che sanguina;
piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido, 
drizza ciò che è sviato.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.
Amen”."

Anche il Papa non trova altro che affidarsi a Dio, perché non c'è la materia prima: gli uomini nuovi, gli uomini veri, i veri credenti, i veri lottatori. Tra i vescovi, non si distingue nessuno, tra i preti qualcuno... ma come sappiamo un prete da solo non rappresenta tutta la Chiesa. Anche il Papa, se lasciato da solo, non può molto. Negli ultimi tempi, dove sono le voci coraggiose di chi denuncia il marcio nella società italiana? Non si è più spesso: "attacca o ciuccio addò vò a padron", per riceverne privilegi e sconti fiscali?
"Quando tornerò - dice Gesù - troverò la fede sulla terra?". Io parafraserei così: "Quando tornerò troverò una Chiesa a fianco degli ultimi e che creda ancora nella Resurrezione?".

Terza strofa

Entra pure in tenda, benvenuto a te e a i tuoi,
qui ci opponiamo a un mondo che si vende al dio profitto.
Le lobby di potere e i fondi monetari,
promettono lavoro, ma è solo precariato.

Oh, oh…

Nel discorso a Genova al mondo del lavoro, Papa Francesco parla proprio del mondo dell'economia e dell'imprenditoria che va verso la speculazione e non verso l'umanizzazione. 

"Una malattia dell’economia è la progressiva trasformazione degli imprenditori in speculatori. L’imprenditore non va assolutamente confuso con lo speculatore: sono due tipi diversi. L’imprenditore non deve confondersi con lo speculatore: lo speculatore è una figura simile a quella che Gesù nel Vangelo chiama “mercenario”, per contrapporlo al Buon Pastore. Lo speculatore non ama la sua azienda, non ama i lavoratori, ma vede azienda e lavoratori solo come mezzi per fare profitto. Usa, usa azienda e lavoratori per fare profitto. Licenziare, chiudere, spostare l’azienda non gli crea alcun problema, perché lo speculatore usa, strumentalizza, “mangia” persone e mezzi per i suoi obiettivi di profitto. Quando l’economia è abitata invece da buoni imprenditori, le imprese sono amiche della gente e anche dei poveri. Quando passa nelle mani degli speculatori, tutto si rovina. Con lo speculatore, l’economia perde volto e perde i volti. E’ un’economia senza volti. Un’economia astratta. Dietro le decisioni dello speculatore non ci sono persone e quindi non si vedono le persone da licenziare e da tagliare. Quando l’economia perde contatto con i volti delle persone concrete, essa stessa diventa un’economia senza volto e quindi un’economia spietata. Bisogna temere gli speculatori, non gli imprenditori; no, non temere gli imprenditori perché ce ne sono tanti bravi! No. Temere gli speculatori. Ma paradossalmente, qualche volte il sistema politico sembra incoraggiare chi specula sul lavoro e non chi investe e crede nel lavoro. Perché? Perché crea burocrazia e controlli partendo dall’ipotesi che gli attori dell’economia siano speculatori, e così chi non lo è rimane svantaggiato e chi lo è riesce a trovare i mezzi per eludere i controlli e raggiungere i suoi obiettivi. Si sa che regolamenti e leggi pensati per i disonesti finiscono per penalizzare gli onesti. E oggi ci sono tanti veri imprenditori, imprenditori onesti che amano i loro lavoratori, che amano l’impresa, che lavorano accanto a loro per portare avanti l’impresa, e questi sono i più svantaggiati da queste politiche che favoriscono gli speculatori. Ma gli imprenditori onesti e virtuosi vanno avanti, alla fine, nonostante tutto. Mi piace citare a questo proposito una bella frase di Luigi Einaudi, economista e presidente della Repubblica Italiana. Scriveva: “Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E’ la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con gli altri impegni”. Hanno quella mistica dell’amore…"

Credo anch'io, poi, che il consumismo nato in America ed esportato in modo globale, sia davvero l'idolo da abbattere, perché se non lo si fa finirà per farci soccombere tutti. I due estremi: consumismo e socialismo comunista (ipocrita anche questo), non hanno giovato e non giovano all'umanità. Dopo venti secoli, l'umanità ha smarrito di nuovo l'unica via possibile: Cristo Gesù. Chissà se adesso il Padreterno darà il tempo per un nuovo "riscatto"?
 
Quarta strofa

Entra pure in tenda, benvenuto a te e  ai tuoi,
formiamo un nuovo popolo di gente che già spera,
al centro la persona e la sua dignità
è giunto il tempo e l’ora di farglielo…

Lo auspichiamo da tanto questo "nuovo popolo" che nessuno ancora è riuscito a mettere insieme. Ogni volta che nasce qualcosa, quando arriva al Parlamento cambia natura. Adesso è il momento dei 5 stelle, che stanno già metamorfizzandosi rispetto a quanto predicavano all'inizio. Ma che palude è Montecitorio? Lì, prima o poi, tutti si beccano la "poterite", la "denarite", l'arroganzite...
Certo è che ogni volta che nasce un guru in Italia, viene subito demolito dalle circostanze... Credo perché non c'è nessuno che abbia a fondamento Dio. Non un'idea di Dio, che pure diverrebbe idolo, ma una fede radicata nella "mistica dell'amore" come la chiama Papa Francesco, radicata nell'esperienza dell'amore concreto e fattivo e non ideologico e ipocrita: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli." (Mt 7, 21).
 
Ritornello con intreccio con un detto napoletano.

Nun sputà cielo che nfaccia te torna…
Chi ha orecchie per intendere intenda

"Nun sputà cielo che nfaccia te torna" (traduzione: non sputare in cielo perché in faccia ti torna". E' un detto intriso di grande sapienza che si collega a un'altra frase del Vangelo: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 40). Dunque se tratti male un tuo fratello ti dovrai attendere un ceffone dall'alto... e non potrai dire che non te l'aveva detto... per questo "chi ha orecchi per intendere, intenda".

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La canzone "Intendere in tenda", sigla della trasmissione televisiva creata coi ragazzi del PON sulla "Comunicazione mass mediale e la legalità", si ricollega alla sigla finale dal titolo: Legale illegale.
Ascoltiamola.
Video di "Legale illegale" 2007.

Allora confezionammo la trasmissione solo in alcuni DVD che consegnammo ai ragazzi e alla scuola come frutto del lavoro svolto. Riporto di seguito il testo della canzone: 

Rif iniziale

Legale, illegale…

Prima strofa

Quanto è difficile trovare
mani pulite e limpide:
i soliti furbetti, politici in cravatta,
pieni di “ecoballe”
inventate a tavolino
per calmare il popolino


Legale, illegale…

Seconda strofa

Quanto è difficile capire,
i discorsi dei politici corrotti.
Promettono paradisi,
ma solo per sé, quelli fiscali.
E noi tra tasse e munnezza,
e aria poco salubre…


Ritornello

Legale, illegale son gatte da pelare,
arance da sbucciare. Legale, illegale.
Legale, illegale. Son rogne da sanare,
cuori da reinventare. Legale, illegale.


Terza strofa

Quanto è difficile sapere
Cosa passa nel cappello della gente.
Oramai non spera più e non ce la fa più
a sopportare il peso,
delle corruttele dei faccendieri
e gl’indici di borsa
che fanno ricchi sempre i più ricchi.


Quarta strofa

Legale, illegale son gatte da pelare,
arance da sbucciare. Legale, illegale.
Legale, illegale Son rogne da sanare,
cuori da reinventare. Legale, illegale.
Legale, illegale… Legale, illegale.


Special

Legateli e buttateli
nella fornace… (dove sarà pianto e stridore di tenti…)

 Ecco la trasmisione...


Alla prossima canzone per riflettere sulla realtà scristianizzata...



lunedì 29 maggio 2017

Se fossi nato nuvola

Dal Cd "Attimi di Cielo" 2005. Una canzone pensata rock e arrangiata dance. Un esperimento parzialmente riuscito. Rockettara sarebbe stata un'altra cosa... Chissà che non mi venga in mente di riarrangiarla...!!!
Comunque così fa il suo effetto: da gioia, fa riflettere e da un messaggio positivo.
Scavando su internet ho trovato anche una pagina di aforismi sulle "nuvole" (http://aforisticamente.com/2015/03/29/frasi-citazioni-e-aforismi-sulle-nuvole/). Dunque il tema delle nuvole ispira molto la poesia, la pittura, le canzoni... Credo che sia per il fatto che il Cielo sgombro di nuvole, sia monotono, invece con le nuvole prende tantissime forme. Un pò come la nostra vita che quando è troppo serena prima o poi ci fa crescere la barba della noia. Invece quando ci sono gli alti e bassi, si alterna gioia e dolore, essa prende forma, valore, non è più monocolore. Magari si sogna per tutta la vita un Cielo sereno e quando c'è si ha nostagia di quello nuvoloso... oimà che siamo?!?!?!?!? Non ci accontentiamo mai... Forse proprio perché aneliamo inconsciamente a un altro CIELO. Leggiamo il primo aforisma che mi ha colpito:

"Se vuoi vedere le valli, sali in vetta ad una montagna; se vuoi vedere la vetta di una montagna, sali su una nuvola; se invece aspiri a comprendere la nuvola, chiudi gli occhi e pensa"
(Kahlil Gibran)

La mia canzone: "Se fossi nato nuvola" ha un testo che parla di nuvole, ma solo come metafora per dire qualcosa di più profondo. Proprio come accenna Gibran, provo a chiudere gli occhi e a immaginare e a cercare di capire che tutto attorno a noi, se guardiamo bene, ci insegna a vivere.

Ascoltiamo la canzone col video fresco fresco montato e messo sulla mia pagina YouTube...


dal CD Attimi di Cielo 2005

Il testo della canzone e il tentativo di spiegarla...

Prima strofa

Se fossi nato nuvola
avrei guardato da lassù
il mondo che rigira
e se ne va da sé.

Apriamo questo commento con un altro aforisma: 

"Se potessi aprire le nuvole come si apre un cassetto, chissà cosa troverei dentro: lettere d’amore scritte dagli angeli o alfabeti segreti o forse i sogni del vento"
(Fabrizio Caramagna)

 Io invece ho pensato di essere una nuvola, libera, portata dal vento, e finalmente starmene un pò a guardare il mondo con distacco, appunto...da lassù. Ho immaginato come possano guardare le nuvole, che nonostante le guerre, loro passano indisturbate facendo comunque il loro lavoro. Immagino di potermi innalzare nel Cielo e passare sulla Siria, sulla Corea del Nord, o su qualche altro paese, senza l'orrore di essere ferito, ucciso, vilipeso...giudicato per il colore della pelle, per l'appartenza ad una religione, a un partito politico, a una setta o chissà cosa... Una nuvola dunque, libera di portare la vita dove il vento la trasporta... La nuvola fa il suo lavoro, dona un pò di refrigerio all'arsura nel deserto, rinfresca le calde giornate d'estate, mentre d'inverno carica di elettricità porta altri benefici, ossigena l'aria, fa calare le polveri sottili, feconda i semi che attendono per schiudersi a nuova vita...

"L’uomo libero è come una nuvola bianca. Una nuvola bianca è un mistero; si lascia trasportare dal vento, non resiste, non lotta, e si libra al di sopra di ogni cosa. Tutte le dimensioni e tutte le direzioni le appartengono. Le nuvole bianche non hanno una provenienza precisa e non hanno una meta; il loro semplice essere in questo momento è perfezione."
(Osho)

 In realtà anche le nuvole devono regolarsi, col vento, col sole, col freddo e col caldo, insomma nessuna cosa può dirsi così libera, senza essere contestualizzata in una cornice di senso, così una nuvola, così l'uomo razionale e sano di mente, sa che fa parte di un tutto, l'umanità, e di esso è una cellula. Sapessimo imparare da una nuvola impareremmo a rispettare l'esserci per amore, impresso in ogni cosa da Dio che è Amore.

Seconda strofa

Se fossi nato nuvola,
quante lacrime avrei
da regalare in musica,
da regalare a te.

Non so perché ho accostato lacrime a musica, forse perché la musica emoziona e tante volte le canzoni se non ci fanno accapponare la pelle, non sono degne di esistere... O forse perché la maggior parte delle canzoni fanno piangere, soprattutto quelle dedicate agli amori finiti, e sono anche quelle più ascoltate... Si dimentica che esistono altre canzoni, che magari sottolineano altre emozioni, altri eventi, altre situazioni...che magari vogliono semplicemente far riflettere... In una società usa e getta, chi si fermerà ad ascoltare una canzone che dia un messaggio che non faccia venire i brividi?
E poi quante canzoni....troppe...troppe...troppe...o non sono ancora abbastanza? Sono come le nuvole...infinite...
Una canzone credo, sia un dono di Dio prima a chi la scrive, e poi a chi ne usufruisce... Proprio come le nuvole.
Chi scrive canzoni non necessariamente deve avere già un pubblico e una casa discografica che lo supporta... può essere come me, un povero prete di città, che scrive canzoni perché non può negare ad un'ispirazione di uscire dal cuore, dalla mente, dallo spirito. Proprio come le nuvole che prendono vita da una giornata di sole evaporando dal mare e poi il vento le trasporta dove vuole.

Lancio al ritornello e ritornello
Se fossi nato nuvola
forse mi accorgerei
che tutto passa in fretta,
l’oggi va da sé.

Se fossi nato nuvola,
come nuvola me ne andrei,
leggera con il vento in faccia
e la vita dentro me.
Se fossi nato nuvola,
se fossi nato subito,
mi scioglierei
per far filtrare il sole… che c’è.

"Una nuvola non sa perché si muove in una certa direzione e a una certa velocità.
Segue un impulso, è li che deve andare. Ma il cielo conosce le ragioni e gli schemi al di là delle nuvole, e anche tu li conoscerai, quando ti librerai abbastanza in alto per vedere l’orizzonte."
(Richard Bach)

Le nuvole passano e in fretta... il loro lavoro lo fanno subito senza ritrosie come tante volte noi umani. Anche i nostri giorni passano in fretta proprio come le nuvole...allora che fare? lasciarli passare senza aver rischiato almeno di aver fatto qualcosa di buono? Allora ben venga il sogno di libertà, il senso di pienezza che viene dall'aver percepito la presenza di Dio nella tua esistenza, nella tua vita. La differenza la fa proprio Dio Amore. Lo incontri e la tua vita prende senso, ha volore, si riempie di pace. Potresti scoppiare se non trovi un modo per donare quanto ricevuto. Uno di questi è lo scrivere canzoni. Mi mette in dono, in comunicazione con Dio e col mondo. E che in esso tutto è in dono e  tutto ha senso se visto nella dinamica del dono. Dono che dev'essere gratuito per essere come Dio l'ha creato. Hai mai sentito una nuvola dire: "Oggi non ho voglia... darò pioggia domani; o anche un albero da frutta: "Quest'anno la frutta no, voi umani siete stati troppo cattivi"; o anche un fiume dire: "No io non vado verso la valle o altro da fare"? Ti guardi intorno e tutto è in dono, ma gli umani la gratitudine a volte la dimenticano e diventano peggio delle bestie, accaparrandosi tutto. Mai come in questo periodo storico ci sono uomini che posseggono ricchezze che potrebbero risolvere il problema della fame nel mondo, ma loro vogliono solo accaparrare, accumulare per sé e diventare magari i più ricchi in assoluto... e poi? Dovranno fare i conti con questa realtà:

"Vedete, o figli cari, quale valore ha lo spirito? il mio ultimo pensiero va ad esso, a raccomandare esso nelle mani del Padre. Valore immisurabile del nostro vivere di uomini è lo spirito, dico “nostro”, perché chi moriva sulla croce era vero Uomo oltre che vero Dio, simile perciò a voi nell’umanità. L’estrema sollecitudine mia va a questo mio spirito prossimo a liberarsi dalla carne per tornare all’Origine da cui era venuto.
Lo spirito del Cristo non aveva bisogno di di
vina pietà. Era lo spirito divino e innocente del Figlio del Padre e della Immacolata. Ma Io vi ho voluto insegnare che una sola cosa è preziosa nella vita e preziosa oltre la vita: lo spirito. Esso deve avere tutte le vostre cure durante l’esistenza e le vostre previdenze nell’ora della morte.
Tutto quanto possedete sulla terra è cosa che muore con la carne. Nulla vi segue nell’altra vita. Ma lo spirito resta, ma lo spirito vi precede. È desso che si presenta al Giudice e riceve la prima sentenza. È desso che riscuoterà la carne nell’ora dell’ultimo Giudizio e la farà di nuovo viva per ascoltare il decreto che la farà beata con esso spirito o con esso maledetta. Secoli o attimi di morte conoscerà la carne avanti la sua risurrezione, ma lo spirito non conosce che una morte e da quella non risorge.
Guai a quegli spiriti morti che infonderanno morte alla carne che abitarono! La “seconda morte” che non conosce risurrezione, e che è quella che dovete temere per questo corpo che amate più dello spirito, o uomini stolti che capovolgete i valori delle cose.
Cercate di avere pietà di voi stessi, non dal punto di vista umano ma da quello soprannaturale. Pietà di ciò che non muore come carne, ma che può morire unicamente come spirito, perdendo la Luce di Dio quaggiù, la visione e il possesso di Dio nel mio Cielo.
Cercate. E poiché siete deboli per la carne che vi tenta, presa come è nella seduzione di Satana, in vita e in morte affidate il vostro spirito al Potente, al Santo al Misericordioso Iddio.
Quando vi ho insegnato a dire: “Non ci indurre in tentazione ma salvaci dal male”, non vi ho forse già insegnato ad affidare lo spirito vostro al Padre, che vi ha creato e che non rinnega la sua paternità come voi rinnegate invece la vostra figliolanza?
Allo spirito che si affida a Dio poco può nuocere Satana sulla terra; allo spirito che nell’agonia invoca Dio saranno risparmiati i terrori che la Bestia suscita per ultima vendetta; allo spirito che spira in Dio verrà aperto da Dio il Cuore e da morte passerà a vita eterna, santa, beata."
(Gesù in M.Valtorta: 16 ottobre '43 Quaderni)


Terza strofa

Se fossi nato favola
direi la verità
al mondo che rigira
e se ne va da sé.


L’aria lassù tra le nuvole è molto pura e fine, frizzante e deliziosa. E perché non dovrebbe esserlo? – È la stessa che respirano gli angeli.
(Mark Twain)

Bisogna guardare in alto per accorgersi che c'è Dio e in basso per accorgerci che c'è quell'altro pronto a sbranare chiunque. Dio ha creato solo il bene lo ribadisce Gesù agli Apostoli prima di Ascendere al Cielo:
«Sì. Amatevi fra voi, aiutandovi scambievolmente, perché questo è il comandamento nuovo e il segno che voi siete veramente di Cristo.
Non turbatevi per nessuna ragione. Dio è con voi. Voi potete fare ciò che Io voglio da voi. Non vi imporrei delle cose che non potreste fare, perché non voglio la vostra rovina, ma anzi la vostra gioia.

Ecco. Io vado a preparare il vostro posto a fianco del mio trono. State uniti a Me e al Padre nell’amore. Perdonate al mondo che vi odia. Chiamate figli e fratelli quelli che vengono a voi, o già sono con voi per amor mio.

State nella quiete di sapermi sempre pronto ad aiutarvi a portare la vostra croce.

Io sarò con voi nelle fatiche del vostro ministero e nell’ora delle persecuzioni, e non perirete, non soccomberete, anche se ciò sembrerà a quelli che vedono con gli occhi del mondo. Sarete gravati, addolorati, stanchi, torturati, ma il mio gaudio sarà in voi, perché Io vi aiuterò in ogni cosa. In verità vi dico che, quando avrete ad Amico l’Amore, capirete che ogni cosa subita e vissuta per amor mio diviene leggera, anche se è tortura pesante del mondo. Perché a colui che riveste ogni sua azione, volontaria o impostagli, di amore, muta il giogo della vita e del mondo in giogo a lui dato da Dio, da Me. Ed Io vi ripeto che il mio carico è sempre proporzionato alle vostre forze e il mio giogo è leggero perché Io vi aiuto a portarlo.

Voi lo sapete che il mondo non sa amare. Ma voi d’ora in poi amate il mondo di amor soprannaturale, per insegnargli ad amare.

E se vi diranno, vedendovi perseguitati: “Così vi ama Dio? Facendovi soffrire, dandovi dolore? Allora non merita conto esser di Dio”,

rispondete: “Il dolore non viene da Dio. Ma Dio lo permette, e noi ne sappiamo la ragione e ci gloriamo di avere la parte che ebbe Gesù Salvatore, Figlio di Dio”. 

Rispondete: “Noi ci gloriamo di esser confitti alla croce e di continuare la Passione del nostro Gesù”.

Rispondete con le parole della Sapienza: “La morte e il dolore sono entrati nel mondo per invidia del demonio, ma Dio non è autore della morte e del dolore e non gode del dolore dei viventi. Tutte le cose di Lui sono vita e tutte sono salutari”.

Rispondete: “Al presente noi sembriamo perseguitati e vinti, ma nel giorno di Dio, cambiate le sorti, noi giusti, perseguitati sulla Terra, staremo gloriosi davanti a coloro che ci vessarono e disprezzarono”. Però anche dite loro: “Venite a noi! Venite alla Vita e alla Pace. Il nostro Signore non vuole la vostra rovina, ma la salute vostra. Per questo ha dato il suo Figlio diletto, acciò voi tutti foste salvati”.

E rallegratevi di partecipare ai patimenti miei per poter poi essere con Me nella gloria. “Io sarò la vostra ricompensa oltremodo grande”, promette in Abramo il Signore a tutti i suoi servi fedeli.

Voi sapete come si conquista il Regno dei Cieli: con la forza, e vi si giunge attraverso a molte tribolazioni. Ma colui che persevera come Io ho perseverato sarà dove Io sono.

Io ve l’ho detto quale è la via e la porta che conducono nel Regno dei Cieli, e Io per primo ho camminato per quella e sono tornato al Padre per quella. Se ve ne fosse un’altra ve l’avrei insegnata, perché ho pietà della vostra debolezza d’uomini. Ma non ve ne è un’altra... Indicandovela come unica via e unica porta, anche vi dico, vi ripeto quale è la medicina che dà forza per percorrerla ed entrare. È l’amore. Sempre l’amore. Tutto diviene possibile quando in noi è l’amore. E tutto l’amore vi darà l’Amore che vi ama, se voi chiederete in Nome mio tanto amore da divenire atleti nella santità». (Dall'Evangelo come mi è stato Rivelato: 24 aprile 1947).

Lancio al ritornello e ritornello

Se fossi nato favola
nuvola mi vorrei
per dare cuore a cuore
e da bere a chi non ne ha.

Se fossi nato nuvola,
come nuvola me ne andrei,
leggera con il vento in faccia
e la vita dentro me.
Se fossi nato nuvola,
se fossi nato subito,
mi scioglierei
per far filtrare il sole… che c’è.

 Dio scrive il Vangelo non solo nella Bibbia, ma anche sugli alberi, e nei fiori e nuvole e stelle.
(Martin Lutero)

Una nuvola ci può indicare la parabola della vita. Se essa, la vita, non è vissuta come dono e donata, prenderà certamente la piega opposta della superbia e dell'egoismo. Gesù è venuto a guarirci e ad aprirci gli occhi sulla grande verità del Bene che è l'Amore: puro dono di sé. Ce lo ha mostrato col donarci tutto di Sé, ed in Lui si è donato il Padre e si è donato lo Spirito. La SS. Trinità-Amore ha mostrato la strada per il Cielo ed è l'unica. Ancora Gesù prima di ascendere al Cielo, sempre nell'Evangelo come mi è stato rivelato" di M. Valtota dice:

«Sta per venire lo Spirito Santo, il Santificatore, e voi ne sarete ripieni. Fate d’esser puri come tutto quello che deve avvicinare il Signore. Ero Signore Io pure come Esso. Ma avevo indossato sulla mia Divinità una veste per potere stare fra voi, e non solo per ammaestrarvi e redimervi con gli organi e il sangue di essa veste, ma anche per portare il Santo dei santi fra gli uomini, senza la sconvenienza che ogni uomo, anche impuro, potesse posare gli occhi su Colui che temono di mirare i Serafini. Ma lo Spirito Santo verrà senza velo di carne e si poserà su voi e scenderà in voi coi suoi sette doni e vi consiglierà.
Ora, il consiglio di Dio è cosa così sublime che occorre prepararsi ad esso con una volontà eroica di una perfezione che vi faccia somiglianti al Padre vostro e al vostro Gesù, e al vostro Gesù nei suoi rapporti col Padre e con lo Spirito Santo. Quindi, carità perfetta e purezza perfetta, per poter comprendere l’Amore e riceverlo sul trono del cuore.

Perdetevi nel gorgo della contemplazione. Sforzatevi di dimenticare che siete uomini e sforzatevi a mutarvi in serafini. Lanciatevi nella fornace, nelle fiamme della contemplazione. La contemplazione di Dio è simile a scintilla che scocca dall’urto della selce contro l’acciarino e suscita fuoco e luce. È purificazione il fuoco che consuma la materia opaca e sempre impura e la trasmuta in fiamma luminosa e pura.

Non avrete il Regno di Dio in voi se non avrete l’amore. Perché il Regno di Dio è l’amore, e appare con l’Amore, e per l’Amore si instaura nei vostri cuori in mezzo ai fulgori di una luce immensa che penetra e feconda, leva le ignoranze, dà le sapienze, divora l’uomo e crea il dio, figlio di Dio, il mio fratello, il re del trono che Dio ha preparato per coloro che si dànno a Dio per avere Dio, Dio, Dio solo. Siate dunque puri e santi per l’orazione ardente che santifica l’uomo, perché lo immerge nel fuoco di Dio che è la carità.

Voi dovete essere santi. Non nel senso relativo che questa parola aveva sinora, ma nel senso assoluto che Io ho dato alla stessa proponendovi la santità del Signore per esempio e limite, ossia la santità perfetta. Fra noi è chiamato santo il Tempio, santo il luogo dove è l’altare, Santo dei santi il luogo velato dove è l’arca e il propiziatorio. Ma in verità vi dico che coloro che possiedono la Grazia e vivono in santità per amor del Signore sono più santi del Santo dei santi, perché Dio non si posa soltanto su essi, come sul propiziatorio che è nel Tempio per dare i suoi ordini, ma abita in essi per dare ad essi i suoi amori.

Ricordate le mie parole dell’ultima Cena? Vi avevo promesso allora lo Spirito Santo. Ecco, Egli sta per venire a battezzarvi non già con l’acqua, come ha fatto con voi Giovanni preparandovi a Me, ma col fuoco per prepararvi a servire il Signore così come Egli vuole da voi. Ecco, Egli sarà qui, di qui a non molti giorni. E dopo la sua venuta le vostre capacità aumenteranno senza misura, e voi sarete capaci di comprendere le parole del vostro Re e fare le opere che Egli vi ha detto di fare per estendere il suo Regno sulla Terra».


Termina qui questo viaggio nella mia canzone dedicata alle nuvole e posso terminare con un altro aforisma...

Non sempre le nuvole offuscano il cielo: a volte lo illuminano.
(Elsa Morante)

Alla prossima canzone per dare e cantare Dio...

lunedì 15 maggio 2017

Al di là c'è da vivere ancora

Una canzone che a un primo memento può sembrare triste e al negativo, ma è come un ponte tra il già e il non ancora. L'ho scritta in un pomeriggio in cui il mondo mi crollava addosso e mi faceva porre tante domande. Una di queste era: perché hai scelto proprio me che sono così difettoso anche nel credere? Perché mi hai fatto venire a Roma a studiare pur sapendo che non sono la cima dell'Himalaya nello studiare? Perché devo fare tanti esami in cui tanti argomenti sembrano inutili e incapibili? Insomma non era un buon momento e questa canzone ha fermato quell'attimo amaro. Ha una struttura musicale dove scendo e salgo di tonalità avendo trovato un incastro che mi permetteva di giocare su questo, fino a fare una citazione di un'altra mia canzone: Innamorami di Te. Non è un richiamo a caso anche se è venuto senza che me lo aspettassi. Quando l'ho finita e l'ho ricantata, quella citazione, sembrava la spinta che mi aiutava a porre fiducia solo in Dio. Il testo poi è caratterizzato dalla ripetizione di tutta la canzone fino al doppio finale con in mezzo la citazione di Innamorami di Te. Insomma una struttura particolare non la semplice strofa e ritornello.  

Ascoltiamola.


dal CD "Vegliando le stelle" 2011


 Entriamo nel testo.

La prima parte della canzone

È chiaro scuro,
mi divide a metà.
Sono io o non son io?

Ti sento e non vedo.
Vorrei ma non riesco.
Morire è difficile.


Sono due parti uguali molto brevi quindi credo che insieme formano la strofa o le strofe. Comunque le commento insieme. Quando si è in una prova arriva la confusione, e non sai cosa è chiaro e cosa è scuro. Qualcuno diceva che al mattino presto tutte le mucche hanno le stesso colore sembrano nere c'è bisogno del sole per distinguerle. Così quando si è sotto una prova permessa da Dio, la vita è come se si appiattisse e le scelte giornaliere costano sangue e lacrime, decidersi per Dio costa il "martirio". La scelta che si fa, nonostante il buio, diventa "meritoria" per l'anima, che nonostante tutto sceglie Dio e non il peccato. Nella prova Dio si ritira, ma lì l'anima si decide veramente per Dio. Ultimamente mi è capitato di leggere dagli scritti di M. Valtorta, il capitolo sull'Ultima Cena di Gesù con gli Apostoli e, Gesù in quel contesto fa vedere come prima della Cena, gli Apostoli non erano in pace e ogni cosa diventava motivo per litigare. Allora Gesù entra nel Cenacolo e rimette la Pace e dopo aver fatto il discorso del "vado a prepararvi un posto", assegna a tutti il posto attorno al tavolo e a Giuda il traditore, il migliore, di fronte. Ha già dato una prima razione di agnello e del vino, e poi dice:

"...ma ora gli angeli sono tutti richiamati dal loro Signore. E' ora di demoni... Con le ali d'oro essi, gli angeli del Signore, si coprono gli occhi, si fasciano e si dolgono che non siano ali di colore cruccioso, perché è ora di lutto, e lutto crudele, sacrilego... Non ci sono angeli sulla terra questa sera. Sono presso il trono di Dio per coprire col loro canto le bestemmie del mondo deicida e il pianto dell'innocente. E noi siamo soli... Io e voi: soli. E i demoni sono padroni dell'ora...". (fonte: http://www.scrittivaltorta.altervista.org/09/09600.pdf capitolo 600.9)

La prova per eccellenza si consumò quel giovedì santo. E nessuno degli Apostoli fu risparmiato come sappiamo e nemmeno la Madre addolorata. Dunque le prove servono e devono accadere, Dio le permette, e quando ci sono, bisogna affrontarle con coraggio e con molta preghiera, proprio come fece Gesù nel Getsemani e come Gesù stesso consigliò agli Apostoli dormienti: "Vegliate e pregate per non cadere in tentazione". Benedette prove. Infatti, dopo che si sono superate ti lasciano una nuova pace e una nuova comprensione di Dio. Ma è duro starci dentro e aspettare che passi la notte e arrivi il giorno. Nella canzone con la frase "morire è difficile" mi riferisco all'uomo vecchio che sempre sorge ed è difficile abbatterlo. Un mio amico sacerdote diceva che è come la barba, spunta ogni mattina, e quando non sei stato attento a tagliartelo in fretta, poi diventa difficile trovare un rasoio affilato per poterlo recidere. L'uomo vecchio diceva San Paolo, è quella parte di noi che va recisa per far posto all'uomo nuovo redento e che deve somigliare, come dice sempre Gesù agli Apostoli, ai Serafini.

La seconda parte della canzone

Che anima ho,
se non voglio combattere.
Un perdente che non vince da secoli.
È amaro l’inferno che mi porto dentro.


Nella  prova bisogna combattere. Rifiutare il combattimento significa soccombere. Nel Diario di Suor Faustina Kowalska Gesù offre due pagine bellissime in cui con 25 consigli aiuta l'anima di chi sta nella prova. Così vi si legge:

Gesù ha iniziato dicendo “Figlia Mia, voglio istruirti sulla lotta spirituale:

1. Non confidare mai in te stessa, ma affidati completamente alla Mia volontà
La fiducia è un’arma spirituale. La fiducia è parte dello scudo della fede che San Paolo menziona nella Lettera agli Efesini (6,10-17): l’armatura del cristiano. L’abbandono alla volontà di Dio è un atto di fiducia. La fede in azione dissipa gli spiriti negativi.
2. Nell’abbandono, nelle tenebre e nei dubbi di ogni genere ricorri a Me ed al tuo direttore spirituale, che ti risponderà sempre a Mio nome
In tempi di guerra spirituale, prega immediatamente Gesù. Invoca il Suo Santo Nome, che è molto temuto nell’inframondo. Porta le tenebre alla luce dicendolo al tuo direttore spirituale o al tuo confessore e segui le sue istruzioni.
3. Non metterti a discutere con nessuna tentazione, chiuditi subito nel Mio Cuore
Nel Giardino dell’Eden, Eva ha negoziato con il diavolo e ha perso. Dobbiamo ricorrere al rifugio del Sacro Cuore. Correndo verso Cristo diamo le spalle al demoniaco.
4. Alla prima occasione rivelala al confessore
Una buona confessione, un buon confessore e un buon penitente sono una ricetta perfetta per la vittoria sulla tentazione e sull’oppressione demoniaca.
5. Metti l’amor proprio all’ultimo posto, in modo che non contamini le tue azioni
L’amor proprio è naturale, ma dev’essere ordinato, libero dall’orgoglio. L’umiltà vince il diavolo, che è l’orgoglio perfetto. Satana ci tenta all’amor proprio disordinato, che ci porta al mare dell’orgoglio.
6. Sopporta te stessa con molta pazienza
La pazienza è un’arma segreta che ci aiuta a mantenere la pace della nostra anima, anche nelle grandi tormente della vita. La pazienza con se stessi fa parte dell’umiltà e della fiducia. Il diavolo ci tenta all’impazienza, a che si ritorca contro noi stessi di modo che ci irritiamo. Guarda te stesso con gli occhi di Dio. Egli è infinitamente paziente.
7. Non trascurare le mortificazioni interiori
La Scrittura insegna che alcuni demoni possono essere espulsi solo con preghiera e digiuno. Le mortificazioni interiori sono armi di guerra. Possono essere piccoli sacrifici offerti con grande amore. Il potere del sacrificio per amore fa fuggire il nemico.
8. Giustifica sempre dentro di te l’opinione dei superiori e del confessore
Cristo parla a Santa Faustina che vive in un convento, ma tutti abbiamo persone con autorità sopra di noi. Il diavolo ha come obiettivo quello di dividere e conquistare, per cui l’umile obbedienza all’autentica autorità è un’arma spirituale.
9. Allontanati dai mormoratori come dalla peste
La lingua è uno strumento potente che può fare molto danno. Mormorare o spettegolare non è mai una cosa di Dio. Il diavolo è un bugiardo che suscita accuse false e pettegolezzi che possono uccidere la reputazione di una persona. Rifiuta le mormorazioni.
10. Lascia che gli altri si comportino come vogliono, tu comportati come voglio Io da te
La mente di una persona è la chiave nella guerra spirituale. Il diavolo cerca di trascinare tutti. Ringrazia Dio e lascia che le opinioni altrui vadano per la loro strada.
11. Osserva la regola nella maniera più fedele
In questo caso Gesù si riferisce alla regola di un ordine religioso. La maggior parte di noi ha fatto qualche voto davanti a Dio e alla Chiesa e dobbiamo essere fedeli alle nostre promesse, ovvero voti matrimoniali e promesse battesimali. Satana tenta all’infedeltà, all’anarchia e alla disobbedienza. La fedeltà è un’arma per la vittoria.
12. Dopo aver ricevuto un dispiacere, pensa a che cosa potresti fare di buono per la persona che ti ha procurato quella sofferenza
Essere un vaso di misericordia divina è un’arma per il bene e per sconfiggere il male. Il diavolo lavora sull’odio, sull’ira, sulla vendetta e sulla mancanza di perdono. Qualcuno ci ha danneggiato in qualche momento. Cosa gli restituiremo? Dare una benedizione spezza le maledizioni.
13. Evita la dissipazione
Un’anima che parla sarà più facilmente attaccata dal demonio. Effondi i tuoi sentimenti solo davanti al Signore. Ricorda, gli spiriti buoni e cattivi ascoltano ciò che dici a voce alta. I sentimenti sono effimeri. La verità è la bussola. Il raccoglimento interiore è un’armatura spirituale.
14. Taci quando vieni rimproverata
La maggior parte di noi è stata rimproverata in qualche occasione. Non abbiamo alcun controllo su questo, ma possiamo controllare la nostra risposta. La necessità di avere ragione tutto il tempo può portarci a tranelli demoniaci. Dio conosce la verità. Il silenzio è una protezione. Il diavolo può utilizzare la giustizia per farci inciampare.
15. Non domandare il parere di tutti, ma quello del tuo direttore spirituale; con lui sii sincera e semplice come una bambina
La semplicità della vita può espellere i demoni. L’onestà è un’arma per sconfiggere Satana, il menzognero. Quando mentiamo, mettiamo un piede sul suo terreno, ed egli cercherà di sedurci ancor di più.
16. Non scoraggiarti per l’ingratitudine
A nessuno piace essere sottovalutato, ma quando ci troviamo di fronte all’ingratitudine o all’insensibilità, lo spirito di scoraggiamento può essere un peso per noi. Resisti a qualsiasi scoraggiamento perché non proviene mai da Dio. È una delle tentazioni più efficaci del demonio. Sii grato in tutte le cose della giornata e ne uscirai vincitore.
17. Non indagare con curiosità sulle strade attraverso le quali ti conduco
La necessità di conoscere e la curiosità per il futuro sono una tentazione che ha portato molte persone alle camere oscure degli stregoni. Scegli di camminare nella fede. Decidi di confidare in Dio che ti porta per la via che va al cielo. Resisti sempre allo spirito di curiosità.
18. Quando la noia e lo sconforto bussano al tuo cuore, fuggi da te Stessa e nasconditi nel Mio Cuore
Gesù offre una seconda volta lo stesso messaggio. Ora si riferisce alla noia. All’inizio del Diario, ha detto a Santa Faustina che il diavolo tenta più facilmente le anime oziose. Stai attento alla noia, è uno spirito di letargo o accidia. Le anime oziose sono facile preda dei demoni.
19. Non aver paura della lotta; il solo coraggio spesso spaventa le tentazioni che non osano assalirci
La paura è la seconda tattica più comune del diavolo (l’orgoglio è la prima). Il coraggio intimidisce il diavolo, che fuggirà davanti al coraggio perseverante che si trova in Gesù, la roccia. Tutte le persone lottano, e Dio è la nostra forza.
20. Combatti sempre con la profonda convinzione che Io sono accanto a te
Gesù istruisce una suora in un convento a “combattere” con convinzione. Può farlo perché Cristo l’accompagna. Noi cristiani siamo chiamati a lottare con convinzione contro tutte le tattiche demoniache. Il diavolo cerca di terrorizzare le anime, bisogna resistere al terrorismo demoniaco. Invocate lo Spirito Santo durante la giornata.
21. Non lasciarti guidare dal sentimento poiché esso non sempre è in tuo potere, ma tutto il merito sta nella volontà
Tutto il merito si basa sulla volontà, perché l’amore è un atto della volontà. Siamo completamente liberi in Cristo. Dobbiamo compiere una scelta, una decisione per il bene o il male. In quale terreno viviamo?
22. Sii sempre sottomessa ai superiori anche nelle più piccole cose
Cristo qui sta istruendo una religiosa. Tutti abbiamo il Signore come nostro Superiore. La dipendenza da Dio è un’arma di guerra spirituale, perché non possiamo vincere con i nostri mezzi. Proclamare la vittoria di Cristo sul male fa parte del discepolato. Cristo è venuto a sconfiggere la morte e il male, proclamalo!
23. Non t’illudo con la pace e le consolazioni; preparati a grandi battaglie
Santa Faustina ha sofferto a livello fisico e spirituale. Era preparata a grandi battaglie per la grazia di Dio che l’ha sostenuta. Nelle Scritture Cristo ci istruisce chiaramente ad essere preparati a grandi battaglie, a indossare l’armatura di Dio e a resistere al diavolo (Ef 6, 11). Stare attenti e discernere sempre.
24. Sappi che attualmente sei sulla scena dove vieni osservata dalla terra e da tutto il cielo
Siamo tutti in un grande scenario in cui il cielo e la terra ci guardano. Che messaggio stiamo offrendo con la nostra forma di vita? Che tipo di tonalità irradiamo: luce, oscurità o grigio? Il modo in cui viviamo attira più luce o più oscurità? Se il diavolo non ha successo nel portarci all’oscurità, cercherà di mantenerci nella categoria dei tiepidi, che non è gradita a Dio.
25. Lotta come un valoroso combattente, in modo che Io possa concederti il premio. Non aver troppa paura, poiché non sei sola

Le parole del Signore a Santa Faustina possono diventare il nostro motto: lotta come un cavaliere! Un cavaliere di Cristo conosce bene la causa per la quale lotta, la nobiltà della sua missione, il re che serve, e con la certezza benedetta della vittoria lotta fino alla fine, anche a costo della vita. Se una giovane senza istruzione, una semplice suora polacca unita a Cristo, può lottare come un cavaliere, ogni cristiano può fare lo stesso. La fiducia è vittoriosa.

(fonte: http://www.papaboys.org/non-aver-paura-della-lotta-il-solo-coraggio-spesso-spaventa-le-tentazioni-che-non-osano-assalirci/)

 Il ritornello o anche terza parte

È chiaro, non credo,
non riesco a capire.
Al di là c’è da vivere ancora.

Non credo, è chiaro,
non riesco a vedere,
al di là c’è da credere ancora…

Decidersi adesso,
senza andare lontano,
qui ed ora, allora, o mai più.
  (si ripete tutto nella nuova tonalità da Do a Re  e poi...)

 La ripetizione di tutta la canzone fin qui in un'altra tinalità, serve a sottolineare che le prove ritornano, con altre peculiarità e tu le dovrai vivere con forza e coraggio che vengono da Dio a Lui bisogna sottomettersi con umiltà e con molta carità attirarlo a sé. Così ancora Suor Faustina in alcuni pensieri consiglia:

– Dio non ci mette alla prova più di quanto non la possiamo sostenere.
– Non temo nulla. Egli manda all’anima che soffre una grazia ancor più grande della sua stessa sofferenza, anche se l’anima non se ne rende conto. In simili momenti, un atto di fiducia dà a Dio più gloria che ore intere trascorse in orazione.
– Nulla di nuovo accade sotto il sole, o Signore, senza la tua volontà. Sii benedetto per tutto quello che mi mandi. Non posso penetrare i tuoi segreti a mio riguardo, ma, fidandomi unicamente della tua bontà, avvicino le labbra al calice che tu mi porgi. Gesù, io confido in te!

– Non capisco come si possa mancare di fiducia nell’Onnipotente. Con Lui tutto è possibile, senza di Lui nulla. Egli mi dice molto spesso: Non mi piace che ti abbandoni a inutili paure. Chi potrà nuocerti, dal momento che tu sei con me? Io amo l’anima che crede nella mia bontà senza incertezze. Posso fidarmi di lei a mia propria volta e le concedo tutto ciò che chiede.
– Gesù mi disse: In ogni anima compio l’opera della mia misericordia. Chi confida in essa non perirà, perché tutti i suoi interessi sono miei. Ad un tratto, Gesù prese a lamentarsi con me per la sfiducia da lui incontrata nelle anime più care: ciò che mi ferisce è la loro diffidenza nei miei confronti, dopo che hanno sbagliato. Se esse non avessero sperimentato già la bontà illimitata del mio cuore, ciò mi addolorerebbe meno.
– Il mio nulla affonda nel mare della tua misericordia, o Padre di misericordia. Con la fiducia d’un bambino, mi getto tra le tue braccia per ricompensarti della diffidenza di tante anime.
– Quanto sono pochi quelli che ti conoscono realmente! Hanno paura a confidare in te! Anch’io desidero, con estremo ardore, che la festa della tua misericordia sia da tutti conosciuta, perché essa corona tutte le tue opere e di ciascuna ti prendi cura con l’amore di una madre.
– Vi sono momenti nella vita, in cui direi che l’anima non è più in grado d’affrontare il linguaggio degli uomini. Tutto l’affatica, nulla le dà pace; ha solo bisogno di pregare. Sta unicamente in questo il suo sollievo. Se si rivolgerà alle creature, non ne ricaverà che un’inquietudine maggiore.
– Per perseverare nella preghiera l’anima deve armarsi di pazienza e coraggiosamente superare difficoltà interiori ed esteriori. Difficoltà interiori sono la stanchezza, lo scoraggiamento, l’aridità, le tentazioni; quelle esteriori provengono, invece, da ragioni di rapporti umani.
– Con la preghiera si può affrontare qualsiasi genere di lotta. L’anima dovrà pregare in qualunque stato essa si trovi.
– Deve pregare l’anima pura e bella perché, in caso contrario, perderà la sua bellezza.
– Deve pregare l’anima che aspira alla santità, perché altrimenti non le sarà data.
– Deve pregare l’anima appena convertita, se non vuole fatalmente ricadere.
– Deve pregare l’anima immersa nei peccati per ottenere di venirne fuori.- Non c’è anima esonerata dal pregare, perché è attraverso la preghiera che discendono le grazie.
– Quando preghiamo, dobbiamo adoperare l’intelligenza, la volontà e il sentimento.
– Gesù mi fece capire che l’anima deve mantenersi fedele alla preghiera malgrado i patimenti, le aridità e le tentazioni, perché da una simile preghiera dipende quasi sempre l’attuazione dei più grandi progetti di Dio. Se da parte nostra tale perseveranza fosse assente, creeremmo difficoltà a quanto Dio intende operare in noi e attorno a noi per mezzo nostro.

– Gesù mia guida, insegnami ad aprire fino in fondo la mia misericordia ed il mio amore a chiunque abbia bisogno della mia preghiera, affinché questa, al modo stesso delle opere, porti impresso il sigillo della tua misericordia.
– Una volta in cui chiesi a Gesù come potesse tollerare, senza punirli, lo sterminato numero di peccati e i crimini che vengono commessi sulla terra, mi rispose: per punirli ho l’eternità; adesso prolungo il tempo della mia misericordia.
– Desidero colmare di grazie tutte le anime; sono esse, semmai, che non le vogliono ricevere. Trovano tempo per tutto, solamente non ne trovano per me. Infelici quelle che non vorranno riconoscere che questo è il tempo in cui vengo loro incontro.
– Quanto più conosco la grandezza di Dio, tanto più gioisco che egli sia tale.
– Infinitamente mi rallegro della grandezza di lui e mi fa piacere essere tanto piccola perché, così, egli mi prende in braccio e mi stringe al suo cuore.
– Riflettendo però sul culto che rivolgo a Dio, trovo che esso è ben poca cosa, una goccia appena in confronto dell’immensa gloria che riceve in cielo. Mio Dio, ti mostri già infinitamente buono accettando la mia adorazione e la mia supplica e volgendo con favore il tuo volto su di me.
– Quanta pena mi fa la gente che non crede nel mondo soprannaturale! Ti prego, o Dio, con tutta l’anima, affinché anch’essi siano penetrati da un raggio della tua misericordia e tu li stringa a te paternamente.
– Nei momenti in cui mi sento interiormente abbandonata, non mi turbo perché so che Dio non abbandona mai un’anima se non quando l’anima stessa spezza il nodo dell’amore con la propria infedeltà. Ma che sforzi enormi occorrono per compiere bene dei doveri, quando si ha una salute cagionevole! Cristo lo sa.
– È bene invocare l’aiuto del Signore mentre si sta conversando con una persona. Ho molta paura di conversazioni, le quali sembrano confidenziali: occorre da parte di Dio che ci dia luce affinché tali discorsi riescano utili alle anime. Dio viene in aiuto ma bisogna chiederlo, e non fidarsi totalmente della propria abilità.
– O mio Gesù, so che per essere utili alle anime bisogna unirsi strettamente a te. O amore eterno, una parola sola di un’anima unita strettamente a te procura alle altre un bene assai maggiore di quanto non lo facciano i grandi discorsi ed i sermoni di un’anima imperfetta.
– La virtù senza prudenza non è virtù. Dobbiamo pregare spesso lo Spirito Santo, chiedendo la grazia della prudenza.
– La prudenza è fatta di riflessione, di saggezza e di ferma risoluzione. La decisione ultima ci appartiene e ne siamo responsabili. Spetta a noi la scelta, ma possiamo e anche dobbiamo domandare luce e consiglio.
– Ho fatto dei propositi anche in altro campo: godere dei successi altrui come se io stessa li avessi ottenuti.
– Oggi ho compreso in che cosa stia la santità. Non sono né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono a rendere la mia anima perfetta, ma l’unione intima con Dio.
– I doni sono un ornamento, non l’essenza della perfezione. La santità e la perfezione stanno nella mia stretta unione con la volontà di Dio. Egli non fa mai violenza al nostro arbitrio. Dipende da noi accettare la grazia di Dio o rifiutarla, collaborare con essa o farne spreco.
– Sappi, mi disse Gesù, che sforzandoti alla tua perfezione, santificherai molte altre anime. Se non cerchi la santità, invece, anche altre anime rimarranno nella loro imperfezione. Sappi che la loro santità dipende dalla tua e che gran parte della responsabilità in questo campo ricadrà sopra di te. Non impaurirti: basta che tu sia fedele alla mia grazia.

– Gesù mi rivolse la parola: “Mia discepola, devi nutrire un grande amore per coloro che ti affliggono; fa’ del bene a quelli che ti vogliono del male”. Risposi: “Mio Maestro, vedi bene che non sento per essi alcun amore, e ciò mi addolora”. Gesù rispose: “Il sentimento non è sempre in tuo potere. Riconoscerai d’avere amore quando, dopo aver ricevuto ostilità e dispiaceri, non perderai la pace, ma pregherai per quelli che ti fanno soffrire e desidererai per essi il loro bene”.
– Nelle persone ammalate o sofferenti, dobbiamo scorgere Gesù inchiodato in croce e non un parassita o un membro improduttivo.
– L’anima che soffre e accetta la volontà di Dio attira più benedizioni che non le persone che lavorano. Povera casa, dove tutti stanno bene! Dio concede molto spesso grazie grandi e numerose in considerazione delle persone sofferenti e allontana molti castighi unicamente per riguardo a loro.
– O umiltà, fiore stupendo sono poche le anime che ti possiedono! Forse perché sei così bella e, al tempo stesso, tanto difficile da conquistare? Dell’umiltà Dio si rallegra. Sopra un’anima umile, egli apre i cieli e fa scendere un mare di grazia. A un’anima così Dio non rifiuta nulla. In tal modo essa diventa onnipotente e influisce sulla sorte del mondo intero. Più essa si umilia, più Dio si china su di lei, la copre della sua grazia, l’accompagna in tutti i momenti della vita. O umiltà, getta le tue radici nel mio essere.

– Non è piccola cosa ciò che si compie per amore. So che non è la grandezza dell’opera, ma la grandezza dello sforzo che verrà premiata da Dio. Quando uno è debole e malato, compie sforzi continui per arrivare a fare quello che tutti gli altri compiono normalmente. Tuttavia non riesce sempre a venirne a capo. La mia giornata incomincia con la lotta e con la lotta anche finisce. Quando la sera mi vado a coricare, mi par d’essere un soldato che torna dal campo di battaglia.
– Dove c’è vera virtù, lì non può mancare il sacrificio. Tutta la vita è un grande sacrificio. Solo attraverso il sacrificio le anime posseggono la capacità d’essere utili.
– Sacrificando me stessa per il prossimo, io reco gloria a Dio. Tuttavia, il mio sacrificio deve derivare dall’amore che ho per lui. È in questo amore verso Dio che tutto si concentra ed ha valore.
– Una volta, per istruirmi sulla vita interiore, Maria mi disse: “La vera grandezza dell’anima sta nell’amare Dio e nell’essere umili davanti a lui, dimenticando completamente se stessi, perché Dio solo è grande”.
– Incomparabile è la gloria che aspetta l’anima la quale, sulla terra, assomiglia a Gesù nel suo soffrire: gli assomiglierà per sempre anche nella gloria. Il Padre celeste glorificherà le nostre anime nella misura in cui scorgerà dentro di noi una rassomiglianza con suo Figlio. 

(fonte: http://www.papaboys.org/pensieri-dal-diario-di-santa-faustina-scuotono-la-nostra-coscienza-nellora-della-misericordia/)

 Quarta parte della canzone con due parti testuali quasi uguali e la citazione della mia canzone Innamorami di Te

Perché non t’incontro,
o non voglio incontrarti.
Perché non m’incontri,
sarebbe più facile dirti… … Innamorami di Te…

Decidersi adesso,
senza andare lontano,
qui ed ora, allora, o mai più.

Perché non t’incontro,
o non voglio incontrarti.
Perché non m’incontri,
sarebbe più facile...


Alla fin fine, è l'incontro con Dio che stempera tutto. 


Su facebook ho trovato questo pensiero che mi sembra ottimo per commentare questi miei versi si intitola: DOV’È DIO? IN LUI CI MUOVIAMO ED ESISTIAMO (Cfr At 17, 28)

C’è una solitudine che inquieta ogni uomo: la paura dell’ignoto. Può essere aiutato a scorgere l’invisibile, recuperando la propria identità allo stato originario, riscoprire così la legge della coscienza, come verità interiore e vita dello spirito. Occorre però molto tempo per arrivare alla consapevolezza di Dio. E’ questa una condizione che ci fa comprendere e desiderare, l’approdo di un cammino frutto di una sintesi di stadi progressivi. L’idea di Dio è certamente diversa in ogni uomo, e non si può quasi mai riconoscere in un altro la propria visione, poiché ogni essere è unico e irripetibile.
Occorre che nella coscienza di ognuno di noi nasca la certezza che esiste Qualcuno che tiene in mano la sorte di questo mondo che passa. Qualcuno che è il principio e la fine della storia dell’uomo. E questo Qualcuno è Amore: Amore fatto uomo, Amore incessantemente presente ovunque. Amore che si manifesta tra gli uomini, in un benevolo accoglimento, in un abbraccio fraterno, in un atto di carità, in un gesto di perdono. Si, Dio è sempre presente tra noi; giacché ogni atto, ogni pensiero, ogni respiro
umano gli appartiene, perché dovunque palpita e si diffonde Dio. Il punto sta nel modo di vedere e di sentire le cose, abbracciandole e componendole nella divina armonia, superando il presente, e superando le barriere del tempo e dello spazio. E’ in questa percezione, in questo identificarsi, in questo pieno aderire all’Alto che si realizza il sommo bene: uno stato così sublime e profondo che non si può esprimere a parole; è lo stare in intima comunione col Tutto, al vibrar all’unisono con il Divino Spirito, che racchiude l’eterno e l’infinito. La pura contemplazione immersa in uno stato di sensazioni, pensieri e sentimenti congiunti insieme, desiderando l’annullamento in Dio della propria volontà; solo così l’uomo si compie e si perfeziona in Dio.
Infatti ci ha creati per amore e con la capacità di amare, ci ama gratuitamente ed in infiniti modi. E’
più intimo a noi di quanto lo siamo a noi stessi; ci conosce meglio di quanto conosciamo noi stessi. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: amarci per l’eternità e senza limiti. In effetti, nessuno ha mai visto Dio così come Egli è in se stesso. Tuttavia Dio non è per noi totalmente invisibile, non è rimasto semplicemente inaccessibile. E’ apparso in mezzo a noi e si è fatto visibile in Gesù, per entrare nella nostra vita. Egli non è rimasto ad una distanza irraggiungibile, ma è entrato ed entra nella nostra vita con la sua Parola, contenuta nella Sacra Scrittura; nei Sacramenti attraverso i quali opera nella nostra esistenza, specialmente con l’Eucaristia; nella liturgia della Chiesa, nella sua preghiera; nella comunità viva dei credenti, dove percepiamo la Sua presenza; nell’incontro con il nostro prossimo, in particolare con persone, che sono da Lui toccate e trasmettono la Sua luce; negli avvenimenti attraverso i quali Egli interviene nella nostra vita; nei segni della creazione, che ci ha donato. Dio non ci ha solo offerto l’amore, bensì lo ha vissuto per primo e pienamente e bussa in tanti modi al nostro cuore per suscitare il nostro amore di risposta. Ci chiama insistentemente ad essere “conformi all’immagine del Figlio suo “ mediante l’opera dello Spirito Santo, il quale agisce in modo misterioso in tutti i credenti di buona volontà, nella società e nel cosmo, per trasfigurare e divinizzare gli esseri umani. C’è bisogno di trasformare in realtà vivente e operante la fede in Dio, che sembra trovarsi nella maggior parte degli uomini, ma che, il più delle volte, resta verbale, astratta e inefficace.
In conclusione, la solitudine dell’uomo, svanisce alla luce di Cristo, che è immagine perfetta “del Dio Invisibile” Viviamo quindi la nostra esistenza terrena in comunione fraterna, con serenità, affetto e benevolenza, aiutandoci a vicenda ad alleviare la nostra solitudine e “raccogliere” le nostre anime nel cuore di Dio. 

(fonte: https://www.facebook.com/Leternit%C3%A0-%C3%A8-adesso-395281840530737/)

Al di là di ogni cosa, prova o gioia che sia, c'è da vivere e credere ancora... alla prossima canzone per dare e cantare Dio... 

lunedì 8 maggio 2017

Abbraccio forte

E' la quarta dal CD "Jesus on line" del 2002 pubblicato dal Messaggero di Sant'Antonio da Padova. La scrissi per una manifestazione a cui poi non partecipai. Il tema a cui dovevamo ispirarci era Dio Padre. Infatti, prima del giubileo del 2000, per tre anni ci fu l'approfondimento ogni anno di una delle Persone Divine: il 97 fu l'anno di Gesù, il 98 l'anno allo Spirito Santo e il 99 l'anno dedicato a Dio Padre. Mi ritrovai così con questa canzone, che non era stata pensata per arrangiarla "dance", che allora, come genere, non era neanche nell'anticamera del mio cervello. L'idea mi venne allorquando misi in cantiere il CD "Jesus on line" fra il 2000 e il 2001. Per esso scelsi alcune canzoni che già avevo inventato, come: "Uno per essere Vita", "Ut unum sint", "Abbraccio forte", ed altre che inventai ad hoc come "Angelo tu", "M'ama cic redo" e "Jesus on line".
Fu un esperimento, e tale è rimasto. Il genere dance, anche se piace molto, non è mio e non mi fa esprimere al 100%. Per parlare di Dio Padre, cosa c'è di più bello se non la parabola de figliuol prodigo? E così a quella mi ispirai.

Ascoltiamola.

Abbraccio forte dal CD Jesus on line 2002

Entriamo nel testo.

Il titolo: "Abbraccio forte". Mi sembra che in tutta la parabola del figliuol prodigo, la centralità sia tutta nell'abbraccio del Padre al figlio ritornato dopo aver sciupato l'eredità, che aveva ricevuto. Così tutto il ritornello cresce fino all'abbraccio forte del Padre. Di conseguenza la canzone ha poi avuto come titolo: abbraccio forte.

La prima strofa.

Sì, mi ricordo era d'autunno,
Il giorno incominciava e già malinconia.
T'avevo perso, tra vecchie storie, filosofie, fantasie.

 Tre righe per dire lo smarrimento in cui si è cacciata l'umanità postmoderna. Una umanità che entra in crisi con le sue stesse idee. Oramai nessuna ideologia è tanto grande da poter interpretare la realtà e l'umanità è smarrita. Così scrive Tonino Cantelmi (http://notizie.tiscali.it/socialnews/cantelmi-/774/) in un articolo molto conciso e chiaro:

Esserci, esserci-con, esserci-per: questa è la “progressione magnifica” che permette di partire da un Io (l’esserci), per passare ad un Tu (l’esserci-con) e infine giungere ad un Noi (l’esserci-per), dimensione ultima e sola che apre alla generatività, alla creatività ed all’oblatività.

Il punto di partenza della “progressione magnifica” è l’esserci, che in ultima analisi richiama all’identità. Nella “cultura del narcisismo”, per usare la definizione di Christopher Lash, anche le espressioni più progressiste dell’identità sono contaminate da una straordinaria enfatizzazione dell’ego, dalla elefantiasi dei bisogni di autoaffermazione e da una sorta di emergenza di uomini e donne “senza qualità”, come direbbe Robert Musil.

Ma cosa vuol dire “esserci” nella società tecnoliquida? Esserci vuol dire rinunciare ad una identità stabile, per entrare nell’unica dimensione possibile: quella della liquidità, ovverossia dell’identità mutevole, difforme, dissociata e continuamente ambigua di chi è e al tempo stesso non è. In fondo la tecnologia digitalica consente all’uomo ed alla donna del terzo millennio di essere senza vincoli, di tecnomediare la relazione senza essere in relazione, di connettersi e di costruire legami liquidi, mutevoli, cangianti e in ogni istante fragili, privi di sostanza e di verifica, pronti ad essere interrotti. Cosicché si è passati dall’uomo-senza-qualità di Musil all’uomo-senza-legami di oggi in una sorta di continuità-sovrapposizione che viene a definire il nuovo orizzonte del tema identitario. Ed ecco che l’esserci è minato alla sua origine. La crisi dell’identità maschile e femminile, per esempio, ne è l’espressione più evidente. L’identità, cioè l’idea che ognuno di noi ha di se stesso e il sentirsi che ognuno di noi sente di se stesso, è dunque in profonda crisi, e il nuovo paradigma è l’ambiguità.

La crisi dell’esserci ha una prima conseguenza. Se all’uomo d’oggi è precluso il raggiungimento di una identità stabile, che si articola e si declina nelle varie dimensioni, come in quella psicoaffettiva e sessuale, la conseguenza prima è che l’esserci-con (per esempio la coppia) assume nuove e multiformi manifestazioni. L’esserci-con non è più il reciproco relazionarsi fra identità complementari (maschio-femmina per esempio), sul quale costruire dimensioni progettuali nelle quali si dispiegano legittime attese esistenziali, ma diviene l’occasionale incontro tra bisogni individuali che vanno reciprocamente a soddisfarsi, per un tempo minimo, al di là di impegni reciproci e di progetti che superino l’istante. L’esserci-con è fatalmente legato alla soddisfazione di bisogni individuali che solo occasionalmente e per aspetti parziali corrispondono. In altri termini l’incontro tra due persone è fondamentalmente basato sulla soddisfazione narcisistica, individuale e direi solipsistica di un bisogno che incontra un altro bisogno, altrettanto narcisistico, individuale e solipsistico. Questo incontro si dispiega per un tempo limitato alla soddisfazione dei bisogni e l’emergere di nuovi e contrastanti bisogni determina inevitabilmente la rottura del legame e la ricerca di nuovi incontri. La fragilità dell’essere-con dei nostri tempi si evidenzia attraverso la estrema debolezza dei legami affettivi, che manifestano una ampia instabilità ed una straordinaria conflittualità. Se l’identità è liquida, anche il legame interpersonale è liquido, cangiante, mutevole, individualista e fragile. L’uomo del terzo millennio sembra rinunciare alla possibilità di un futuro e concentrasi sull’unica opzione possibile, quella del presente occasionale, del momento, dell’istante.
Fatalmente, il trionfo dell’ambiguità identitaria, la rinuncia al ruolo ed alla conseguente responsabilità, il ridursi dell’esserci-con all’istante ed al bisogno, fatalmente tutto questo mina l’esserci-per, cioè la dimensione generativa e oblativa dell’uomo e della donna. Per esempio, se decliniamo tutto ciò nell’ambito psicoaffettivo e psicosessuale, la rinuncia all’esserci (identità sessuale e relativi ruoli) non può non trasmettersi in una inevitabile mutazione critica della dimensione coniugale (esserci-con), che a sua volta precipita in una crisi senza speranze la dimensione genitoriale (esserci-per). Ed infatti la transizione al ruolo genitoriale sembra divenire una sorta di utopia: la rinuncia alla genitorialità o il suo semplice rimandarlo nel tempo sono un fenomeno sociale tipico dei nostri tempi. Perciò identità liquide fanno coppie liquide, che a loro volta fanno genitori liquidi, dove per liquido possiamo intendere molte cose, ma una soprattutto, la debolezza del legame.

La “progressione magnifica”, di cui parlavo all’inizio, diviene dunque una progressione “liquida”. Ma il punto di partenza è nell’esserci, ovvero nel tema dell’identità. Nell’epoca di Facebook, l’identità si virtualizza, come anche le emozioni, l’amore e l’amicizia. La virtualizzazione è la forma massima di ambiguità, perché consente il superamento di vincoli e di confronti, aprendo a dimensioni narcisistiche imperiose e prepotenti.

Eppure qualcosa non funziona.

Lo avvertiamo dall’incremento del disagio psichico, dal sempre più pressante senso di smarrimento dell’uomo tecnoliquido, dalla ricerca affannose di vie brevi per la felicità, dall’aumento del consumo di alcol e stupefacenti negli stessi opulenti ragazzi della società di Facebook, dall’affermarsi di una cupa cultura della morte, dall’inquietante incremento dei suicidi, dal malessere diffuso. Qualcosa dunque non funziona: la liquidità dell’identità, con tutte le sue conseguenze, non aumenta il senso di felicità dell’uomo contemporaneo. Alcuni studi sul benessere fanno osservare che la felicità non è correlata con l’incremento delle possibilità di scelta. Questi dati fanno saltare una convinzione che sembrava imbattibile. La felicità dunque non è correlata con l’incremento delle possibili scelte dell’uomo (una visione ovviamente molto legata al capitalismo), ma gli stessi studi correlano la felicità con il possedere invece un “criterio” per scegliere. Avere un criterio per scegliere rimanda ad altro: avere un progetto, delle idee, una identità.

Ed ecco che il cerchio si chiude: il tema della liquidità è sostanzialmente il tema della rinuncia ad avere criteri (cioè dimensioni di senso). Ma questa rinuncia ha un prezzo: l’infelicità. Ecco perché la “magnifica progressione” mantiene anche oggi, e direi soprattutto oggi, un alto valore, proprio per il suo portato anti-liquidità. Costruire dimensioni identitarie stabili e non ambigue, instaurare relazioni solide e che si dispiegano lungo progetti esistenziali che consentono l’apertura alla generatività ed all’oblatività, sono ancora, in ultima analisi, l’unico orizzonte di speranza che si apre per l’uomo del terzo millennio, immerso nel cupo e doloroso paradigma della tecnoliquidità.
(fonte: http://notizie.tiscali.it/socialnews/articoli/cantelmi-/5497/la-crisi-dell-identita-nella-societa-postmoderna-tecnoliquida/)

Seconda strofa

Ma tu aspettavi il mio ritorno
e mio fratello, anche lui andato via.
Il tuo cuore brilla nel vederci, ora,
con il tuo volto, con il Risorto.

L'uomo s'è smarrito e con la sua sola razionalità non trova vie di scampo, vie redentive. Ci vuole qualcuno che spezzi la storia da qualche parte e che dal di fuori faccia breccia in questa sfera di cristallo in cui siamo stati reclusi. Il Verbo, dal Cielo, umanandosi ha infranto in un punto e ha aperto una VIA, una Porta, un ingresso verso qualcosa di più alto. E' venuto a dirci che siamo Anime più che corpi. Anime immortali, che hanno dimenticato il Cielo da cui provengono per una colpa che ha costretto il creatore a isolare il male, chi lo ha causato (Lucifero) e chi lo ha consumato (la prima umanità della storia degli uomini). E poi non solo ha ridato luci sull'esserci, ma ci ha redenti con la sua immolazione, perché solo un sacrificio salutare, d'amore puro poteva sanarci dall'oppressione del male. Un sacrificio umano-divino tanto grande quanto immenso, che ci fa conoscere l'immane dolore dato a Dio col nostro aderire al male. Non possiamo più dirci ignari e continuare a cercare un senso per essere ed esserci. La storia, quello squarcio lo dice in lungo e in largo e solo chi non vuol vedere non vede e chi non vuol credere non crede. Segni e segni sono stati dati all'umanità ma al solito i cuori e le menti chiusi alla Luce, si comportano come il Figlio che prende l'eredità e la sciupa. Tante volte anche noi addetti ai lavori (credenti e impiegati nei vari ministeri), siamo come il figlio che è rimasto a casa, ma che col cuore è lontano dal Padre tanto quanto il prodigo. Non ha misericordia verso il fratello che ritorna e verso il Padre che lo accoglie. Dovremmo prendere su di noi "il peccato del fratello" e farlo proprio. Così scriveva Chiara Lubich:

In questo modo faremo un'esperienza mistica. Nel perdonare ritroveremo il nostro esserci, essere-con, essere-per... accanto al Padre e accanto al fratello e ci ritroveremo anche ri-abitati dall'Amore e finamente potremo gridare con gioia: "E canteremo da liberati amati, ritornati" (Ponte al ritornello).

Ritornello

Sei tu -Padre. Sei tu-Padre.
Sei tu-Padre, mai più lontani, mai più.
Padre mio, Papà, occhi limpidi. Padre mio,
Papà, dal cielo semplice.
Padre mio, papà, abbraccio forte, forte Abbà
.

 Che sarà questo incontro? eppure mi sembra d'averlo già fatto. Da piccolo feci un sogno. Mi trovavo nella soffitta di una mia vicina. Mentre guardavo fuori il giardino e il cielo, attraverso un lucernario, mi ritrovavo ai piedi di un trono dove era seduto un anziano signore. Le mie piccole mani toccavano le stoffe alle ginocchia mentre io gli ero inginocchiato davanti e quel tatto lo ricordo ancora, mi sembrava una stoffa come fatta di un metallo sconosciuto e dai colori vivissimi. I suoi occhi erano pieni d'amore e lucidi di gioia. Intorno al trono vi erano piccoli angeli, e tutto era d'oro bellissimo. Questo signore, mi diceva delle cose e mi raccomandava di non dimenticarle. Quando mi svegliai al mattina, di corsa andai dalla mia vicina e salii in soffitta con la speranza di rivedere quanto avevo visto in sogno e provai a ricordare quanto avevo ascoltato, ma niente non mi ricordavo più le bellissime parole. 
Quante volte ho ripercorso quel sogno. Un giorno mentre leggevo gli scritti di Maria Valtorta, Gesù le fa capire che alcune anime, possono ricordare sprazzi di Paradiso. Maria Santissima, non essendo inficiata dal peccato, ricordava perfettamente il Paradiso e l'attimo in cui era stata creata, per cui viveva sempre in questi ricordi e spesso per causa di essi andava in estasi. Maria credeva fossero cose che tutti potevano avere, non sapeva che per Lei era tutto più speciale. 
Io non so se il mio sia stato solo un sogno o addirittura un ricordo del Cielo avvenuto in un sogno, certo è che col senno di poi, la vocazione al sacerdozio, la mia risposta e la fatica di essere fedele all'Amore, mi riportano sempre lì, davanti a Dio Amore e potergli dire con la Parola di Gesù: Abbà Padre ti amo.

Terza strofa

Sì, mi ricordo, era un inferno,
tutto sembrava che ci morisse lì.
T'avevamo perso tra le illusioni d'esser capaci, da soli, di capire.

 Lo smarrimento è già un inferno, beato chi trova la VIA.  Nell'Evangelo come mi è stato rivelato" ho trovato questa risposta di Gesù a uno che si chiedeva se siano pochi i salvati: 

Un altro chiede: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
«Se l'uomo sapesse condursi con rispetto verso se stesso e con amore reverenziale a Dio, tutti gli uomini si salverebbero, come Dio lo desidera. Ma l'uomo non procede così. E, come uno stolto, si trastulla con l'orpello invece di prendere l'oro vero. Siate generosi nel volere il Bene. Vi costa? In questo è il merito. Sforzatevi di entrare per la porta stretta. L'altra, ben larga e ornata, è una seduzione di Satana per traviarvi. Quella del Cielo è stretta, bassa, nuda e scabra. Per passarvi occorre essere agili, leggeri, senza pompa e senza materialità. Occorre essere spirituali per poterlo fare. Altrimenti, venuta l'ora della morte, non riuscirete a varcarla. E in verità si vedranno molti che cercheranno di entrarvi senza potervi riuscire, tanto sono obesi di materialità, infronzolati di pompe mondane, irrigiditi da una crosta di peccato, incapaci a piegarsi per la superbia che fa loro da scheletro. E verrà allora il Padrone del Regno a chiudere la porta, e quelli fuori, quelli che non avranno potuto entrare al tempo giusto, stando fuori busseranno all'uscio gridando: "Signore, aprici. Ci siamo anche noi". Ma Egli dirà: "In verità Io non vi conosco, né so da dove venite". Ed essi: "Ma come? Non ti ricordi di noi? Noi abbiamo mangiato e bevuto con Te e noi ti abbiamo ascoltato quando Tu insegnavi nelle nostre piazze". Ma Egli risponderà: "In verità Io non vi riconosco. Più vi guardo e più mi apparite fatti sazi di ciò che Io ho dichiarato cibo impuro. In verità più Io vi scruto e più vedo che voi non siete della mia famiglia. In verità, ecco, ora vedo di chi siete figli e sudditi: dell’altro. Avete per padre Satana, per madre la Carne, per nutrice la Superbia, per servo l'Odio, per tesoro avete il peccato, per gemme i vizi. Sul vostro cuore è scritto: 'Egoismo'. Le vostre mani sono sporche delle rapine fatte ai fratelli. Via di qui! Lontani da Me, voi tutti, operatori di iniquità".
E allora, mentre dal profondo dei Cieli verranno fulgidi di gloria Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti e giusti del Regno di Dio, essi, quelli che non hanno avuto amore ma egoismo, non sacrificio ma mollezza, saranno cacciati lontano, confinati al luogo dove il pianto è eterno e dove non c'è che terrore. E i risorti gloriosi, venuti da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, si aduneranno alla mensa nuziale dell'Agnello, Re del Regno di Dio. E si vedrà allora che molti che parvero i "minimi" nell'esercito della Terra saranno i primi nella cittadinanza del Regno. E così pure vedranno che non tutti i potenti d'Israele sono potenti in Cielo, e non tutti gli eletti dal Cristo alla sorte di suoi servi hanno saputo meritare di essere eletti alla mensa nuziale. Ma bensì vedranno che molti, creduti "i primi", saranno non solo ultimi, ma non saranno neppure ultimi. Perché molti sono i chiamati, ma pochi quelli che dell'elezione sanno farsi una vera gloria». 

La ricerca della VIA, VERITA' e VITA, è una fatica che costa sangue e lacrime, ossia la salita del Calvario e la crosifissione. Ma nella cultura di oggi, che inneggia a ogni egoismo e superbia chi vorrà portare la propria croce e seguire Gesù per essergli discepolo?  Eppure si fa esperienza ogni giorno, che senza Dio la storia si chiude su noi stessi lasciandoci senza futuro. E in tutti i 2000 anni di cristianesimo ancora l'umanità arranca al buio senza prospettive redentive.

Quarta strofa

Ma Tu sapevi che senza Te
non c'è futuro, non c'è più vita vera.
Il tuo cuore brilla nel vederci, nuovi,
con il tuo volto, con il Risorto...
E canteremo da liberati amati, ritornati...

 Dio sa che senza di Lui siamo persi eppure sopporta di buon grado la nostra ostinazione a voler far da soli, come se fossimo noi gli autori della creazione... come se il vaso potesse dire al vasaio come crearlo... Eppure nella storia della salvezza e nella continua graduale rivelazione Dio ci fa sapere:

13Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
15Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
17Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.
13Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
15Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
17Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora. (dal Salmo 139)


Ritornello

Sei tu -Padre. Sei tu-Padre.
Sei tu-Padre, mai più lontani, mai più.
Padre mio, Papà, occhi limpidi. Padre mio,
Papà, dal cielo semplice.
Padre mio, papà, abbraccio forte, forte Abbà.

In questa "società senza padri", dove i padri sono banditi dall'orizzonte educativo, papa Francesco esorta: 

" “Padre” è una parola nota a tutti, una parola universale. Essa indica una relazione fondamentale la cui realtà è antica quanto la storia dell’uomo. Oggi, tuttavia, si è arrivati ad affermare che la nostra sarebbe una “società senza padri”. In altri termini, in particolare nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, svanita, rimossa. In un primo momento, la cosa è stata percepita come una liberazione: liberazione dal padre-padrone, dal padre come rappresentante della legge che si impone dall’esterno, dal padre come censore della felicità dei figli e ostacolo all’emancipazione e all’autonomia dei giovani. Talvolta in alcune case regnava in passato l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione: genitori che trattavano i figli come servi, non rispettando le esigenze personali della loro crescita; padri che non li aiutavano a intraprendere la loro strada con libertà - ma non è facile educare un figlio in libertà -; padri che non li aiutavano ad assumere le proprie responsabilità per costruire il loro futuro e quello della società.

Questo, certamente, è un atteggiamento non buono; però come spesso avviene, si passa da un estremo all’altro. Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza. I padri sono talora così concentrati su se stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani. Già da vescovo di Buenos Aires avvertivo il senso di orfanezza che vivono oggi i ragazzi; e spesso domandavo ai papà se giocavano con i loro figli, se avevano il coraggio e l’amore di perdere tempo con i figli. E la risposta era brutta, nella maggioranza dei casi: “Mah, non posso, perché ho tanto lavoro…”. E il padre era assente da quel figliolo che cresceva, non giocava con lui, no, non perdeva tempo con lui.

Ora, in questo cammino comune di riflessione sulla famiglia, vorrei dire a tutte le comunità cristiane che dobbiamo essere più attenti: l’assenza della figura paterna nella vita dei piccoli e dei giovani produce lacune e ferite che possono essere anche molto gravi. E in effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza, alla carenza di amore da parte dei padri. E’ più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani.
Sono orfani in famiglia, perché i papà sono spesso assenti, anche fisicamente, da casa, ma soprattutto perché, quando ci sono, non si comportano da padri, non dialogano con i loro figli, non adempiono il loro compito educativo, non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane. La qualità educativa della presenza paterna è tanto più necessaria quanto più il papà è costretto dal lavoro a stare lontano da casa. A volte sembra che i papà non sappiano bene quale posto occupare in famiglia e come educare i figli. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabilità, magari rifugiandosi in un improbabile rapporto “alla pari” con i figli. E’ vero che tu devi essere “compagno” di tuo figlio, ma senza dimenticare che tu sei il padre! Se tu ti comporti soltanto come un compagno alla pari del figlio, questo non farà bene al ragazzo.

E questo problema lo vediamo anche nella comunità civile. La comunità civile con le sue istituzioni, ha una certa responsabilità – possiamo dire paterna - verso i giovani, una responsabilità che a volte trascura o esercita male. Anch’essa spesso li lascia orfani e non propone loro una verità di prospettiva. I giovani rimangono, così, orfani di strade sicure da percorrere, orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani di valori e di speranze che li sostengano quotidianamente. Vengono riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; vengono illusi col dio denaro, e negate loro le vere ricchezze.

E allora farà bene a tutti, ai padri e ai figli, riascoltare la promessa che Gesù ha fatto ai suoi discepoli: «Non vi lascerò orfani» (Gv 14,18). E’ Lui, infatti, la Via da percorrere, il Maestro da ascoltare, la Speranza che il mondo può cambiare, che l’amore vince l’odio, che può esserci un futuro di fraternità e di pace per tutti. Qualcuno di voi potrà dirmi: “Ma Padre, oggi Lei è stato troppo negativo. Ha parlato soltanto dell’assenza dei padri, cosa accade quando i padri non sono vicini ai figli… È vero, ho voluto sottolineare questo, perché mercoledì prossimo proseguirò questa catechesi mettendo in luce la bellezza della paternità. Per questo ho scelto di cominciare dal buio per arrivare alla luce. Che il Signore ci aiuti a capire bene queste cose."

(fonte: https://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2015/documents/papa-francesco_20150128_udienza-generale.html)

Ed ancora il Papa scrive e insegna:

"Ogni famiglia ha bisogno del padre. Oggi ci soffermiamo sul valore del suo ruolo, e vorrei partire da alcune espressioni che si trovano nel Libro dei Proverbi, parole che un padre rivolge al proprio figlio, e dice così: «Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio sarà colmo di gioia. Esulterò dentro di me, quando le tue labbra diranno parole rette» (Pr 23,15-16). Non si potrebbe esprimere meglio l’orgoglio e la commozione di un padre che riconosce di avere trasmesso al figlio quel che conta davvero nella vita, ossia un cuore saggio. Questo padre non dice: “Sono fiero di te perché sei proprio uguale a me, perché ripeti le cose che dico e che faccio io”. No, non  gli dice semplicemente qualcosa. Gli dice qualcosa di ben più importante, che potremmo interpretare così: “Sarò felice ogni volta che ti vedrò agire con saggezza, e sarò commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine. Questo è ciò che ho voluto lasciarti, perché diventasse una cosa tua: l’attitudine a sentire e agire, a parlare e giudicare con saggezza e rettitudine. E perché tu potessi essere così, ti ho insegnato cose che non sapevi, ho corretto errori che non vedevi. Ti ho fatto sentire un affetto profondo e insieme discreto, che forse non hai riconosciuto pienamente quando eri giovane e incerto. Ti ho dato una testimonianza di rigore e di fermezza che forse non capivi, quando avresti voluto soltanto complicità e protezione. Ho dovuto io stesso, per primo, mettermi alla prova della saggezza del cuore, e vigilare sugli eccessi del sentimento e del risentimento, per portare il peso delle inevitabili incomprensioni e trovare le parole giuste per farmi capire. Adesso – continua il padre -, quando vedo che tu cerchi di essere così con i tuoi figli, e con tutti, mi commuovo. Sono felice di essere tuo padre”.

È così ciò che dice un padre saggio, un padre maturo.

Un padre sa bene quanto costa trasmettere questa eredità: quanta vicinanza, quanta dolcezza e quanta fermezza. Però, quale consolazione e quale ricompensa si riceve, quando i figli rendono onore a questa eredità! E’ una gioia che riscatta ogni fatica, che supera ogni incomprensione e guarisce ogni ferita.

La prima necessità, dunque, è proprio questa: che il padre sia presente nella famiglia. Che sia vicino alla moglie, per condividere tutto, gioie e dolori, fatiche e speranze. E che sia vicino ai figli nella loro crescita: quando giocano e quando si impegnano, quando sono spensierati e quando sono angosciati, quando si esprimono e quando sono taciturni, quando osano e quando hanno paura, quando fanno un passo sbagliato e quando ritrovano la strada; padre presente, sempre. Dire presente non è lo stesso che dire controllore! Perché i padri troppo controllori annullano i figli, non li lasciano crescere.

Il Vangelo ci parla dell’esemplarità del Padre che sta nei cieli – il solo, dice Gesù, che può essere chiamato veramente “Padre buono” (cfr Mc 10,18). Tutti conoscono quella straordinaria parabola chiamata del “figlio prodigo”, o meglio del “padre misericordioso”, che si trova nel Vangelo di Luca al capitolo 15 (cfr 15,11-32). Quanta dignità e quanta tenerezza nell’attesa di quel padre che sta sulla porta di casa aspettando che il figlio ritorni! I padri devono essere pazienti. Tante volte non c’è altra cosa da fare che aspettare; pregare e aspettare con pazienza, dolcezza, magnanimità, misericordia.

Un buon padre sa attendere e sa perdonare, dal profondo del cuore. Certo, sa anche correggere con fermezza: non è un padre debole, arrendevole, sentimentale. Il padre che sa correggere senza avvilire è lo stesso che sa proteggere senza risparmiarsi.

Una volta ho sentito in una riunione di matrimonio un papà dire: “Io alcune volte devo picchiare un po’ i figli … ma mai in faccia per non avvilirli”. Che bello! Ha senso della dignità. Deve punire, lo fa in modo giusto, e va avanti.

Se dunque c’è qualcuno che può spiegare fino in fondo la preghiera del “Padre nostro”, insegnata da Gesù, questi è proprio chi vive in prima persona la paternità. Senza la grazia che viene dal Padre che sta nei cieli, i padri perdono coraggio, e abbandonano il campo. Ma i figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti. Faranno di tutto per non ammetterlo, per non darlo a vedere, ma ne hanno bisogno; e il non trovarlo apre in loro ferite difficili da rimarginare.
La Chiesa, nostra madre, è impegnata a sostenere con tutte le sue forze la presenza buona e generosa dei padri nelle famiglie, perché essi sono per le nuove generazioni custodi e mediatori insostituibili della fede nella bontà, della fede nella giustizia e nella protezione di Dio, come san Giuseppe."

(fonte: https://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2015/documents/papa-francesco_20150204_udienza-generale.html)


Insomma non si può stare senza Padre, ossia senza Dio... ci smarriremmo...all'inferno...