mercoledì 18 ottobre 2017

Ed io dirò il mio "sì"

È una canzone che sta nel mio primo lavoro discografico uscito per la mia Ordinazione sacerdotale come dono a parenti ed amici. Onestamente non sono fiero degli arrangiamenti dei miei primi due lavori (l'altro è "Fatti per essere" 1996). Forse perché il giovane che li arrangiò non sapeva cosa era la "christian music" e pensava di doverla classificare fra le sigle dei cartoni animati... scherzo ma davvero non si possono ascoltare, tranne qualcuna come questa. L'ho composta negli anni di seminario, quando la chitarra sembrava potesse prestarsi alla Parola per dirsi in veste melodica, in canzone. Almeno io, ci ho sempre creduto all'Evangelizzazione con le canzoni e con la musica.  C'è stato un periodo in cui davvero credevo che Dio potesse farmi inventare la canzone perfetta, con la quale sarei potuto uscire dall'anonimato e scalare magari le classifiche mondiali. Che stupido che sono stato, chiedo perdono al Dio della Creazione e di tutte le creazioni anche quelle artistiche.

Torniamo alla mia canzone e ai suoi molteplici significati.
Ed io dirò il mio "sì", ad un primo ascolto si potrebbe pensare che sia rivolta al "sì" pronunciato alla mia Ordinazione diaconale prima e sacerdotale poi, ma io intendo il "sì" che bisogna dire in ogni istante per rimanere in Dio, ancorato alla roccia, con la propria barca ormeggiata nel porto della pace di Dio.

Ascoltiamola...

Così scrive Sant'Alfonso Maria dei Liguori nel libro intitolato: Uniformità alla volontà di Dio.

«Tutta la nostra perfezione consiste nell'amare il nostro amabilissimo Dio. Ma poi tutta la perfezione dell' amore a Dio consiste nell'unire la nostra alla sua santissima volontà... A Dio piacciono le mortificazioni, le meditazioni, le comunioni, le opere di carità verso il prossimo, ma quando? Quando sono secondo la sua volontà. Quando invece non sono secondo la volontà di Dio, non solamente egli non le gradisce, ma le detesta e le castiga» (158).

È quello che abbiamo imparato noi: a far il bene che Dio vuole. Far un bene che Dio non vuole è male. È il pensiero anche di Vincenzo de' Paoli: «Il bene è male quando lo si compie dove Dio non vuole» (159).

«Tutti i santi hanno sempre mirato a fare la volontà divina, ben intendendo che in questo consiste tutta la perfezione di un' anima. Diceva il beato Enrico Susone: "Dio non vuole che noi abbondiamo di lumi, ma che in tutto ci sottomettiamo alla sua volontà...". La beata Stefana da Soncino, domenicana, essendo un giorno - in visione - condotta in cielo, vide trovarsi tra i serafini alcune persone defunte che aveva conosciuto e le fu detto che erano state elevate a tanta gloria per 'la perfetta uniformità, che avevano avuto in terra, alla volontà di Dio» (160).

«Diceva san Vincenzo de' Paoli: "La conformità al divino volere è il tesoro del cristiano ed è il rimedio per tutti i mali, poiché essa contiene la rinuncia a se stessi, l'unione con Dio e tutte le virtù"...
Alcune anime d'orazione, leggendo le estasi e le pagine di santa Teresa, di san Filippo Neri e di altri santi, si invogliano di giungere ad avere queste unioni soprannaturali. Tali desideri debbono essere scacciati...; se vogliamo farci santi, dobbiamo desiderare la vera unione con Dio, che è l'unire totalmente la nostra volontà con quella di Dio» (161).

«In questa terra dobbiamo apprendere dai beati del cielo come dobbiamo amare. L'amore puro e perfetto, che i beati hanno in cielo per Iddio, sta nell'unirsi perfettamente alla sua volontà. Se i serafini capissero essere suo volere che si applichino per tutta l'eternità ad ammucchiare le arene dei lidi e a svellere le erbe dai giardini, volentieri lo farebbero con tutto il piacere... Proprio questo Gesù Cristo ci insegnò a chiedere, cioè di seguire la volontà divina in terra, come lo fanno i santi in cielo: "Sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra" (Mt 6)» (162).

«Un atto di perfetta uniformità al divino volere basta a fare un santo...» (163).
Ha poi una frase consolante per coloro che pensano d'avere poco da dare a Dio, poco ai poveri, poche forze per amarlo (perché sono ammalati) e sono tentati di invidiare i martiri, i missionari, gli eroi.
«Chi gli dà i beni con le elemosine, il sangue col flagellarsi, i cibi con i digiuni, dona a Dio parte di ciò che ha; ma chi gli dona la sua volontà gli dona tutto (perché gli dona se stesso); perciò può dirgli: "Signore, io sono povero, ma vi dono tutto quel che posso..."» (164).

«Se dunque vogliamo piacere pienamente al cuore di Dio, procuriamo di conformarci in tutto alla sua divina volontà; e non solo conformarci, ma uniformarci a quanto Dio dispone. La conformità comporta che noi congiungiamo la nostra volontà con la volontà di Dio; ma l'uniformità comporta di' più, cioè che noi, della volontà divina e della nostra, ne facciamo una sola, sì che non vogliamo altro se non quello che vuole Dio, e la sola volontà di Dio sia la nostra...» (165). 

(fonte. http://www.documenta-catholica.eu/d_1696-1787-%20Alphonsus%20de%20Liguori%20-%20Uniformit%C3%A0%20alla%20Volont%C3%A0%20di%20Dio%20-%20IT.pdf )

Nella mia canzone vorrei esprimere proprio questo "sì" a Dio, col quale ci uniformiamo alla Sua Volontà.

Adesso passiamo al testo.

Ed io dirò il mio "sì"

Al titolo non è che ci abbia pensato molto eppure contiene tutta la canzone. Il verbo è al futuro perché ero in seminario e cominciavo a smussare tanti angoli non necessari ed altri da correggere. Col senno di poi, davvero sono stato pescato dal fango, informe, come un pezzo di marmo grezzo e sono stato lavorato e spero di essere diventato almeno un pò come mi vorrebbe Dio. La mia vita è sta un continuo lavoro di scalpellinamento e ancora non sono pago... Credo infatti, che ad amare non si finisce mai di imparare.

Prima parte

Ho visto nascere il sole
in mattini calmi e freschi di rugiada.
Mentre respiro
l’aria di collina
ascolto nuovi suoni canti di stagione.

Abbinare lalba di un nuovo giorno alla rinascita o alla nascita spirituale fa ricordare le parole di San Paolo nel capitolo 5 della Lettera ai Tessalonicesi:

...voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii. Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.

"L'aria di collina" invece era un riferimento a dove era posizionato il Seminario maggiore di Napoli, sulla collina di Capodimonte. Onestamente l'aria non era tanto tersa a causa del traffico che c'è proprio sotto al Semianario nel famoso serpentone di Capodimonte con aerei che scendevano e salivano da Capodichino, e le autombulanze che salivano e scandevano dagli ospedali immediatamente dopo il Seminario, dormire al pomeriggio era un'impresa e a volte anche di notte, almeno all'inizio. Poi ci siamo abituati e tutto è divenuto normale.
Ma al di là del riferimento geografico, c'è un riferimento spirituale. Quando si percorrono le vie dello Spirito, si va sempre più in alto e lì l'anima sente l'ebrezza delle purezze incontaminate dello Spirito di Dio. Rimango sempre abbagliato da quanto leggo nelle vite dei santi. Fanno ogni sacrificio pur di salire perché sanno per rivelazione privata, dove sono destinati. Conoscere la meta e conoscere il premio fa compiere ogni sforzo e ogni sacrificio. Gesù nei Vangeli ci esorta:

«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi» (Lc 13, 24-29).

Insomma bisogna sempre migliorarsi.

"I canti di stagione", "I nuovi suoni" di cui la canzone, non sono altro che un riferimento al fatto che prima di entrare in seminario, suonavo e cantavo canzoni profane, poi con la vocazione e l'entrata in semianrio, la svolta nei contenuti, nei testi delle mie canzoni. Non più amore profano, ma amore di Dio. Col mio primo "sì" a Dio, ho abbandonato un mondo per aprirmi a un altro. E così le canzoni pure hanno preso un'altra piega. Ho constatato che gli schemi delle canzoni che scrivevo imitando il mondo della musica leggera, sono rimasti uguali, solo i testi si sono rinnovati in qalche modo. Non sapevo a quei tempi che esisteva una christian music italiana e internazionale. Le mie canzoni infatti non sono liturgiche, almeno la maggior parte, ma sono canzoni pop con contenuti cristiani. Questa appartenenza alla christian music, l'ho scoperta allorquando ho conosciuto don Giosy Cento e Mario Migliarese rispettivamente fondatori delle associazioni "Il mio Dio canta giovane" e "Magnificat".

Seconda parte


Indosso la mia anima
volo coi pensieri
sopra un mondo che non è di qui:
Paradiso, che sta nascendo
dentro me.

"Indosso la mia anima" è un modo per dire che prima non ero cosciente di averla, poi diventato discepolo di Gesù, e diventato cosciente di avere un'anima, ho cominciato a curarla e ad amarla come il più grande dono che Dio mi poteva fare. E come la si cura?

Leggiamo un articolo che raccoglie quanto dice Gesù sull'anima nelle rivelazioni a M. Valtorta.

Estratti dai “Quaderni” della mistica italiana Maria Valtorta, 1940-1950.
 Gesù descrive alla mistica alcune caratteristiche dell’anima e del rapporto con Dio.
 
 


La vita del mondo leva quel candore di giglio che ha l’anima uscita dalle dimore del Cielo per scendere ad animare una carne nata da due amori fatti uno.
 È la terra, l’atmosfera della terra, non l’atmosfera astronomica creata dal Padre mio, ma l’atmosfera morale della terra – quella creata da voi, che per essere stati avvelenati all’origine dallo Spirito del Male portate nel sangue germi di male inoculato ai progenitori – quella che offusca lo splendente candore su cui è solo una macchia che il mio Battesimo lava.
 Oh! fulgore dell’anima dopo il lavacro battesimale! Se vi fosse dato vedere quel luminoso candore, vedreste qualcosa da rapire i vostri sentimenti. il giglio è opaco e la perla è grigia a confronto dell’anima avvolta nella luce battesimale.
 In verità l’anima rivestita dalla grazia battesimale è come uno specchio che riflette Dio, è un piccolo Dio che attende, amando, di tornare al Cielo dove il suo Amore creatore l’attende.
 Se l’uomo riflettesse – ed è per questo che la mia Bontà non calcola le colpe commesse avanti l’uso di ragione – se l’uomo, ormai capace di distinguere il Bene dal Male – e nota che gli istinti del senso si destano dopo l’uso di ragione; prima sono vivi solo gli istinti della vita che spingono il bambino a cercare la mammella o il cibo, il calore della madre o del sole, la mano della madre o il sostegno degli oggetti – se l’uomo riflettesse a ciò che fa, a ciò che perde facendo, a quale delitto a quale furto giunge levando alla sua anima il suo candore battesimale, quale sacrilegio compie profanando in sé la vera immagine di Dio: Spirito di Grazia, di Bellezza, di Bontà, di Purezza, di Carità infinita; se riflettesse al deicidio che compie uccidendo la sua anima, oh! no! l’uomo, essere dotato di ragione, non peccherebbe.
 
 


Poche sono le anime che non vengano a Dio un po’ brune, fatte brune dalle conseguenze della vita che non hanno saputo condurre con quella santa e attenta riflessione che ci vorrebbe per rispetto all’anima che ha diritti superiori alla carne.
Voi vi ricordate molto dei diritti della carne, cosa che muore e che solo essendo vissuta ancella dello spirito, e non padrona dello spirito, può divenire, a suo tempo, abitatrice nella reggia dei Cieli. Vi preoccupate della vostra estetica, della vostra salute fisica, di prolungare la vita sulla terra il più possibile.
 Ma non vi preoccupate della vostra anima, di conservarla bella, di renderla sempre più ornata per aggiungere alla sua bellezza creata da Dio le gemme conquistate dalla vostra volontà di figli pensosi del Padre, al quale vogliono tornare arricchiti di meriti: veri gioielli, vere ricchezze che non periscono in eterno.
(…) Ecco ciò che dà pregio al corpo, o uomini stolti.
 L’anima che è il dono di Dio lo spirito che è manifestazione di Dio, e che ha un pregio davanti al quale quelli della carne sono un nulla spregevole.
 Io, la Pietà perfetta, non guardo se venite a Me “un po’ bruni” dai riverberi del sole terreno delle tendenze vostre. Voglio solo che lottiate perché il sole bruciante della carnalità non vi renda irriconoscibili al mio sguardo e repellenti al mio occhio.
 Anima e Dio, Dio e anima: ecco i due perenni amatori. Perché defraudare Dio e l’anima del loro fine che è l’unirsi, oltre il giorno terreno, nella eterna dimora?
 


 
La vostra anima, se fosse un soggetto visibile, vi direbbe, essa che quando è in grazia è tenuta come un fiore fra le mani dell’angelo vostro, essa che quando è in grazia è come un fiore baciato dal sole e irrorato dalla rugiada per lo Spirito Santo che la scalda e illumina, che la irriga e la decora di celesti luci.
 Quante verità vi direbbe la vostra anima se sapeste conversare con essa, se l’amaste come quella che mette in voi la somiglianza con Dio, che è Spirito come spirito è la vostra anima.
 Quale grande amica avreste se amaste la vostra anima in luogo di odiarla sino ad ucciderla; quale grande, sublime amica con la quale parlare di cose di Cielo.
 L’anima in grazia possiede l’amore e possedendo l’amore possiede Dio, ossia il Padre che la conserva, il Figlio che l’ammaestra, lo Spirito che la illumina.
 Possiede quindi la Conoscenza, la Scienza, la Sapienza. Possiede la Luce.
 Se sapeste interrogare la vostra anima, vi spiegherebbe persino perchè Dio aveva proibito ad Adamo e Eva la conoscenza del Bene e del Male: perché il Bene lo aveva elargito alle sue creature gratuitamente, e il Male non voleva che lo conosceste perché è frutto dolce al palato ma che, sceso col suo succo nel sangue, ne desta una febbre che uccide e produce arsione, per cui più si beve di quel suo succo mendace e più se ne ha sete.
 Voi obbietterete: “E perché allora ha messo l’albero nel Giardino dell’Eden?”. E perché!
 Perché il Male è una forza che è nata da sola come certi mali mostruosi nel corpo più sano.
 Lucifero era angelo, il più bello degli angeli. Spirito perfetto inferiore a Dio soltanto. Eppure nel suo essere luminoso nacque un vapore di superbia che esso non disperse.
 Ma anzi condensò covandolo. E da questa incubazione è nato il Male.
 Esso era prima che l’uomo fosse. Dio l’aveva precipitato fuor dal Paradiso, l’incubatore maledetto del Male, questo insozzatore del Paradiso. Ma esso è rimasto l’eterno incubatore del Male, e non potendo più insozzare il Paradiso ha insozzato la Terra.
 
 


Nulla di più sano e di più santo di due che si amano onestamente e si uniscono per perpetuare la razza umana e dare anime al Cielo.
 La dignità dell’uomo e della donna divenuti genitori è la seconda dopo quella di Dio. Neppure la dignità regale è simile a questa. Perché il re, anche il più saggio, non fa che amministrare dei sudditi.
 Essi genitori attirano invece su loro lo sguardo di Dio e rapiscono a quello sguardo una nuova anima che chiudono nell’involucro della carne nata da loro.
 Direi quasi che hanno a suddito Dio, in quel momento, perché Dio, al loro retto amore che si unisce per dare alla Terra e al Cielo un nuovo cittadino, crea immediatamente una nuova anima.
 Dio è Padre buono, che giubila delle oneste gioie dei figli e che ai loro santi amplessi risponde con benedizioni celesti e con l’approvazione di cui è prova la creazione di un’anima nuova.
 
 


L’anima non muore col corpo, ma sopravvive ad esso in eterno. Idea del Creatore Iddio, che ha dato all’uomo l’anima, era che tutte le anime degli uomini si riunissero in un unico luogo: il Cielo, costituendo il Regno dei Cieli il cui monarca è Dio e i suoi sudditi sarebbero stati gli uomini dopo una vita santa e una placida dormizione.
 L’anima è creata di volta in volta e non mai più usata per successive incarnazioni.
 Le anime, superata la sosta sulla terra, non tornano mai più sulla terra in nessun corpo. Credere nella reincarnazione è errore e offesa verso Dio ammettere che Egli abbia potuto creare che un numero limitato di anime. Errore e offesa anche verso l’uomo, giudicandolo così corrotto che difficilmente meriti premio.
 L’uomo può ricordare, pur nascendo una volta sola, con la sua parte migliore che è l’anima. Essa viene da Dio Spirito intelligentissimo, potentissimo, perfetto.
 Quando parlo di “ricordare” intendo che l’anima, lucida, intelligente, spirituale, opera di Dio, “si ricorda” del Creatore. E soffre perché desidera Dio, il vero Dio da cui viene, e ha fame di Dio. Ecco perché pungola il corpo torpido a cercare di accostarsi a Dio.
 
 


 La differenza fra la separazione dell’anima dal corpo per la morte e momentanea separazione dello spirito dal corpo ed anima per l’estasi o il rapimento consiste che, mentre il distacco dell’anima dal corpo provoca morte, la contemplazione estatica, ossia la temporanea orazione dello spirito fuor dalle barriere dei sensi e della materia, non provoca morte.
 E questo perché l’anima non si stacca, ma con la sua parte migliore si immerge nei fuochi della contemplazione.
Per capire meglio questa cosa, è bene meditare che tutti gli uomini, finché sono in vita, hanno in sé l’anima (morta o viva che sia per peccato o per giustizia), ma solo i grandi amanti di Dio raggiungono la contemplazione vera.
 Questo sta a dimostrare che l’anima conservante l’esistenza sinché è unita al corpo – e in questa particolarità in tutti gli uomini uguale – ha in sé una parte eletta: l’anima dell’anima, dirò così, che col disamore a Dio e alla sua Legge, e anche con la tiepidezza e i peccati veniali, perde la grazia di poter contemplare e conoscere, quanto lo può creatura e a seconda della perfezione raggiunta, Dio e gli eterni veri.
 
 


Le anime cessano di animare un corpo e tornano a Dio per essere destinate a seconda dei loro meriti. Dio crea nuove anime per mantenere il numero di creature che devono popolare la terra. Prima operazione di divino ordine. La seconda è quella di creare, a seconda delle necessità che Egli vede, quella speciale categoria più numerosa dell’altra, onde tutto sia armonico nella razza e l’uno serva all’altro come i denti di un ingranaggio servono all’ingranaggio vicino, facendo muovere la gigantesca macchina senza attriti e lesioni.
 Così fa Dio.
 Dio provvede a creare col suo pensiero anime di diverse tendenze, allo scopo che la terra goda di un equilibrio giusto in tutte le sue necessità inferiori e superiori. Che se poi la ribellione dell’uomo altera questo equilibrio volendo andare sempre contro la Volontà divina che amorosamente lo guida per via giusta, non è di Dio la colpa.
 
 


Un’anima che perde la grazia perde tutto. Per lei inutilmente il Padre l’ha creata, per lei inutilmente il Figlio l’ha redenta, per lei inutilmente lo Spirito Santo l’ha infusa dei suoi doni, per lei inutilmente sono i Sacramenti. E’ morta. Ramo putrido che sotto l’azione corrosiva del peccato si stacca e cade dall’albero vitale e finisce di corrompersi nel fango.
Se un’anima sapesse conservarsi come è dopo il Battesimo e dopo la Confermazione, ossia quando essa è imbibita letteralmente dalla grazia, quell’anima sarebbe di poco minore a Dio. E questo vi dica tutto.
 
 


L’anima che lascia la carne che l’animava si trova immediatamente di fronte alla Divinità che la giudica, senza necessità di salire e presentarsi alle soglie del beato Regno. E’ catechismo che Dio è in Cielo, in terra e in ogni luogo. E perciò l’incontro avviene dovunque.
 Il giudizio è rapido come rapida è stata la creazione: meno di un millesimo della vostra più piccola unità di tempo. Ma come nell’atomo dell’attimo creativo l’anima ha tempo di intravedere la S.S. Origine che la crea e di seco portarne il ricordo, perché sia istintiva religione e guida nella ricerca della fede, della speranza, della carità, che se voi ben osservate, sono nebulosamente, come germi informi, anche nelle religioni più imperfette – la fede in una divinità, la speranza in un premio dato da questa divinità, l’amore a questa divinità – altrettanto nell’atomo dell’attimo del giudizio particolare lo spirito ha tempo di comprendere ciò che non ha voluto comprendere nella vita terrena, e ha odiato come nemico o schernito o negato come fola vana, o anche servito con tiepidezze che esigono riparazione e di seco portare, nel luogo espiativo o nell’eterna dannazione, il ricordo, a suscitare fiamme d’amore per l’eterna Bellezza o tortura di castigo col rovello del Bene perduto che la coscienza intelligente rimprovererà di aver voluto liberamente perdere. Perché lo ricorderanno, e terribile, senza poterlo contemplare, insieme ai loro peccati.
 La creazione dell’anima e il giudizio particolare, sono i due atomi di attimi in cui le anime dei figli dell’uomo, intellettualmente conoscono Dio, per quel tanto che è giusto e sufficiente a dar loro un agente per tendere al loro Bene appena intraveduto, ma rimasto impresso nella sostanza che, essendo intelligente, libera, semplice, spirituale, ha comprensioni pronte, volontà libere, desideri semplici e movimento o inclinazione o appetito, se più vi piace, a riunirsi con l’amore a Colui donde venne e a raggiungere il suo fine del quale ha già intuito la bellezza, o a staccarsene con un odio perfetto raggiungendo colui che è il loro dannato re, e avendo nel ricordo “di odio“ un tormento, il maggiore fra i tormenti infernali, una disperazione, una maledizione indescrivibili.
 
 


L’anima non può morire perché spirituale.
 L’anima soltanto da Dio potrebbe essere distrutta. Perché Dio padrone assoluto del creato, tutto può: creare come distruggere. Ma Dio non può volere distruggere ciò che Egli ha creato per fine d’amore col suo Divino Volere e col suo Divino Soffio. Se avesse voluto l’uomo dotato di un’anima intelligente e ragionevole, lo avrebbe potuto fare. Questo genere d’anima avrebbe servito a fare dell’uomo il re del creato. Ma non avrebbe servito a farne il figlio adottivo di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza proprio per l’anima che è libera, immortale e che è tempio, o tal avrebbe dovuto essere, della Grazia.
 Dio ha voluto l’anima immortale per amore di questo suo capolavoro creativo che è parte di Sé stesso infusa nella creatura uomo, per avere a soddisfare il suo amore infinito e insaziabile con l’amore che i creati spiriti a Lui fedeli gli daranno nei secoli dei secoli, e quanto più numeroso sarà il popolo celeste degli spiriti a Lui fedeli, più ardente, gioioso, il suo amore.
 Nell’anima dell’uomo, anche inconsapevolmente dalla stessa, Dio ha scolpito le formule della Legge e la meta e il premio che l’ubbidienza ad esse ci procura. Legge naturale, legge morale, legge spirituale, voce della coscienza, anelito dello spirito è nell’uomo, per l’anima spirituale, una forza che grida “fa” o urla “non fare”, mentre dall’alto una Luce attira e indica il vero fine, la vera gioia nell’ordine, nella pace, nel possesso del Regno di Dio. 

(fonte: http://www.veniteadme.org/lezioni-gesu-riguardo-lanima-maria-valtorta/)

special

E per nuove strade mi condurrai mio Dio
ed io dirò il mio “sì”.

Dio con la Sua Provvidenza, ci traccia delle strade molto personalizzate e da quanto occorre per risalire la china e poi far rientro a "casa", in Paradiso, ossia in Dio. Mi sembra che tra risalite e cadute e poi raddrizzamenti, posso dire di essermi almeno alzato dal fango, almeno lo spero.
Ogni giorno così, c'è il mio "sì" da ripetere e rinforzare sempre più.

Ripetizione della seconda parte e lo special

Indosso la mia anima
volo coi pensieri
sopra un mondo che non è di qui:
Paradiso, che sta nascendo
dentro me.

E per nuove strade mi condurrai mio Dio
ed io dirò il mio “sì”.

Ogni "sì" ripetuto rinforza l'anima e la fede.

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